Capitolo 14: Maledetta Impulsività.

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Tornando a casa mi sono resa conto che sono tante le cose che non riesco a cambiare di me stessa, come indossare sempre leggins neri o di non riuscire a camminare più veloce, ma tra tutte, proprio non riesco a liberarmene dell'impulsività. Sono una ragazza troppo impulsiva e la chiamata appena terminata ne è la prova. Stasera ho un appuntamento? Non lo so neanch'io se chiamarlo così. Vorrei non essermi messa in questo casino.

Non faccio altro che pensare a lui.

Si è rivelato essere un bugiardo, ed io detesto chi mente. Perché illudermi di un qualcosa che sarebbe potuto nascere, - e che chiaramente non sarebbe nato -, per poi comportarsi in questo modo? Ha iniziato il gioco dell'essere speciale e lo ha reso inutile, mentendo, come se io avessi chiesto questo. Maledico quel giorno in cui ho deciso di iniziare questo corso di studio, maledico quel giorno in cui sono entrata in quell'aula. Io volevo solo realizzarmi e invece ho rovinato tutto. Come farò un esame sapendo che dall'altra parte ci sarà lui? O lei?

Ho rovinato tutto, mi sento sprofondare.

Mentre arrivo all'università, scaccio via il pensiero del professore per ritornare alla mia maledetta impulsività: l'appuntamento con Luca.
Lui è un ragazzo molto attento e preciso, ha sempre avuto un modo molto tenero di comportarsi con tutti, ma in particolare con me. Anche Barbara me lo ripeteva spesso, che ci trovava bene insieme, e in effetti abbiamo veramente tanto in comune, tra queste sicuramente la passione per i videogiochi e per la Francia. Non a caso abbiamo iniziato a parlare, la prima volta, grazie ad un libro che stavo leggendo, quando lui stesso mi aveva aiutato a raccoglierlo una volta caduto, un libro che parlava di Robespierre, che lui in un certo senso ammirava, avevamo pensieri discordanti su determinati argomenti, ma aver trovato qualcuno con cui parlarne era meraviglioso. Poi è subentrata la passione per i videogiochi, ormai erano settimane che ogni sera - o quasi - ci sentivamo su Discord per giocare, questo non ha fatto altro che rafforzare il nostro legame, è come un fratello. Pensare a lui in modo diverso? Non l'ho mai fatto. Quando abbiamo iniziato a conoscerci meglio aveva una relazione complicata con la sua, ormai ex, ragazza, con la quale ha avuto anche un brutto litigio a cui ero presente, non sopportavo il suo comportamento e ben presto se n'è accorto anche lui, ciò nonostante non riesce a staccarsene definitivamente, ancora oggi ogni tanto parlano. E' quel legame d'amicizia così sincero da non immaginare che possa esserci altro oltre a quello, evidentemente per lui non è lo stesso.

Arrivo in università e trovo Aria che parla con Vittorio, mi avvicino. "Aurora!" Mi nota Vittorio da lontano e si avvicinano verso di me.
"Non credevamo saresti venuta, pensavamo fosse meglio restare a casa."
"Ho un appuntamento." Rispondo molto frettolosamente.
"Tu cosa?" Rispondono all'unisono.
"Ho un appuntamento, stasera. Alle 20."
"Non dirmelo. Diego ti ha chiesto di uscire?" Dice Aria.
"No, assolutamente no. E non avrei accettato." Aria tira un sospiro, sollevata dalla mia risposta.
"Aspetta un attimo... Se non è il professore... Allora..." Dice Vittorio cercando di metabolizzare ciò che sta per dire. "E' Luca?" Alza la voce, ed io lo zittisco.
"Sssh, parla piano." Rispondo, ma loro mi guardano in attesa di una risposta, annuiscono e loro gioiscono abbracciandomi, dicendo qualche "Lo sapevo", "Sono felice", continuando a saltellare al mio fianco.
"E' la prima volta che vado ad un appuntamento dopo anni, non so cosa aspettarmi." Dico ad Aria.
"Devi raccontarci tutto."
Credimi, quanto vorrei poterlo fare, ma raccontare della mia insegnante che salta sul mio professore era l'ultima delle mie intenzioni. Racconto bene o male qualcosa, un po' finto ed un po' vero, mentre ci dirigiamo nell'aula della lezione, tra l'altro, la sua lezione.
"Sono le 14, dovrebbe essere già qui il professore." Dice Vittorio, guardando la porta.
"Si, probabile che farà tardi." Dico, "ne sono sicura." Bisbiglio.
"Perché lo pensi?" risponde Vittorio.
"No così, buttavo ad indovinare."
"Non me la racconti giusta." Risponde a sua volta Aria, ma questa discussione viene interrotta dal professore che entra in aula con ben 20 minuti di ritardo, mentre si sistema la cravatta. Naturalmente. Che vergogna. Ha il fiatone, deve aver corso per arrivare qui.

"Ragazzi, scusatemi il ritardo, ho avuto un contrattempo."
"Piacevole immagino", bisbiglio. Non capisco se ha sentito le mie parole, ma arrivata a questo punto neanche mi interessa.
Inizia a spiegare la lezione, cerco di seguire il filo del discorso ma sembra essere più distratto del solito.

"Professore quindi è sbagliato dire che alla fine non gli importava del risultato, ma contava solo ciò con cui aveva contatto?" Dice un ragazzo tra i banchi.
"Non si tratta di disinteresse, si tratta di rassegnazione. Il contatto che aveva gli sarebbe dovuto bastare, perché ciò che in realtà a lui interessava, non poteva raggiungerlo."

Parliamo ancora della lezione?

"Per questo motivo, -continua-, il risultato non rappresenta la fine, ma un punto di svolta. Magari poteva accettare che le cose andavano così, magari no, era tutta ad interpretazione del mediatore. Sta di fatto che la rassegnazione prende il sopravvento, sempre."

Ho sentito dei brividi lungo il collo, e lui lo sa. Ha utilizzato queste parole non a caso. Qualsiasi sia il motivo, a me non interessa.

"Certo, -rispondo guardando il ragazzo-, fino a quando il mediatore, dimentica il risultato e passa alla rassegnazione ancora prima di averci provato. Succede così, o sbaglio professore?" Dannata impulsività.

"E' corretto, purtroppo. Si dovrebbe sempre cercare di raggiungere il proprio obiettivo finale, dove possibile. Vale anche per tutti noi." Risponde guardandomi negli occhi, in cui ormai vedrà solo vuoto.

"Per oggi è tutto", continua. "Scusate ancora per il ritardo, ci vediamo domani per l'utima lezione del corso, per poi vederci a Gennaio." Ripone sistematicamente i fascicoli nella sua borsa e va via, senza voltarsi neanche per un istante.

"Ma che ti e' passato per la mente?" Dice Aria, posando il suo quaderno nello zaino.
"Ho solo completato la sua spiegazione." Rispondo.
"Certo, peccato che sembravate parlare di tutt'altro." Dice Vittorio, alzandosi dalla sedia.
Ormai non mi interessava più di questa situazione, è un bugiardo e questo fa di lui anche un traditore. Meglio che le cose siano andate in questo modo.
Poco dopo, uscendo dall'università, saluto i ragazzi, dirigendomi a piedi verso casa, quando - vicino al solito bar, trovo la mia bici. Quella che avevo lasciato nel bosco per scappare via più velocemente, con un bigliettino incastrato dentro sul manubrio.

"È uno strano dolore...
Morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai."
(Alessandro Baricco).

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