41 🚪 *Oltre la soglia* 🤕

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Trenta minuti dopo aver riattaccato, mi arriva un messaggio di Emma con scritto: "ti sto aspettando sotto, sono arrivata".

Chiudo la porta a chiave, scendo le scale e con un gruppo in gola mi infilo in macchina. «Ciao, buongiorno» la saluto.

«Ciao. Scusa per il casino» Lancia un'occhiata imbarazzata all'interno dell'auto. «Devo portarla a lavare»

«Sembra tutto apposto» la rassicuro.

Emma ingrana la marcia e partiamo. «Come stai?»

«Bene, tu?»

«Bene, grazie. Ti porto in un posto»

Non le domando dove. Voglio che la nostra destinazione rimanga ignota. Nella mia testa è come se fossimo partite per un'avventura on the road durante la quale conoscerò personaggi fighi che mi condurranno ai confini del mondo.

Emma è una coinquilina di viaggio particolare. Guida con una mano sola, il gomito sinistro sotto il finestrino e la sigaretta tra le dita, occhi socchiusi.

Non posso fare a meno di notare il suo look. Non ho mai visto una donna adulta con i leggins attillati e una maglia lunga.
I capelli rossi attaccati in una crocchia disordinata le danno un'aria trasandata, ma in un modo che funziona.

«Emma, quanti anni hai?» le domando. «Se non vuoi rispondere, fa niente»

«Trentasei»

«Trentasei?» Mi metto a fare il conto per capire quando ha avuto Samuele.

«L'ho avuto a diciotto»

«Oh...» mormoro, osservandola con più attenzione. Samuele le somiglia, non tanto nei lineamenti, ma nel modo di muoversi, con quei gesti letali e ipnotici che sembrano essere stati calcolati nel dettaglio. Entrambi hanno il vizio di assottigliare gli occhi quando fumano, di curvare la bocca e di espirare dal naso.

Continuo a osservarla finché non mi accorgo che stiamo percorrendo strade di Bologna che vedo di rado. Quelle grandi, a due corsie, piene di macchine e con fermate del bus ogni cento metri.

All'improvviso una jeep ci taglia la strada.

Emma sterza di colpo e si mette a suonare il clacson come una matta.

«Coglione, guarda aro' vai cu chella cazzo e' macchina!» urla fuori dal finestrino. Poi rientra, sistemandosi i capelli. «Scusa se parlo così. Ma alcune volte non riesco proprio a trattenermi»

«Sei una persona molto istintiva!»

«E tu un'ottima osservatrice.»

«Senza ottima. Osservo solo...»

«Le osservatrici dicono le parolacce?»

«Solo nella loro mente»

«E con la voce mai?»

«Solo se le fanno incazzare forte»

Emma ride. «Allora significa che ti fanno incazzare poco. Sei fortunata!»

«Mi incazzo spesso, ma cerco di non dirle»

«E perché?»

«Beh, perché... i miei genitori mi hanno insegnato che è brutto dirle. Mi hanno insegnato così»

Emma fa una smorfia. «Hanno ragione, ma ogni tanto bisogna sfogarsi e dire le parolacce è il modo migliore»

Vorrei domandarle se a lei la fanno incazzare spesso. Ma poi lascio perdere.

Il fatto che la vita l'abbia imbruttita cosa è, se non l'effetto collaterale dell'essersi incazzata troppo spesso?

Dopo qualche curva e stradine strette, saliamo un pendio che conduce a un quartiere malconcio dove le case si reggono in piedi per miracolo.

Quando il vento mi accarezzò la pelle Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora