12 - Thaara

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Me ne sto avvinghiata al suo torace, con una paura tremenda di cadere dalla sua Harley Davidson. Mi lascio solleticare lo stesso il viso dall'aria fresca che sbatte contro le mie gote. I capelli vengono sospinti all'indietro dal vento. E ho una strana leggerezza nel cuore che mi fa stare bene. Le parole di Darla però non mi danno tregua e fanno male, ma voglio allontanarle dalla mia testa. Non voglio pensare a nulla questa sera. Anche se stare in sua compagnia potrebbe diventare pericoloso, per la prima volta nella mia vita, voglio correre il rischio, ma senza far schiantare ancora una volta il mio cuore.

Osservo Nick dallo specchietto, anche se con il casco riesco a vedere ben poco di lui, il suo sorriso però, non sfugge ai miei occhi.

È compiaciuto. Spero solo di non dovermi pentire di essermi fidata di lui.

Non so nulla di Nick, e chissà, magari potrebbe essere un serial killer, uno stupratore, e io sono la vittima che si è lasciata ammaliare dai suoi occhi azzurri che sembrano sinceri, ma che in realtà potrebbero celarsi qualcosa di losco  in lui.

Che pensiero ridicolo, penso.

Non so perché, ma in lui percepisco qualcosa di buono, soprattutto nei suoi sorrisi genuini.

«Hai ancora paura?» Grida per farsi sentire, e sovrastare il rumore del motore della sua moto fiammeggiante.

«No!» trillo posando una mano sulla sua gamba, ma quando mi rendo conto del contatto troppo intimo, la ritraggo immediatamente e mi stringo di nuovo a lui.

«Dove devo andare?» Mi chiede mentre rallenta un po'.

Gli do delle indicazioni e quando riparte a razzo mi esce un gridolino dalla bocca.

Quando arriviamo alla nostra meta, Nick accosta la moto e mi aiuta a scendere, e per poco non gli cado addosso.

«Accidenti, lo sapevo che non avrei dovuto fidarmi di te!» Mi canzona e poi scoppia a ridere.

«Scemo!» Gli sbatto il casco sul torace in modo scherzoso, e lui ride ancora.

Lui ride sempre.

E mi mette una buona dose di allegria addosso.

«Dove siamo?» Mi chiede, guardandosi attorno incuriosito.

«Dobbiamo scavalcare», dico con naturalezza, e Nick mi rivolge un'occhiata a dir poco sconcertata.

«Fammi capire, questa, non è casa tua?» Indica l'abitazione che abbiamo di fronte, e no, non è la mia.

È una vecchia casa abbandonata, con mattoni marroni tutti mangiati dal tempo, il giardino sempre pieno di erbacce lunghe e secche. La porta di casa invece, ormai pende da un lato, i cardini stanno pian piano cedendo. Sono anni ormai che questa casa è in questo stato di totale abbandono. La signora che prima vi abitava, è morta, e da allora nessuno l'ha occupata. Questo posto per me è speciale, perché è come se fosse un mondo diviso in due, da una parte il verde, anche se spento, dall'altra un mare immenso che mi dà sempre una pace interiore che non troverei mai altrove.

«Hai intenzione di farmi entrare illegalmente lì dentro?»

«Oh, che parolone, non stiamo entrando illegalmente, questa casa è abbandonata da anni. E poi non dobbiamo entrare proprio dentro», puntualizzo.

«E dove dovremmo andare?»

«Tu intanto aiutami a scavalcare!» Gli faccio un cenno con il capo di aiutarmi a salire sul cancello diroccato.

«Tu sei completamente pazza!» Incrocia le dita di entrambe le mani e crea una conca che io uso per metterci un piede sopra e mi do la spinta per scavalcare.

IL BUIO IN FONDO AL CUOREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora