Capitolo 28: Ed infine, buio.

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Il sole filtrava tra le tende, proiettando macchie dorate sul pavimento. Mi giro e rigiro sul letto, ancora avvolta dalle lenzuola, con ancora il peso di quella giornata. Ricordo ancora quella notte, le parole che avevo pronunciato con trepidazione e la delusione che mi aveva travolto nei suoi occhi vitrei il giorno dopo, annebbiati. Non si ricordava nulla. Era stato un momento di pura vulnerabilità, quando gli avevo confessato i miei sentimenti, solo per vederli svanire in uno stato di ebbrezza. Non faccio che ripetermi che è così che doveva andare.

La tristezza minaccia di sopraffarmi, ma mi trattengo, anche oggi, respirando a fondo. 

So che dirgli la verità non sarebbe servito a niente. Si sarebbe vergognato, io sarei rimasta ferita. E in quel momento, quello che volevo di più era andare avanti. Mi alzo dal letto e mi vesto meccanicamente. Mentre esco dalla porta di casa, prendo il telefono tra le mie mani e digito un messaggio. Scorrendo tra i nomi, leggo il suo, ed un brivido ancora oggi scorre sulla mia schiena. 

"Buongiorno, sto uscendo ora di casa. Ci vediamo al solito bar?" Avrei voluto ci fossimo incontrati da un'altra parte, essendo il bar, quel bar. 

"Buongiorno. D'accordo."

"Mi hai promesso che saresti venuta da sola, vedi di rispettare l'accordo."

"Non preoccuparti."

Ieri mi è arrivato uno strano messaggio da parte di mia sorella, non la sento forse da due o tre anni. Se mi ha scritto, dev'essere importante, quindi ho deciso di incontrarla, a patto che non porti sua madre.

Mentre percorro quelle strade, le stesse dell'ultima volta un senso di malinconia raggiunge il mio cuore. Mi sento persa e senza speranze. Come posso andare avanti tenendo dentro tutto ciò che è successo? Ma so che devo trovare un modo. Devo raccogliere i pezzi del mio cuore spezzato e affrontare il futuro con coraggio. Non sarà facile, ma non ho scelta. Non posso permettere che questo evento mi definisca. Devo trovare la forza di guarire. 

E per fortuna, adesso avevo altro a cui pensare.

Mi siedo al bar dal lato opposto dell'ultima volta, così da non vedere il posto in cui era seduto. Ricevo un chiamata: Aria.

"Aurora sei arrivata?"

"Si, sto aspettando Camelia."

"Non farti ingannare, io sono nei paraggi, qualsiasi cosa basta mandarmi un messaggio e corro."

"Grazie."

Poco dopo, alzo lo sguardo dal telefono, la mia attenzione viene catturata da un volto familiare. Sento il cuore battermi forte nel petto. Cammina verso di me con un passo leggero, il suo sorriso delicato ma debole, illumina il suo viso. È mia sorella, ed è da così tanto tempo che non la vedo. I miei muscoli si irrigidiscono, i ricordi si riversano nella mia mente come un torrente in piena. Il suo volto è delicato, con curve morbide che contrastano con i lineamenti affilati che abbiamo ereditato da nostro padre. I suoi capelli castani fluiscono sulle sue spalle in onde morbide, incorniciando degli occhi verdi che ricordano una foresta folta di alberi. Con indosso un abito semplice ma elegante, sembra raggiante e piena di vita. Ma dietro quel sorriso innocente, vedo le ombre di tutto ciò che abbiamo passato insieme. Buoni e cattivi ricordi si mescolano in un groviglio indissolubile, impastati da amore, gelosia e rimpianto. Il tempo sembra rallentare mentre si avvicina, e il nostro passato si svolge davanti ai miei occhi proprio come un vecchio film. Arrivano i ricordi più dolorosi, quelli che hanno creato un solco tra noi e minacciato di separarci per sempre. E che forse, ce l'hanno fatta.

"Aurora!" Mi guarda, si avvicina. 

"Ciao Camelia." mi alzo per salutarla, le do la mano. 

"Non sei cambiata affatto." Ricambiando il saluto.

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