Capitolo 8

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«Quindi quand'è che torni a casa, esattamente?». Finiti i compiti di Analisi, avevo in grembo il libro di Educazione civica e nel frattempo chiacchieravo in videochiamata con mio padre. 

«Il 22». Sarebbe stato via per più di tre mesi. Non vedevo l'ora che tornasse. Mi sentivo sola senza poter condividere la quotidianità con lui, e da quando mia madre era morta, se papà non c'era casa nostra mi sembrava ancora più vuota. Mina e io stavamo un sacco di tempo insieme, ma lei aveva pur sempre un ragazzo. Piano piano mi ero fatta un po' di amici a scuola, nonostante l'ultimo colpo che Haechan aveva assestato alla mia reputazione, ma quel week end avevo deciso di restare a casa a prepararmi per la fiera di scienze. Dovevo ancora decidere l'argomento della mia ricerca. 

«Be', non vedo l'ora. Qui c'è proprio bisogno di un cuoco degno di questo nome», cinguettai, tenendo tra le mani una ciotola fumante di zuppa al pomodoro. La cena sarebbe stata leggera, ma quel calore mi dava conforto. I miei arti si stavano ancora riabituando all'allenamento di cross country.

 «Quella non sarà mica la tua cena?» 

«Già», gli dissi, colta in flagrante. 

«E dove sono le verdure, i cereali e i latticini?». Oddio, che rottura. 

«I pomodori sono ortaggi e nella zuppa c'è anche del latte, ma se vuoi, per farti contento, mi faccio anche una fetta di formaggio grigliato». La mia aria scherzosa avrebbe dovuto dare l'idea che fossi più in gamba di quanto sembravo.

 «Per essere precisi, il pomodoro è un frutto», replicò mio padre in tono piatto, buttandomi giù dal piedistallo su cui ero salita. Scoppiai a ridere, misi giù la scodella e presi una matita per continuare a sottolineare il saggio su Henry Kissinger. 

«Non ti preoccupare, papà. Mangio bene. Solo che stasera mi andava una zuppa». 

«Ok, faccio un passo indietro. Mi ero solo un po' allarmato. Hai ereditato le mie abitudini alimentari. A tua madre sarebbe venuto un colpo se avesse visto la roba che mangi». Mio padre si incupì, e mi resi conto che mamma gli mancava come se se ne fosse andata appena il giorno prima. Mancava moltissimo a entrambi. 

Dopo un istante, proseguì. «Hai pagato tutti i conti in sospeso di agosto, giusto? Hai ancora qualcosa da parte?» 

«Non mi sono bevuta tutto in una settimana. Tranquillo, ho la situazione sotto controllo». Lo faceva sempre. Avevo libero accesso ai soldi che mia madre mi aveva lasciato, ma lui continuava a chiedermi se mi serviva del denaro. Sarebbe stato come se avessi intaccato i miei risparmi per il college a sua insaputa, e lo sapeva. Ma forse stava solo cercando di fare del suo meglio. 

Mi arrivò un messaggio sul cellulare. Era sul comodino. Lo presi. "Sono da te tra 5 min".

 «Papà? Mi ero dimenticata che sta venendo Mina. Ti dispiace se chiudiamo?»

 «No, non ti preoccupare. Ma domani parto e starò via per un paio di giorni al massimo. Prendo il treno per Norimberga per andare a fare un giro lì intorno. Sentiamoci domattina prima che vada così mi racconti del progetto per la fiera di scienze».

 Oh, merda. Non c'era nessun progetto, visto che non avevo ancora nemmeno deciso l'argomento.

 «Ok, papà», mormorai. Ne avremmo parlato il giorno dopo. «Mi chiami alle sette?» 

«Va bene, tesoro. Ciao». E riattaccò.

Chiusi il computer e gettai il libro sul letto, andai alla portafinestra e la spalancai. Era venerdì e la scuola era finita da tre ore, ma il sole splendeva ancora alto. Una brezza leggera fece svolazzare le foglie dell'acero e alcune piccole nuvole punteggiavano il cielo. Tornai in camera, mi tolsi i vestiti e mi infilai un paio di pantaloncini del pigiama a fantasia scozzese e una t-shirt stretta bianca e grigia. Mi lasciai sfuggire un sospiro fin troppo drammatico. Ero già in pigiama ed erano solo le sei di venerdì pomeriggio. 

BULLY / HaechanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora