25 🙇 *Una stilettata di veleno in più nel mio sangue* 🥃

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Da bambina, per fare in modo che la maestra di accorgesse del mio braccio alzato quando le chiedevo il permesso di parlare, mi sedevo sempre al primo banco, sapendo che a causa della mia statura minuta, in ultima fila, non avrei avuto alcuna chance di farmi notare.

Con il passare degli anni ho iniziato ad apprezzare la mia bassezza, e confondermi in mezzo agli spilungoni seduti davanti, ora mi da conforto: lo stesso che provo infilandomi dentro le coperte dopo una camminata al freddo, o lo stesso di quando non so che film guardare e alla fine opto per Harry Potter, essendo sicura che non mi deluderà.

Secondo mamma: "Non bisogna lasciare la strada vecchia per quella nuova perché sai quello che perdi ma non quello che trovi". E se quello che trovi è malauguratamente peggio di quello che perdi, beh... allora sei nella merdissima.

(Per la cronaca: l'ultima frase l'ho aggiunta io).

In effetti la ribellione adolescenziale mi suggerirebbe di non dare ascolto a questo modo di pensare spicciolo, che per certi versi mi fa anche innervosire.

Ma riflettendoci senza essere prevenuta, devo ammettere che uscire dalla zona di comfort alla ricerca del cambiamento è un vero e proprio salto nel buio: se va bene sei felice, ma se va male ti maledici domandandoti chi te l'ha fatta fare a compiere un gesto tanto sconsiderato.

Poi c'è anche da dire che noi esseri umani non siamo mai soddisfatti di quello che abbiamo. Se penso al mio passato, mi viene da domandarmi perché ho agito in un determinato modo piuttosto che in un altro, o cosa sarebbe successo se avessi compiuto scelte diverse da quelle che ho compiuto: ora sarei più serena o mi sentirei una vigliacca?

Gli interrogativi restano, in ogni caso.

Insomma: il mio parere è che noi persone non abbiamo del tutto in mano le redini della nostra vita, perché, per quanto cerchiamo di compiere le scelte giuste, c'è sempre qualcosa che ci sfugge e che non riusciamo a controllare; qualcosa che forse ha che fare con il karma o con gli errori che ci portiamo dietro dalle nostre esistenze precedenti e che quindi, nel presente, ci sabotano. Nel dubbio, meglio restare nella mia zona di sicurezza, lontana dalla cattedra, lontana dal centro dell'attenzione e vicino la finestra a osservare ciò che succede in strada.

In un primo momento è solo un'osservazione dettata dalla noia. Ma se mi capita davanti agli occhi un dettaglio inusuale, un'espressione triste o un look stravagante, poi comincio a divagare immaginandomi vite parallele.

Tipo la signora con la busta della spesa e gli occhiali da sole è un'attrice sotto copertura che abita in una bellissima villa sui colli bolognesi. Il ragazzo alto due metri è un giocatore dell'NBA venuto a godersi il suo sogno Italiano. Mica il sogno dev'essere per forza Americano. Il sogno può essere anche Italiano. Basta con i luoghi comuni. E così via.

Magari non è vero nulla di ciò che immagino. Forse la signora pulisce le scale per guadagnarsi da vivere e quello alto due metri fa il muratore. Però mi viene sempre da pensare che la vita della gente che cammina per strada sia più bella della mia.

Poi comincio a domandarmi cos'è che preferiscono sentirsi dire tutte queste persone, se amano i sorrisi finti o i bronci veri, se il dolce o il salato, se la verità o la bugia, perché in molti si professano pro verità anche a costo di essere feriti, ma poi, se qualcuno ha davvero il coraggio di spiattellargliela in faccia, si offendono.

La verità fa male, non si può dire a tutti, e soprattutto si deve omettere a quelli che si arrabbiano facilmente e che non sono abbastanza forti da sopportarla.

La campanella suona ripetutamente e mi accorgo, con stupore, che la classe è già mezza vuota. Durante la ricreazione si svuota sempre di fretta; metà è fuori e l'altra metà sta uscendo adesso, insieme a parole confuse e risate sguaiate che si dissolvono nel via vai del corridoio.

Quando il vento mi accarezzò la pelle Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora