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Sfrutto il tempo in cui Eddie è ancora in bagno e corro fino alla bancarella dove prima ho preso il mio collarino, sperando che ci sia ancora il plettro rosso che ho visto prima. Un piccolo oggetto simbolico che spero gli darà la carica giusta per ricominciare.

Lo cerco tra tutta la roba sulla bancarella e finalmente lo trovo, l'ultimo di quel colore che mi ricorda così tanto la sua chitarra a cui tiene più della sua stessa vita. È proprio quello giusto per Eddie.

«Mi dia questo» dico indicandolo.

Spero che questo piccolo oggetto possa dargli un po' della fiducia che ha perso negli anni. Almeno così saprà che qualcuno crede in lui.

So bene che non saremo così uniti ancora a lungo e che presto prenderemo inevitabilmente delle distanze inevitabili, ma voglio comunque dare il massimo per sostenerlo in questa sua passione come non ho fatto per Dungeons & Dragons finora.

Lo stringo tra le dita, non riuscendo ad immaginare una sua plausibile reazione quando glielo darò. Lo infilo nel sacchetto e lo chiudo nella tasca della mia giacca, dove non potrà trovarlo finché non lo deciderò io.

Riprendo fiato e torno verso il locale come se non fosse successo niente.

«Hai fatto il giro lungo per tornare dal bagno» constata Eddie quando mi vede di ritorno dalla parte opposta rispetto a quella verso cui si era allontanato lui stesso. Wayne mi lancia uno sguardo e capisco al volo che è stata la sua scusa per spiegare la mia assenza.

«Mi sono persa» invento.

«Ma dai? Era qui dietro l'angolo»

«Ehi, non giudicare il mio senso dell'orientamento!»

«Tu, piuttosto!» interviene Wayne «Ci hai messo un bel po'. Spero che non hai trovato niente di interessante in quel bagno...»

«Non mi son fatto di niente, zio. Sta' tranquillo» risponde Eddie ruotando gli occhi.

Nonostante Wayne si fidi di lui, nutre sempre un po' di preoccupazione nei suoi confronti. E conoscendo Eddie, non farebbe male.

Chissà se invece in realtà non si sia fermato a parlare con quella bella donna...

Mi siedo con loro e finiamo le nostre birre, prendendocela comoda fino all'inizio del concerto, quando un riff di chitarra forte e potente ci fa distrarre dai nostri discorsi da bar.

Ci alziamo e ci dirigiamo sotto il palco, aspettando che la band inizi a suonare. Sono tutti carichissimi, io ed Eddie siamo riusciti ad intrufolarci tra il pubblico e siamo passati più avanti, Wayne invece è rimasto indietro.

«Direi che è arrivato il momento...» dice Eddie, spostandosi i capelli e prendendo la sigaretta che teneva dietro l'orecchio. La mette tra le labbra e poi si tocca le tasche cercando un accendino.

Prima che possa trovarlo, io sono già pronta con il mio in mano davanti alla sua faccia. Eddie sorride, poi si avvicina alla mia mano per accendere la sua candelina "speciale".

Le luci si spengono di colpo e il pubblico urla. Ci voltiamo verso il palco e vediamo dei movimenti indistinti. La band ha preso posto davanti ai suoi strumenti nel semibuio.

«Forse non era il momento adatto per accenderla»

«Al contrario, era proprio quello giusto!» risponde lui con la sigaretta tra i denti, facendo lunghe boccate. L'odore che ne esce attira l'attenzione di molte persone attorno a noi.

Quando le luci si riaccendono di colpo, vediamo tutti i ragazzi con i propri strumenti in mano. Un riff di chitarra che riecheggia negli amplificatori e le urla dei metallari sotto al palco mi fanno sentire bene e lo stesso è per lui.

Sunglasses at Night 1984 | Eddie MunsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora