27 - Nick

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Qualche ora dopo, me ne sto seduto al bancone di un pub da non so quanto tempo. Intorno a me non sento più niente, l'alcol ha annebbiato ogni cosa. Sento solo il chiasso incessante dei miei pensieri. Soprattutto uno mi sta letteralmente spappolando il cervello. Da quando sono andato via da quella casa e mi sono lasciato alle spalle la mia relazione con Rachel, sto cercando un modo per presentarmi da Thaara, ma non trovo il coraggio. Con quale faccia posso presentarmi da lei. Cosa posso fare o dire per farmi perdonare da lei? Di cazzate nella mia vita ne ho fatte, ma questa è la cazzata più cazzata di tutte le cazzate.

Sono un codardo lo so, ma ho una paura tremenda che sia troppo tardi per noi. Il modo in cui ha guardato prima me, poi Rachael, mi ha spezzato il cuore.

Era distrutta.

Io l'ho distrutta.

E mi sento un mostro per questo.

Le avevo fatto una promessa e non sono stato in grado di mantenerla. Sono un fottuto stronzo che non merita una donna del genere. Lei merita un uomo con le palle, ed io comincio a pensare di non averle mai avute in amore. In guerra so battermi senza paura, ma quando si tratta d'amore, beh, in questa materia sono davvero negato e mi ritrovo a pensare di essere un uomo piccolo. E lei non merita un uomo come me.

«Che altro ti porto?» la voce suadente della barista mi riporta con i piedi per terra.

Sollevo lo sguardo dal bicchiere vuoto e lo indirizzo a lei. Questa se ne sta di fronte a me, con un'aria scocciata in attesa di una mia risposta.

«Un altro giro», dico cupo e le avvicino il bicchiere facendolo strisciare sul bancone. «Doppio...» aggiungo poi, senza neanche guardarla.

Sto una merda adesso e non posso neanche andare da Thaara ridotto in questo stato. Ho bisogno di farmi una bella dormita e di recuperare le forze. Domani a mente lucida saprò affrontare ogni cosa e prendermi le responsabilità delle mie azioni. Voglio chiederle di sposarmi, anche se ancora non ho chiuso ufficialmente con Rachael, ma se lei avrà voglia, aspetteremo e ci sposeremo. Il pensiero di averla al mio fianco come moglie mi piace.

La barista torna da me e mi riempie il bicchiere due volte guardandomi storto.

Quando sono abbastanza cotto da non reggere neanche più un goccio, lascio i soldi sul bancone e mi alzo dallo sgabello barcollando sulle mie gambe.

Merda, ho esagerato.

Raggiungo l'uscita del locale facendo una fatica immane. Sono troppo sbronzo e non posso guidare. Torno dalla barista che nel frattempo è intenta a lucidare dei bicchieri con un panno.

«Dove posso alloggiare questa notte?» le chiedo con la voce impastata.

«Qui accanto c'è un Motel, puoi andare lì se trovi una stanza vuota!» adagia il panno sulla spalla e mi fissa seria.

«Problemi d'amore?» mi chiede curiosa mentre appoggia i gomiti sul bancone.

«Problemi, troppi problemi», bofonchio rauco.

Lei borbotta qualcosa che non riesco a comprendere. Mi allontano da lei con una lentezza sorprendente per uno come me che è abituato a scattare per ogni minima cosa.

Raggiungo il Motel e mi ritrovo di fronte un tizio calvo e panciuto dietro al bancone della reception, con un giornale tra le mani.

«Una stanza», gracchio.

Questo posto ha un odore acre di vecchio, ma dovrò farmelo andare bene per questa notte, non voglio rischiare di schiantarmi contro un albero con la mia moto, proprio adesso che ho compreso cosa voglio dalla mia vita.

«Sei fortunato, mi è rimasta solo una stanza», mi informa il tipo insipido che mi sorride mostrandomi un'arcata dentale imprecisa.

«Chi cazzo viene in questo strano posto?» brontolo a voce bassa.

Lui scuote il capo come a dire 'ti ho sentito, idiota' e mi porge la chiave della stanza che in questo momento vedo doppia.

«Salga le scale», dice tornando al suo giornale.

Gliela strappo di mano e mi avvio verso le scale a chiocciola che conducono al piano di sopra. Ho un bisogno disperato di gettarmi su un letto morbido e smaltire la sbornia. Se non lo faccio subito, rischio di crollare a terra seduta stante.

Apro la porta a tentoni, dopo svariati tentativi di infilare la chiave nella serratura senza far tremare le mani. Mi lascio chiudere il battente alle spalle e getto a terra il borsone. L'odore forte e nauseante della vecchia carta da parati mi fa contorcere lo stomaco.

«Come cazzo mi sono ridotto», bofonchio gettandomi di peso sul letto matrimoniale.

E mi addormento così come sto, vestito e con indosso anche gli anfibi.

IL BUIO IN FONDO AL CUOREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora