Capitolo 19: Punto di rottura.

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{ Ho fatto un sogno strano, ma era da un po' che non sognavo lui.
Ricordo di essere stata su di una distesa verde, un prato fiorito, correvo, ero spensierata, fino a quando mi trovavo dinanzi ad un muro, molto alto, il cielo d'improvviso si incupì e questo muro inizia ad estendersi diventando una recinzione, cercavo di fuggire ma ovunque posassi lo sguardo vedevo questo muro essere sempre più alto e sembrava quasi muoversi, come se volesse stringersi fino a non darmi più la possibilità di guardare in alto per trovare uno spiraglio di luce, avevo paura e questa paura presto divenne ben presto terrore nel momento in cui le gocce iniziarono a scendere giù dal cielo sul mio viso. Tuttavia, come in ogni film che si rispetti, vedo da lontano un'ombra avvicinarsi e, d'istinto, mi avvicinai correndo, sapevo che era la mia unica possibilità di salvezza.
Allora mi avvicino e riconosco il suo sguardo.
Era Diego ed era venuto a salvarmi.
Mi accascio su di lui, ed i suoi occhi posano su di me.
"Andrà tutto bene".
Ed io lo guardavo, mentre mi stringevo al suo braccio possente e alla manica della sua giacca c'erano i suoi gemelli. Quelli di quell'uomo misterioso di capodanno. }

Mi sveglio molto lentamente e con un piccolo sorriso sulle labbra, pensando a questo sogno. Non credevo che avrebbe continuato a farmi questo effetto, anzi, credevo che un giorno si sarebbe semplicemente stancato di entrare nella mia testa, sia lui, che quell'uomo di capodanno. Ed il pensiero che possano essere la stessa persona si insinua nella mia testa creando delle fantasie a cui non posso reggere. Apro gli occhi lentamente e vedo dinanzi a me i suoi, sono chiusi, sta dormendo. Ed il mio sorriso crescere ancora di più, il pensiero che le nostre testa posano sullo stesso cuscino mi fa provare una scossa non indifferente, penso che non smetterò mai di sognare questo momento. Alzo le mani verso di lui, e lo accarezzo, accarezzo la sua guancia, la sua fronte, è caldo. E sorrido pensando... Un attimo. Ci metto forse un minuto intero ad elaborare il fatto che non stessi più dormendo. Il mio sorriso svanisce, mentre quello di rabbia esplode, di scatto, ritiro la mano e mi allontano ma il terrore pervade i miei occhi nel momento in cui sento bussare alla porta.
Il mio professore é steso nel mio letto affianco a me.

Panico nei miei occhi e nel mio cuore, mi alzo e lui inizia a svegliarsi.
'Professore', dico con tono serio ma basso. Ma lui sembra non rispondere.
'Professore!' Impreco adesso alzando un po' di più il tono, stando attenta a non farmi sentire da chi ha bussato alla porta. Inizia a svegliarsi lentamente e mi guarda sorridendo, come avevo fatto io prima di capire, ed infatti nel momento in cui se ne rende conto si alza velocemente appoggiandosi alla spalliera del letto.
'Cos'è successo?'
La mia rabbia sta crescendo e con se la voglia di urlare e sbatterlo fuori.
'Credevo potesse dirmelo lei.' Rispondo con uno sguardo infuocato. 'Ma non è il momento perché...' Bussano nuovamente alla porta.
"Aurora, sono Emma.' Risponde 'Sei sveglia?'
"Cosa cazzo ci fa mia sorella qui?" Dice, sedendosi di lato e allacciandosi i pantaloni. È la prima volta che gli sento pronunciare da lui una parola così, ma vedendo quel gesto rabbrividisco, il pensiero che possa essere successo qualcosa si palesa nella mia testa assieme a disgusto e rabbia. Io guardo l'orologio e vedo che sono le 10 di mattina, a momenti sarebbe arrivato anche Luca, diamine.
"Emma, sono sveglia, dammi un minuto. Sto uscendo dalla doccia." Urlo, gesticolando al professore di nascondersi da qualche parte. Non ci credo che sta succedendo davvero. Se fosse successo in altre circostanze, avrei persino riso al pensiero. Entro in bagno, tolgo la maglia e metto un asciugamano attorno al corpo, ed uno in testa, spero di essere credibile.
Vado ad aprire la porta, il professore si era nascosto nell'armadio.
"Perdonami, Aurora, se vengo a disturbarti in questo momento."
"Figurati, Emma. Dimmi." Restando sempre sulla porta.
"É arrivato Luca, mi ha detto che é un tuo amico e di avvisarti di essere arrivato."
"Ah, ti ringrazio. Poteva lasciarmi un messaggio anziché farti venire fin qua."
"Ha detto che avevi il cellulare staccato, per questo." Risponde.
"Hai ragione, ho dimenticato di accenderlo".
"Va tutto bene?" Mi guarda incuriosita.
"Si, certo, perché non dovrebbe?" Rispondo.
"Va bene, allora lo avviso." Mi guarda sorridendo.
"Grazie mille", chiudendo la porta...
"A proposito", continua ed io necessariamente la apro nuovamente. "Ieri é passato mio fratello a portarti la cena?" Risponde.
Io deglutisco rumorosamente. Ma il suo sguardo cerca di capire il mio suono.
"Si, è passato. Molto buona la cena, sarei scesa a ringraziarvi."
"Meno male, ne sono felice. È stato difficile convincerlo a passare, era venuto solo per assicurarci che stessimo bene, ma era di cattivo umore."
"No, a me é sembrato tranquillo. Non ho notato nulla." Dico, appoggiandomi alla porta.
"Penso abbia litigato di nuovo con la moglie, ultimamente discutono spesso." Mentre parlava, ad un certo punto un rumore di ferro viene dalla mia stanza. Il suono fa tacere Emma.
"Ho dimenticato l'acqua accesa, forse ha toccato il fondo di ferro della doccia."
Annuisce e continua, "Allora ti lascio andare, scusami." Mi risponde frettolosamente.
"No, figurati, anzi. Grazie mille, mi dispiace per tuo fratello, spero sia tutto ok." Rispondo, mentre mi saluta scomparendo nel corridoio, chiudo la porta ed esce dall'armadio.
"Adesso siete diventate amiche, tu e mia sorella?" Dice, cercando di aggiustarsi la camicia con le mani.
"Prego?" Rispondo, girandomi e fulminandolo con il mio sguardo.
"Se volevi sapere qualcosa su di me o sulla mia famiglia potevi chiedermelo."
"Si dia il caso, caro Professore, che non avevo alcuna idea che questa tenuta fosse sua." Rispondo, avvicinandomi con tono accusatorio.
"Certo, pura casualità."
"Gliel'ho detto ieri sera, non ne avevo idea."
"Dio, basta darmi del lei."
"Perché dovrei smettere? - rispondo a tono, - mi dia un motivo per non farlo. Mi ritrovo stesa nel letto, con lei al mio fianco quando le ho esplicitamente detto che non volevo alcuna compagnia e lei l'unica cosa che sa dirmi é che se avessi voluto informazioni su di lei bastava chiedere? Sul serio?" Alzo il tono della mia voce.
"Perché tu hai avuto un incubo, ed io mi sono avvicinato per calmarti. Ma forse sarebbe stato meglio se al posto mio ci fosse stato quel ragazzo, quel Luca. Non è vero?" Non mi guarda neanche in faccia.
"Al diavolo Luca ed i miei incubi, lei si stava aggiustando il pantalone, cristo santo, e si permette di dirmi che io cercavo notizie su di lei?" Rispondo avvicinandomi sempre di più.
Lui in tutta risposta, si alza e mi guarda negli occhi.
"Perché sei sempre presente! - sbotta, sembra non avere più controllo delle sue parole - In tutto ciò che faccio, quando vengo all'università guardo il tuo posto sperando che tu sia seduta lì, ovunque io mi giro qualcosa mi porta a te, quando arrivo in quel fottuto posto spero che tu possa essere andata lì, e allo stesso tempo ho il terrore di incontrarti, non fai altro che ossessionarmi."
"Perché pensate che per me sia diverso? Perché pensate che io non viva la stessa agonia?"
"Basta con questo lei!" Impreca più forte, guardandomi negli occhi.
"No!"
"Smettila di controbattere tutto quello che dico. Smettila di fissarmi in questo modo. Smettila di perseguitarmi, sparisci dalla mia vita." Urla.
Quelle parole risuonano nella stanza e nel mio cuore. Sento che tutti i pezzi che prima mi tenevano in vita adesso piano piano si stiano sgretolando, un punto di rottura è stato raggiunto, così come il terreno dove mi trovo, mi sento sprofondare. Il silenzio pervade la stanza ed non è mai stato così assordante.

"Sapete cosa vi dico? - Si volta, sbuffando ed imprecando silenziosamente con le mani - Vi dico che maledico il giorno in cui sono entrata in quell'aula, maledico me stessa per aver ceduto ai suoi sguardi, alle sue parole, maledico il giorno in cui ho preso parte a tutto questo. Si, ci ho pensato, ed anche troppo. Avrei voluto potesse essere un'esperienza da portarmi dentro, un legame importante. - mi guardo intorno ed agito le mani, iniziando a ridere con isteria - ciao gente! per una volta non è un rapporto platonico, per una volta si può avere un dialogo con un professore - il mio sguardo ritorna su di lui - e invece no! - impreco - invece no." Mi volto, dando le spalle al professore e allontanandomi.

"Non voglio vedervi mai più. Farò l'esame con voi, dopodiché non voglio più incontrarvi nella mia vita.
"Scusami, per favore. Non intendevo dire questo, volevo sol-."
"Andate via."
Sento i suoi passi dietro di me, alla ricerca di un contatto fisico.
"Aurora..." ed un secondo dopo riesco a scostarmi prima che le sue mani mi toccassero.

"Andate via!" Dico urlando furiosamente, voltandomi verso di lui con gli occhi per farsi di lacrime.
"Non volevo questo." Abbassa lo sguardo, mentre prende il suo cellulare dal tavolino. "Non volevo questo." Lascia la stanza.

"Neanch'io."

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