Sentimenti in bilico

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Raven e Anya avevano trovato un angolo tranquillo vicino all'armadietto di Raven, cercando un momento di solitudine nella frenetica giornata scolastica. Mentre Raven apriva lo sportello, un piccolo foglietto scivolò e cadde a terra, attirando la loro attenzione. Raven si chinò, lo prese tra le dita e lo osservò attentamente.
"Che cos'è?" chiese Anya, con voce bassa, cercando di non attirare l'attenzione indesiderata.
"Non ne ho idea" rispose Raven, le sopracciglia aggrottate dalla confusione.
Anya prese il foglietto tra le mani, lo srotolò con cautela e lesse le parole scritte con inchiostro nero. 

'Sono più vicino di quanto pensiate. Occhio alle vostre amiche, io sono ovunque :)'

Raven inghiottì a fatica, gli occhi fissi sul messaggio.
"Questo è... inquietante" sussurrò, cercando di nascondere la paura che sentiva crescere dentro di lei.Anya annuì, le labbra strette in una linea dura.
"Sì, lo è. Dobbiamo fare qualcosa al riguardo" Le due ragazze si scambiarono uno sguardo determinato, capendo che era giunto il momento di agire.
"Abbiamo bisogno di informare qualcuno" disse Raven, la sua voce ora più ferma.
"Forse è meglio dirlo Clarke e Lexa,così informeranno Indra" aggiunse guardano Anya decisa.Anya annuì di nuovo.
"Sì, hai ragione. Non possiamo ignorare questo avvertimento."

                                                                                               *

Raven e Anya si ritrovarono a casa di Raven dopo la scuola, con l'aria carica di tensione. Clarke e Lexa si unirono a loro, ansiose di sapere cosa avessero scoperto.
"Abbiamo trovato questo" disse Raven, porgendo con mano ferma il biglietto a Clarke.
Lexa lo prese e lo osservò attentamente. Le parole scritte sembravano balzare fuori dal foglio, come una minaccia tangibile.
"È inquietante" sussurrò.
"Stessa cosa che abbiamo detto noi" rispose Anya incrociando le braccia al petto.
"Abbiamo già chiamato Indra" intervenne Raven.
"Le abbiamo spiegato tutto" aggiunse la latina.Clarke annuì, con un'espressione preoccupata.
"Spero che possano fare qualcosa."

Poco dopo, il telefono squillò, facendo sobbalzare tutte e quattro. Lexa prese il cellulare e rispose, sentendo la voce di Indra dall'altro capo della linea.
"Mi dicono che avete un messaggio preoccupante." disse la poliziotta con tono serio.
"È vero" rispose Lexa.
"Abbiamo trovato questo biglietto nella nostra scuola, e volevamo farvelo vedere."
"Va bene." disse Indra.
"Sarò lì il più presto possibile."
Non passò molto tempo prima che Indra si presentasse a casa di Raven. Portava con sé una borsa nera e un'aria di determinazione.
"Ho portato con me un po' di attrezzature" disse, porgendo la borsa a Raven.
"Vediamo cosa possiamo scoprire"
Le ragazze si riunirono intorno al tavolo, mentre Indra apriva la borsa e iniziava a estrarre strumenti. Con abilità esperta, esaminò il biglietto sotto una luce speciale, scattò delle foto e prese appunti dettagliati.
"Questo è un lavoro ben fatto" ammise Indra, dopo un po'.
"Ma non impossibile da risolvere" Le ragazze si guardarono tra loro, sollevate dal tono fiducioso di Indra."Farò in modo che questo venga analizzato," disse la poliziotta, riponendo gli strumenti.
"Faremo tutto il possibile per identificare chi sta facendo queste minacce."

Tutte esalarono un sospiro di sollievo. Finalmente, avevano un alleato nella lotta contro l'anonimo minaccioso. Ora, dovevano solo attendere e sperare che la giustizia prevalesse.

*

Clarke si sedette al tavolino del bar, i nervi le facevano battere forte il cuore. Aspettò, guardando il tavolino di ferro davanti a lei, cercando di trattenere la nausea che saliva. Il cameriere, un uomo con un berretto a visiera che gli copriva gli occhi, si avvicinò silenziosamente e lasciò la tazza che la bionda aveva ordinato. Non disse una parola, semplicemente se ne andò dopo aver sistemato il cappello.Clarke lo guardò confusa e curiosa,finchè un'altra figura catturò la sua attenzione.Quando sua madre arrivò, Clarke si irrigidì. Abby si sedette senza scambiare alcuna parola di saluto.

"Va bene, Clarke" disse Abby con tono severo.
"Andiamo dritto al punto." aggiunse senza nemmeno guardarla,mentre Clarke iniziava a sorseggiare il proprio caffè.
Clarke annuì, sentendo il suo stomaco stringersi in un nodo. Prese un respiro profondo,poggiando la sua tazzina di nuovo sul tavolino e iniziò a parlare. Le parole uscivano con difficoltà all'inizio, ma poi cominciò a fluire, raccontando di Lexa, di quanto fosse importante per lei, di come si sentisse amata e compresa come mai prima d'ora. La sua voce era carica di sincerità, di speranza.
"Lexa è l'amore della mia vita, mamma.." disse, guardando dritto negli occhi di Abby.
"Non posso rinunciare a lei" continuò con voce carica di speranza.Abby sembrava impassibile, fissava il caffè come se volesse leggervi il futuro. Poi, finalmente, parlò.
"Una relazione come la tua non è accettabile, Clarke. Tuo padre..." Fece una pausa, come se le parole le bruciassero in gola.
"Tuo padre è deluso."

La rabbia montò dentro Clarke come una fiamma.
"Papà non è mai qui, mamma!" esclamò.
"Non è mai qui per vedere cosa succede davvero! Non è giusto che mi trattiate così."
Senza aspettare una risposta, si alzò di scatto e uscì dal bar. Sentiva il cuore battere all'impazzata, le lacrime che le offuscavano la vista. Era furiosa, ma più di tutto si sentiva ferita. Ferita nel profondo.Aveva provato a mantenere la calma,ma nonostante la loro brevissima conversazione sua madre era riuscita a farla esplodere.
Camminava senza un vero scopo, lasciando che l'istinto la guidasse. Ma quando il mondo cominciò a girarle intorno, si accasciò sulla strada. L'ultima cosa che sentì furono le urla di sua madre, come se provenissero da un luogo molto lontano.

                                                                                                   *

Clarke aprì gli occhi, ma tutto intorno era sfocato. Si sentiva debole, confusa. Poi la voce di sua madre arrivò nitida, tagliente come un rasoio.
"Clarke! Per favore, rispondi!"
Le immagini tornarono a lei a poco a poco. Si trovava ancora per strada, e Abby era accanto a lei, il volto increspato dalla preoccupazione. Si sforzò di alzarsi, ma le gambe non la reggevano.
"Stai ferma" disse Abby con tono preoccupato.
"Chiamerò un'ambulanza."
"No, no..." mormorò Clarke, cercando di scuotere la testa.
"Non serve. Mi basta un po' di tempo.." Abby la guardò con espressione tormentata, ma alla fine annuì. Aiutò Clarke a sedersi, cercando di confortarla come poteva.
Una volta che Clarke si sentì abbastanza forte da camminare, Abby l'accompagnò fino a casa. Non si scambiarono altre parole, ma c'era una sorta di tregua fragile tra loro. Forse, in quel momento, entrambe avevano capito che non c'era una risposta facile a tutto questo. Che forse, era solo questione di tempo e comprensione.

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