Lo vedo guardare nella mia direzione con un sorriso dopo aver pronunciato le sue parole. Si avvicina, ci troviamo nuovamente a pochi centimetri l'uno dall'altro e mi bacia. Mi bacia premendo le sue labbra sulle mie, mi chiede quasi il permesso, ha le mani sul mio viso, gli occhi chiusi, ed io, con ancora gli occhi spalancati, mi lascio trasportare, iniziando ad aprire per prima la bocca, così da diventare un'unica cosa. Le mie mani spostano le sue mettendo le braccia dietro alla sua testa, le sue invece, si insinuano sui miei fianchi, sul mio corpo, lo esplorano senza andare mai oltre. Mi stacco da quello che ormai è diventata pura passione, sono i suoi occhi che luccicano adesso, ed io non chiedevo altro, inizio a sbottanare la sua camicia, piano. In modo che lui percepisca quest'attesa che non fa che aumentare il desiderio. Mi sorride e mi dice.
"Aurora?" Ha una voce diversa, sembra quasi rotta.
Lo guardo stordita.
"Aurora!" Mi dice, nuovamente, con una voce sempre più... Anziana?
Apro gli occhi, ero sul divano di mia nonna. Stavo sognando.Stavo sognando il mio professore.
Naturalmente quel giorno, non era finito così. Dopo quelle parole, rivolsi lo sguardo nuovamente a quel lago lucente. E lui, avvicinandosi a me, si sedette su quei sassolini.
"Vengo qui ogni volta che ho bisogno di schiarire le idee. Io non sono sempre stato alla Sapienza, qui a Roma." Disse, ed io guardandolo notai che non distolse lo sguardo dall'orizzonte.
"Certo, Roma è stato il mio punto di riferimento sin da quando ero un ragazzo. In quelle mura mi sono laureato." Si fermò per qualche secondo.
"Ma ho conosciuto anche altre realtà di gran lunga migliori. Sono dovuto tornare qua in Italia." Sussurrò quel dovuto con una voce spezzata, continuando a guardare diritto a lui, come se avesse paura di essere giudicato in qualche modo.
"Perché? Se posso." Non avrei dovuto dire niente, eppure pronunciai quelle parole.
"Non lo so più." Abbassa lo sguardo per la prima volta.
Il silenzio prese il sopravvento e rimanemmo così, a guardare quel panorama mozzafiato per un po' di tempo, forse un'oretta.
Il silenzio fu interrotto da un rumore che proveniva dai dietro dei cespugli, mi alzai di scatto e anche lui, che mi spinse letteralmente dietro ad un cespuglio un po' più lontano, che ci avrebbe nascosto da chiunque. Mi mise la mano sulla bocca per farmi stare in silenzio, ed io prima guardai la mano e poi i suoi occhi, intenti a vedere chi fosse. E dal cespuglio apparve un coniglio.
"E' solo un coniglio" disse, guardando verso di me, con ancora la mano sulla bocca, quei secondi, nuovamente a distanza di pochi centimetri, passarono molto lentamente. Mi guardo' negli occhi, luccicavano come i miei. Potevo sentirlo e vederlo. Si staccò e mi chiese scusa. Prendemmo le nostre borse e andammo via, mi accompagnò a casa, lo ringraziai e lui ringrazio' me per aver accettato di seguirlo.Ed ora eccomi qui, addormentata sul divano, sognando come sarebbe potuta andare diversamente. Ma come mi è venuto in mente, un sogno così.
"Nonna, scusami. Non ho dormito stanotte, e sono crollata qui sul divano." Dico, guardando il telefono. Sono le 9.30, subito mi ricompongo, alle ore 10 ho un appuntamento con i ragazzi nell'aula studio, loro stanno iniziando a studiare, per l'esame di storia dell'Editoria, invece io devo ripetere l'esame. Esco di casa e vado verso casa, prendo velocemente i quaderni ormai usatissimi, ed esco. Prendo la bici e vado. Sono passati quindici giorni da quella volta in cui sono salita sulla sua moto, e sono cinque giorni che non lo vedo, neanche all'università. L'ultima volta ha annullato le ultime due lezioni e se ci penso, spero che questa mancanza non sia a causa mia. Arrivo puntuale fuori l'università e trovo Aria che mi sta aspettando, al bar, assieme a Vittorio. Ho sempre visto quei due con occhi diversi, ho sempre pensato che avessero qualcosa di più che di una semplice amicizia, ma nessuno dei due ha mai messo l'argomento al centro di una conversazione, sia io che Barbara facciamo semplici supposizioni. Ma il modo in cui si guardano, il modo in cui si ascoltano, il modo in cui sembra che non c'è nulla al di fuori di loro stessi, io lo vedo ben chiaro.
Poso la bicicletta."Disturbo?" Dico, entrando nel bar.
"Certo, sempre." Risponde Aria, togliendo la borsa da sopra la sedia per farmi spazio.
Ripensandoci, questo è lo stesso bar dove ho incontrato il professore con la moglie, spero non in un altro incontro, perché potrei non sostenerlo. Non lo vedo da cinque giorni, figurati se lo vedo con lei.
"Oggi iniziamo il corso di Audience Research" dice Vittorio "Non ho idea di cosa aspettarci." Sospira.
"Neanch'io, so solo che la professoressa è molto pignola e narcisista. Speriamo che almeno sia brava a lezione. Magari riusciamo a toglierla subito davanti." Dice Aria, guardandoci un po' preoccupata.
"Ragazzi, non preoccupatevi. Oggi è un nuovo giorno. Ed io non vedo l'ora che passino queste ore." Dico, mescolando il caffè che mi è appena arrivato dal cameriere.
"Lo sappiamo noi perché aspetti domani." Mi spintona leggermente la spalla, ed io sorrido.
"Come sta Die..." Dice Vittorio, ma subito Aria mette una mano sulla sua bocca.
"Evitiamo di pronunciare nomi, qui." Risponde.
"Lo frequenta." Continuo.
"Oggi alle 14 abbiamo Storia dell'Editoria, e poi alle 16 abbiamo questa 'Audience Research', che anche leggendo il programma - prendo il cellulare per sfogliarlo con loro - non ci ho capito molto." Vediamo arrivare Barbara ed entrando fa dei gesti strani, che non riusciamo a capire.
Oh, forse ho capito.
Spero di aver capito male.Dopo di lei, la segue il professore. Io sorrido, di spontaneità. Lui, invece, no. Non solo non sorride, non mi guarda neanche per sbaglio. Con gli auricolari, parla al telefono.
"Ho detto che va bene, domani sera tagliamo la torta." Dice, con tono nervoso, severamente nervoso.
Torta?
"Adesso basta però, te l'ho già detto mille volte" indica al cameriere un caffè da portare, "non voglio andare, preferisco rimanere a casa."
Il suo compleanno?
Prende il caffè e va via dicendo "Non voglio neanche stare a casa, mi stai facendo così arrabbiare che non voglio neanche festeggiarlo." Sento queste sue ultime parole in lontananza.
Aria, Barbara e Vittorio, hanno lo sguardo fisso su di me. Naturalmente sanno tutto, ho raccontato loro per filo e per segno tutto ciò che mi è accaduto in queste settimane, che ci è accaduto. Quindi sanno perfettamente che questo comportamento è molto strano.
"Cos'è successo?" Dice Aria.
"Perché non ti ha neanche guardata?" Dice Vittorio.
"Domani è il suo compleanno?" Dice Barbara.
Io non rispondo a niente, sono ancora ferma su quelle parole, "torta", "non voglio festeggiare". Perché non vuole? Cosa sta succedendo.Cerco di non pensare a quanto accaduto, e spiego ai ragazzi che forse è meglio avviarsi. Andiamo in aula studio, fino alle 13, mangiamo un panino a volo e poi ci dirigiamo in aula, cercando di captare qualcosa di strano in lui. Entriamo in aula che lui è già lì, al suo posto, dietro la scrivania.
Mi siedo, sempre al solito punto e lo guardo, cerco il suo sguardo, quasi disperatamente, aspetto che si liberi da quei maledetti fogli e che riesca a trovare un po' di tempo per me, ed ecco che alza lo sguardo. Ma è uno sguardo diverso dal solito, è più cupo, è quasi amareggiato. Sento che qualcosa non va per il verso giusto, qualcosa appesantisce il suo sguardo, ma non posso scoprire cosa.Chi sono io per farlo?
Ma quanto vorrei poterlo aiutare, come lui ha fatto con me.La lezione continua, pochi sguardi, poche parole, finendo persino mezz'ora prima del dovuto. Decido di prendermi il tempo di riporre le cose, sperando che lui mi fermi per dirmi qualcosa, ma non lo fa. È fermo, seduto dietro la scrivania, con una matita, scrive su dei fogli, poi uno in particolare lo accartoccia e lo getta via nel cestino. Lo guardo con la coda dell'occhio, per poi infine prendere il mio zaino e andare via. Uscendo dall'aula trovo i ragazzi ad aspettarmi, chiedo ad Aria, forse quella più coraggiosa tra noi, un piccolo aiuto: aveva una sola missione, distrarre temporaneamente il professore.
Devo avere quel foglio.
Il professore esce, Aria lo ferma, con una domanda relativa alla lezione appena svolta, mentre io sgattaiolo dentro la stanza, mi avvicino al cestino, prendo il foglio di carta, ed esco. Il professore stava ancora rispondendo ad Aria, io mi allontano andando in bagno, per leggere il contenuto. Arrivo, c'è molta fila ed il corso iniziava ormai tra poco. Non riesco, quindi metto il foglio nella mia agenda, e mi affretto ad entrare in aula assieme ai ragazzi. Dopo qualche minuto sentiamo dei passi entrare in aula, tacco dopo tacco, una folata di vento dalla finestra fa ancheggiare il profumo Versace in tutta l'aula.
"Buongiorno a tutti." Quella voce, l'ho già sentita. Appena la vedo, stento a crederci.
"Io sono la professoressa Rebecca Scarpari, benvenuti nel mio corso di Audience Research."
La mia professoressa più temuta.
La moglie del professore.
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Romance"Se l'amore esistesse sul serio, se l'amore non seguisse alcun tipo di regola, se l'amore fosse così forte da superare ogni ostacolo, se..." Questo è uno dei pensieri di Aurora Panni, una giovane studentessa di Editoria, che si trova per la prima vo...