(Luglio, passato)
Mattia se ne stava in disparte, seduto sulla sabbia a guardare il mare.
Lo raggiunsi e mi sedetti accanto a lui. «Ciao, come mai qui solo?» gli domandai.
«Ehi, ciao» Sorrise passandomi una lattina di birra. «Le feste così cominciano a stancarmi. E a te, che te ne sembra di questo bordello?»
Aprii la birra e presi un sorso guardando i confini del mare buio. Il cielo pullulava ancora di stelle, la luna al centro. Mi confortò il fatto che ovunque fossi andata avrei trovato sopra la mia testa sempre lo stesso scenario. La natura che dava la vita e che la toglieva mi stava facendo sentire parte di un meccanismo più grande di quello famigliare, e mi sentii meno sola.
Intorno a noi c'era davvero tanta gente: ragazzi e ragazze accomunati dalla stessa voglia di vivere al massimo quegli anni strani dove nulla era certo, se non il fatto che prima o poi sarebbero passati e che ci avrebbero cambiati e fatti maturare.
Alcuni tizi si stavano affaccendando ad accendere un falò. Nell'aria aleggiava un vento leggero e piacevole. Le hit estive creavano la giusta atmosfera da "festa" che io avevo deciso di godermi a pieno. Mi sentivo bene, forse grazie anche all'effetto del poco alcol che avevo ingerito.
«Beh, non sono abituata a questo genere di feste. Però sono tranquilla. E' bello uscire fuori casa e non avere a che fare con il mondo degli adulti»
«Già Lù, a chi lo dici. Io non resisto più in casa. A volte mi sembra di impazzire»
«Perché?»
Per qualche secondo rimase in silenzio, ma poi lo sentii subito sospirare come in agonia. Posò gli occhi sul mare e con un filo di voce disse: «problemi»
Fu una risposta semplice sussurrata a fronte aggrottata.
Annuii. «Già, ti capisco. I genitori pretendono sempre tanto da noi. I miei a volte neanche se ne accorgono»
«Che ti combinano?»
Sorrisi. «Mio padre si è messo in testa che diventerò una stella del nuoto, o qualcosa del genere»
«E non è una bella cosa?»
«Beh, no. Ho solo sedici anni. Voglio che veda un adolescente e non la futura vincitrice delle olimpiadi. A me il nuoto piace, ma non credo di essere tagliata per diventare una professionista»
«Non puoi saperlo finché non lo diventi»
«È che mi pesa avere addosso questa responsabilità, ecco. E poi non voglio che i bisogni del mio fratellino passino in secondo piano»
«Come si chiama?»
«Si chiama Andrea. Lui è un bambino davvero molto molto intelligente. Ma è pur sempre un bambino. E a volte beh, ho paura che si senta messo in disparte da papà. Lavora tanto. Lo fa per il nostro bene e lo capisco, ma non si rende conto di stare poco a casa. Anche mamma lavora, ma poi deve fare anche tutto il resto, quasi sempre da sola. E mi fa proprio incazzare che non si prenda mai un momento per lei, per respirare. E poi tutti i soldi che spendono per il mio nuoto...Voglio dire, ho paura di deluderli e di avergli fatto perdere solo tempo.»
«Te non devi pensare a loro. Te devi fare nuoto se lo vuoi fare. E se non lo vuoi fare, glielo dici e basta. Alle altre cose non pensarci e lascia che i tuoi genitori risolvano i loro problemi da soli»
«E a te cosa succede a casa?» Glielo domandai con esitazione, forse perché in fondo al mio cuore avevo già capito che i suoi problemi erano ben più gravi dei miei.
«Niente di bello... È che i miei genitori si sono lasciati e ora mia madre sta con un altro che è un vero stronzo»
Mattia aveva l'espressione zen. Lo guardavo, stavo seduta accanto a lui e, stranamente, non provavo disagio.
«Beh, stasera non pensiamoci. In fondo siamo qui per divertirci. No?» gli risposi.
«Ben detto Lù, ben detto!!»
Ci mettemmo a ridere e brindammo alla nostra spensieratezza con lattine di birra che si erano trasformate in calici di vetro ricolmi dello Champagne più pregiato di Parigi.
«Allora a settembre l'ultimo anno, eh? La maturità, wow» dissi poco dopo.
«Sì. Questa cosa mi fa morire dalla paura. Da un lato mi rincuora eh, perché significa che sta per finire quest'adolescenza di merda, ma dall'altro fa paura perché significa che inizierà un nuovo periodo della mia vita. Le incognite fanno schifo. Non so cosa aspettarmi»
«Sai già cosa fare?»
«Voglio provare con architettura. Speriamo bene. E invece tu? Cosa vuoi fare dopo il liceo?»
«Per me mancano ancora altri due anni. Non so. Penso l'accademia delle bel...»
«Ehi»
Impiegai qualche istante a rendermi conto che quell'ehi era diretto a me.
Mi voltai sollevando la testa.
Samuele era lì, mi tendeva una mano.
«Che c'è?» gli domandai, con il cuore che mi galoppava impazzito nel petto.
«Quindi balliamo?»
«No» scherzai.
«Sì...»
Fece un sorriso. Un misero sorriso che però riuscì a convincermi. «Ok.»
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Quando il vento mi accarezzò la pelle
General Fiction© 𝗧𝘂𝘁𝘁𝗶 𝗶 𝗱𝗶𝗿𝗶𝘁𝘁𝗶 𝗿𝗶𝘀𝗲𝗿𝘃𝗮𝘁𝗶 (𝗔𝗹𝗹 𝗿𝗶𝗴𝗵𝘁𝘀 𝗿𝗲𝘀𝗲𝗿𝘃𝗲𝗱) Qualsiasi riproduzione dell'opera, totale o parziale, è vietata e punibile dalla legge. «Rifugiati nelle immagini felici per ritrovare la bellezza che hai perso...