Capitolo 26: Simili e vicini.

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"Aurora?" 

Ritorno nel mio mondo un po' come per magia, trovando Emma davanti ai miei occhi. 

"Oh, Emma." dico, cercando di scacciare via i miei pensieri.

"Che succede? Sei scappata via, non ti trovavo più." Mi dice, avvicinandosi al bancone del bar. 

"Scusami, avevo bisogno di un caffè, stavo per avere un piccolo attacco di panico. Non preoccuparti, mi succede, devo solo fermarmi un secondo."

Quanto vorrei poterle dire tutto, quanto avrei voluto raccontarle di tutto ciò che è successo fino a questo momento, ma naturalmente non potevo farlo. Non posso. 

"Sei sicura che stai bene? Lo capisco, tranquilla. Ma non penso che il caffè vada bene per una persona che stava per avere un attacco di panico."

Cavolo, potevo trovare una scusa diversa.

"Lo faccio spesso, al contrario, mi calma." Ti prego, beviti questa scusa.

"D'accordo. Non preoccuparti. Ti accompagno a casa?"

"Assolutamente no! Mi sento già molto meglio, possiamo andare senza alcun problema." Rispondo, prendendo le monete per pagare il caffè. Ci dirigiamo fuori al bar per poi andare verso l'auto, alzo lo sguardo quasi istintivamente e sento uno sguardo su di me, credevo fosse lui, ma il secondo dopo non c'era più nessuno. Ora sto avendo anche le allucinazioni, di bene in meglio.

Il tragitto non è molto lungo, passa molto velocemente e perlopiù in silenzio.

"Eccoci qua!" esclama, fermando dolcemente l'auto.

Scendiamo dall'auto e la vista è veramente bella. E' una piccola casa a schiera, che si ergeva con orgoglio tra le altre, un'oasi di calore e ospitalità in un mare di mattoni rossi. Le sue finestre, incorniciate da un delicato bordo bianco, sembravano occhi che sorridevano al mondo, proprio come Emma, ed il loro colore un po' me la ricordavano. Il tetto spiovente, ricoperto da tegole di terracotta, era ornato da una piccola finestra a lunetta. L'ingresso, protetto da un piccolo portico in legno, era adornato da una ghirlanda di fiori colorati, che profumavano l'aria di un dolce aroma, con un piccolo sentiero di mattoni che conduceva alla porta d'ingresso. La facciata della casa era una tavolozza di tonalità calde, i mattoni, sebbene antichi, erano tenuti con cura, e il loro colore rosso intenso, quasi ruggine, era ravvivato da dettagli in pietra bianca che incorniciavano le finestre e la porta.

"Non è granchè, ma è casa." Dice, dirigendosi verso la porta.

Quante volte ho sognato avere una casa del genere. 

"Julio, sono a casa."

"Finalmente!" Corre ad abbracciare Emma questo ragazzo, che avrà sui 16 anni. Ed è uguale a Diego. Ha lo stesso taglio degli occhi, lo stesso colore. 

"Julio, lei è Aurora. Aurora, lui è mio figlio."

"Ciao Julio, è un piacere conoscerti." rispondo sorridendo.

Non risponde, guarda in basso e poi in alto.

"Saluta Aurora, vuole solo aiutarti a studiare meglio." Di pronta risposta, corre via in stanza.

"Non preoccuparti, lascia che ci parli io." Sorride, e mi indica la sua stanza. Mi incammino, e busso delicatamente.

"Entra." risponde.

Nella penombra soffusa di una lampadina tenue, la cameretta di Julio si trasforma in un antro di passione musicale. Le pareti sono tappezzate di poster dei Bring Me To Horizon. La libreria, che si trovavo sul lato della stanza, trabocca di libri di ogni genere, dalla narrativa fantasy alle biografie musicali. Al centro della stanza, una scrivania dominava lo spazio. Su di essa, un computer potente che teneva impegnato Julio su League of Legends, un gioco multiplayer online. Mentre cliccava freneticamente sulla tastiera e al contempo sul mouse, posso notare i suoi riflessi tesi. Il caos che circonda Julio è un riflesso della sua personalità. Un adolescente inquieto, con una passione per la musica e per i videogiochi. La sua camera è un santuario, un rifugio dove può abbandonarsi completamente alle sue passioni.

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