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La sveglia suona e nella mia testa è come se fosse appena esplosa una bomba

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La sveglia suona e nella mia testa è come se fosse appena esplosa una bomba.
Le tempie mi pulsano e quando mi porto una mano sulla fronte la sento bollente.

A fatica mi tiro giù dal letto ma appena mi metto metto in piedi sento le gambe incredibilmente deboli, per non parlare del dolore che scuote ogni osso del mio corpo.

Vado in bagno dandomi una sciacquata alla faccia ma il mio riflesso nello specchio non migliora di una virgola, il colorito verdognolo della mia pelle non è per niente invitante, ma credo che questo sia dovuto alla sbronza di ieri.

Mi lavo i denti e mi do una truccata al volo, poi mi lego i capelli in una coda alta e indosso l'uniforme.

Col passo di una lumaca passata ormai a miglior vita arrivo in cucina e Doth subito mi squadra da capo a piedi.

<<Non ti senti bene bambina?>> mi chiede mentre mi posa una mano sulla fronte, <<Non particolarmente ma niente di cui preoccuparsi>> dico prendendo un sorso della mia spremuta d'arancia.

Doth non mi dice più nulla, si allontana senza dire niente e poi si riavvicina con il termometro in mano.

Io lo prendo senza fare storie e lo metto sotto l'ascella. Prego con tutte le mie forze di non avere la febbre ma quando guardo il numerino del display che indica la mia temperatura corporea capisco che le mie preghiere sono state vane.

<<38.1>> sussurra e poi mi guarda con la testa inclinata, <<No Doth non me ne andrò a letto, oggi ho un test e non posso proprio mancare>> dico bloccando sul nascere la lavata di capo che sta per farmi, <<Ma non puoi->> inizia lei ma io la fermo mettendole le mani sulle spalle, <<Posso, non sto cosi male da dover saltare la scuola. Sai ora che facciamo? Mi prepari, per favore, una fetta biscottata con il burro e poi mi prendo una pillola salva vita, cosi mi passa tutto e tu non stai in pensiero>> dico cercando di suonare il più convinta possibile e lei dopo attimi di incertezza acconsente contrariata.

Mangio questa benedetta fetta biscottata, prendo il medicinale e poi mi affretto ad andare in macchina, altrimenti col traffico che c'è qua a New York arrivo tra sei mesi a scuola.

Mi allaccio la cintura e abbasso un po il finestrino, non mi importa se fuori ci sono sette gradi.

Sono passati appena cinque minuti da quando sono in macchina e già mi sto pentendo di essere scesa di casa, cosi come mi sto pentendo di tutte le volte che ho insultato l'universo per non aver reso ogni giorno della settimana un giorno per fare festa e bere in discoteca... cazzo ora capisco perché tecnicamente per uscire si aspetta il venerdì o il sabato.

Arrivo a scuola e sono fiera di me per non aver vomitato su tutto il sedile la spremuta d'arancia e i succhi gastrici.

A ogni passo che faccio le mie ginocchia chiedono pietà ma io non demordo e riesco ad arrivare in classe, anche se durante tutta la prima ora sto completamente distratta.

𝐂𝐨𝐥𝐥𝐢𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora