1 - Nick

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Da che ho memoria, ho sempre desiderato diventare un membro dei Navy SEAL. Ricordo che, quando ho deciso di intraprendere la mia carriera militare, mi sono dato da fare pur di ottenere un ruolo fisso nella Marina. Non mi è mai bastato essere un semplice soldato; volevo sempre qualcosa di più, qualcosa che potesse portare avanti il buon nome della mia famiglia, sempre stimata per i suoi gradi nella Marina Militare.

Mio nonno era un aviatore in pensione, che trascorre i suoi giorni nella sua casa in Georgia, mentre mio padre era un ammiraglio, morto servendo la patria con coraggio e onore. Il suo coraggio smisurato lo ha sempre contraddistinto dagli altri. Ho cercato in ogni modo di essere alla sua altezza, anche se nessuno mi ha mai paragonato a lui. Per me, essere come lui è sempre stato un sogno che mi porto dietro da quando ero bambino.

Ricordo che, da piccolo, lo spiavo di nascosto mentre indossava la sua uniforme, immaginando il giorno in cui avrei indossato una anche io. Oggi, a distanza di anni, sento ancora parlare di lui con ammirazione da parte di tutti quelli che l'hanno conosciuto.

Mio padre non mi ha mai spinto a entrare nei Marine, ma quando gli ho comunicato che volevo intraprendere questa strada, non ha mai cercato di farmi desistere. Devo ammettere che non si è neanche mostrato troppo entusiasta, ma mi ha lasciato fare e mi ha spronato quando gli ho confidato di voler rinunciare al mio sogno.

Quella fu una giornata di totale scoraggiamento. Per undici settimane, sono stato sottoposto a un addestramento estenuante che mi ha devastato mentalmente.

Ricordo ancora vividamente il mio arrivo al campo base: fu come uno schiaffo in pieno viso. Mi accolsero urla e insulti da parte dell'Istruttore Capo, che nel frattempo stava torchiando altre giovani reclute intenti a fare una serie infinita di flessioni.

«Che avete da guardare, razza di rammolliti? Muovete quel culo flaccido!» ruggì contro di me e altri tre ragazzi, silenziosi a fissare il duro allenamento degli altri. Decisi di non partire col piede sbagliato, quindi mi fiondai nell'alloggio, mi spogliai in fretta e indossai i pantaloni della mimetica, una maglietta bianca e gli anfibi.

Uscendo, lasciai le mie cose sparse nella camerata — cosa che avrei pagato a caro prezzo più avanti — e raggiunsi gli altri. Mi misi sugli attenti e guardai un punto indefinito davanti a me mentre l'Istruttore si avvicinò, piazzandosi a una spanna dal mio viso imperlato di sudore.

«Come ti chiami?» mi urlò in faccia.

«Nick Reynolds, Signor Comandante Istruttore Capo!» gridai, sentendo il suo alito pesante, che sapeva di sigaro scadente, solleticarmi il viso.

«Unisciti agli altri, sacco di merda. Sono convinto che sarai il prossimo a suonare quella cazzo di campanella!» gracchiò, sicuro delle parole che mi sputava addosso.

Tornò dalle reclute, afferrò un tubo e iniziò a gettar loro addosso acqua gelida. Mi buttai a terra nello spiazzale, che ospitava centinaia di ragazzi speranzosi di diventare SEAL, e iniziai a fare flessioni. Seguirono una serie sfiancante di addominali e piegamenti sulle gambe che mi lasciarono senza fiato.

Per tutto il tempo, le parole dell'Istruttore risuonarono prepotentemente nella mia mente. Sentii il bisogno di suonare quella campanella un milione di volte, ma per fortuna non l'ho mai fatto. Solo i falliti e i codardi rinunciano senza combattere, e io sono nato per essere un combattente, ma soprattutto per essere un fottuto SEAL.

No, non avrei mai gettato la spugna. Ero così determinato a portare avanti i miei piani; ero lì per restare e mollare non era da me. Non l'avrei fatto neanche quando il gioco si sarebbe fatto ancora più duro, neanche in punto di morte avrei rinunciato a diventare un membro dei SEAL.

E infatti non lo feci. Passai quei mesi ad addestrarmi faticosamente, mettendo in discussione me stesso e gli obiettivi che mi ero prefissato. Ammetto che non è stato semplice arrivare fin dove sono ora. Mi avevano avvertito sull'addestramento che avrei dovuto affrontare, ma non mi sono mai lasciato intimorire dai loro racconti.

Ogni giorno all'alba, venivo buttato giù dalla branda con prepotenza, e i loro "buongiorno" erano i soliti insulti. Brian, l'istruttore, era sempre più convinto che avrei suonato la campanella che mi avrebbe riportato a casa. Ogni giorno, guardavo quella campanella, desiderando di spaccarla.

Con il passare dei giorni, l'addestramento diventava sempre più stressante. Ho visto molti dei miei compagni rinunciare, ma mi sono sempre ripromesso che non avrei mai agito come loro e che non sarei mai tornato a casa. Allenarmi con uno stronzo che si divertiva a mettermi sotto pressione solo perché provava una forte ostilità nei miei confronti non mi è stato d'aiuto, ma alla fine ho ottenuto ciò che volevo e non mi sono lasciato scoraggiare da lui.

IL BUIO IN FONDO AL CUOREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora