La scuola non è un'istituzione, ma una giungla affollata da gente che corre, ride e urla senza una buona motivazione; una mini società che spinge l'adolescente a domandarsi chi deve essere: non chi è, ma chi deve essere. E c'è differenza! Fidatevi che c'è... perché chi devo essere me lo impongono gli altri attraverso i modelli di comportamento diffusi dai social media.
Chi sono, invece, è un lungo processo di conoscenza personale che richiede tempo e pazienza. Gli insegnanti ci riempiono la testa con il fatto che dobbiamo trovare il coraggio di ammettere chi siamo senza farci influenzare da cose esterne come le mode, la dieta, le super star e le vacanze a Cortina; ci dicono che dobbiamo essere forti, superare con coraggio gli ostacoli che la vita semina sul nostro cammino, espletare i sentimenti senza vergogna.
Ci dicono che dobbiamo essere noi stessi senza adeguarci alla massa. Ok...
Ma se poi sei autentico...si lamentano chiedendoti: "perché non socializzi? Perché non stai con i tuoi compagni?".
Secondo me non lo sanno neanche loro.
La verità è che ci dicono tante belle cose, ma non hanno idea che le insidie più brutte si annidano proprio nei corridoi, dove l'adolescente si ferma e comincia a domandarsi: chi diavolo devo essere?
Con lo zainetto della Guess sulle spalle pieno di libri e quaderni, osservo la Peugeot di papà sparire dietro la curva alla fine della strada, insieme ad altre macchine di diversi colori e dimensioni.
In alcuni momenti mi perdo a fissare il mondo che mi circonda. Credo che l'osservazione favorisca la mia riflessione, e non importa se sembro una scema che si è incantata a guardare cose insignificanti come il traffico, l'asfalto grigio o il semaforo... Io sono così. Questa sono io.
Ed è facile essere me quando sto ferma a pensare. Ma quando devo agire...là cominciano i problemi. Ad esempio, se fossi io, adesso farei sega a scuola e trascorrerei la mattinata in libreria o in quel negozio musicale in centro che quando ci vado mi fa sempre venire voglia di comprare uno stereo e di iniziare a fare una raccolta di CD, anche se ormai i CD non li ascolta più nessuno perché esistono gli smartphone e spotify.
Ma non posso sempre essere me. Alcune volte ci devo rinunciare. Tipo ora. Non credo che riavrò di nuovo il coraggio di fare sega a scuola. Sono ufficialmente entrata a far parte del club di quelli che si mordono le labbra in silenzio, che fissano il mondo girare e che rimangono fermi per paura di rimanere delusi. Non so da cosa. Forse dalla paura che la realtà non sia all'altezza delle loro aspettative.
La verità è che devo ancora decidere se è meglio credere nei sogni belli o se nella realtà crudele.
Sospiro e decido di entrare. Mi faccio forza e oltrepasso il grosso cancello di metallo e il cortile di cemento e calcestruzzo. Qualche altro passo e sono dentro, nell'atrio grigio che puzza di detersivo stantio e disinfettante scadente.
Non mi posso fermare. Questo è un territorio minato e devo riuscire ad attraversarlo senza scoppiare per aria.
Procedo a passo scelto verso la rampa di scale sulla sinistra e sembra che non ho la faccia, che me l'abbiano cancellata con la gomma. A testa bassa, con i capelli che mi stanno davanti a mo' di tenda per proteggermi, salgo i gradini, contandoli.
In tutto sono trenta, di quel bianco sporco che sembra ci abbiano vomitato sopra; di quel colore strano che ti fa domandare se davvero in questa scuola esista qualcuno che si occupa giornalmente della pulizia e dell'igiene. Intanto trattengo il mio, di vomito, quando realizzo di essere arrivata davanti la porta che da sul corridoio in cui sono dislocate le classi della sezione B.
Guardo, osservo, forse anche troppo.
Mi aspetto che qualcosa sia cambiato. Ma cosa può cambiare in tre mesi? La gente non riesce a metterci una vita per dimenticare le cose che gli hanno fatto del male, figuriamoci gli adolescenti a perdere le loro abitudini di merda.
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Quando il vento mi accarezzò la pelle
Ficción General© 𝗧𝘂𝘁𝘁𝗶 𝗶 𝗱𝗶𝗿𝗶𝘁𝘁𝗶 𝗿𝗶𝘀𝗲𝗿𝘃𝗮𝘁𝗶 (𝗔𝗹𝗹 𝗿𝗶𝗴𝗵𝘁𝘀 𝗿𝗲𝘀𝗲𝗿𝘃𝗲𝗱) Qualsiasi riproduzione dell'opera, totale o parziale, è vietata e punibile dalla legge. «Rifugiati nelle immagini felici per ritrovare la bellezza che hai perso...