4 - Thaara

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«Dovremmo sistemare il nuovo catalogo delle Chalk Paint che sono arrivate questa mattina, ma prima di metterci al lavoro, hai una visita», Richard indica con il capo un'imponente figura di spalle che sta fissando con insistenza una delle ultime creazioni di Richard, ovvero un mobile perfettamente rimesso a nuovo grazie alle sue mani d'oro che hanno il potere di trasformare un brutto anatroccolo nel mobile più bello del mondo.

Sbuffo nervosamente. Non amo le sue visite. Non portano mai nulla di buono.

«Che ci fai qui?» Domando una volta raggiunto il mio nemico.

«Non posso fare visita alla mia unica figlia?» Mi sorride.

«Se sei venuto qui per dirmi per l'ennesima volta che devo smettere di lavorare e che devo tornare a casa, sappi che stai perdendo il tuo tempo», mi metto subito sulla difensiva.

«Thaara, Thaara...» temporeggia e ostenta la solita sicurezza che a me da tanto sui nervi.

Sfiora con la punta delle dita la superficie del mobile laccato di bianco e torna a guardare me con aria contrita.

«Vorrei comprare questo mobiletto...» dice, sorprendendomi con la sua richiesta. Ha sempre affermato con meschinità che tutto ciò che crea Richard con le sue mani sia solo di cattivo gusto.

«Come?» Chiedo sbalordita.

«Hai capito benissimo. Puoi consegnarlo nel mio ufficio?» Dice in tono autoritario.

«Nel tuo ufficio, questo mobiletto?»

«Sì, perché?» Fa con aria da finto innocente, so benissimo dove vuole andare a parare, perché lui cerca sempre una scusa per passare del tempo con me, ma puntualmente finiamo per litigare e ormai ho smesso di dargli corda e declino ogni suo invito.

«Non si adatta al resto dell'arredamento», gli faccio presente e mi allontano di qualche passo da lui.

«Sei qui per vendere questa roba, giusto?» Dice tagliente come una lama sottile.

«Certo...» attendo la sua prossima mossa, che non tarda ad arrivare.

«Allora consegnami questo dannato pezzo d'antiquariato domani mattina». E senza dire altro, raggiunge Richard alla cassa.

Tira fuori dal portafoglio la carta di credito e gliela porge svogliatamente.

Con mio padre è sempre così, quasi ogni giorno viene a farmi visita, e cerca continuamente un pretesto per farmi perdere le staffe.

Non la smetterà mai di darmi il tormento, penso scoraggiata mentre scrivo sul registro degli ordini il suo acquisto.

Prima di togliere il disturbo, si volta verso di me e mi guarda con aria gelida.

«Voglio che la consegna venga effettuata alle dodici, non accetto ritardi», tuona, prima di chiudersi la porta a vetro alle spalle.

Richard mi rivolge una delle sue occhiate apprensive, ormai è abituato alle sfuriate di mio padre, e ogni volta vorrebbe contrastarlo per cercare di fargli capire che agendo così otterrà da parte mia solo odio, ma non si è mai esposto per evitare di alimentare l'ira di mio padre nei miei confronti.

Richard non approva i suoi atteggiamenti burberi e prepotenti, e si capisce lontano un miglio che lo detesta, perché mio padre è odioso. Tremendamente odioso.

Per scacciare dal mio corpo teso tutto il malumore, mi metto subito a lavoro. Sistemo in silenzio le casse con i barattoli di colori nuovi che Richard ha ordinato la scorsa settimana, e mentre sono intenta a catalogare ogni colore e a sistemarli sullo scaffale del magazzino, una mano si posa leggera sulla mia spalla e sobbalzo per lo spavento.

IL BUIO IN FONDO AL CUOREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora