2 • La Gentilezza Rischia Di Ucciderti

359 39 15
                                    

La voce che proviene dagli altoparlanti annuncia il mio nome e io mi preparo a fare il mio ingresso, accolta da un boato che mi carica ancora di più di adrenalina

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

La voce che proviene dagli altoparlanti annuncia il mio nome e io mi preparo a fare il mio ingresso, accolta da un boato che mi carica ancora di più di adrenalina. È un rito che conosco bene questo, una serie di momenti che si susseguono sempre tutti uguali, eppure non smettono mai di farmi lo stesso effetto, e io mi ubriaco col mio familiare cocktail di tensione e frenesia.

Raggiungo il centro dell'arena, gli occhi puntati sul cerchio sospeso a un metro da terra che mi attende, e non mi soffermo neppure un istante sulla moltitudine di persone che mi fissano, che applaudono e urlano il mio nome.

Ad ogni modo, non ho nessuno da cercare tra la marea di volti sconosciuti, nessuno venuto a vedere me, nessuno da rendere fiero a parte me stessa.

Prendo un respiro profondo, allungo le braccia e con le dita afferro il cerchio. Mi isso su trovando presto il mio equilibrio, e al contempo il cerchio sale in alto.

È proprio in questo preciso momento che il frastuono sfuma in un rumore attutito di sottofondo, la platea si trasforma in un'immagine sfocata e io divento un tutt'uno con il mio strumento preferito.

Non saprei mai spiegare a parole la sensazione di staccare i piedi da terra e vivere anche solo per una manciata di minuti un po' più vicina al cielo, di lasciare laggiù tutti i problemi e volteggiare nell'aria. Ascoltare il mio corpo e non la mia mente, e far sì che mi guidi mentre lui è guidato a sua volta dalle note di una qualche vecchia canzone che non riconosco ma che faccio subito mia.

Come ogni singola volta, do il meglio che posso. Mi concedo agli occhi affamati della gente, gli permetto di rubare un pezzo della bellezza che sto generando e di assorbire un po' di magia, un po' di arte, un po' di emozioni.

Mi esibisco per venti minuti buoni, finché non sento i muscoli in fiamme e le mani deboli, infine torno con i piedi per terra e mi inchino per ogni lato della platea che si sbraccia per esprimermi tutta la sua ammirazione.

Mentirei se dicessi che queste immagini non mi danno un po' alla testa, ma è una sensazione troppo breve e fuggevole che non ha comunque niente a che vedere con l'esibizione in sé. Niente può eguagliare ciò che si prova mentre ci si esibisce.

Aspetto che l'applauso cominci a scemare, e mentre Justin prende il mio posto per annunciare la fine dello spettacolo e congedare il pubblico, io mi rifugio dietro le quinte e vado alla ricerca di una coperta con cui nascondere il mio corpo vestito con un misero e aderente body rosa pieno di lustrini. Non ho intenzione di dirigermi nell'ufficio di Mister Kelly per prendere ciò che mi spetta con così tanta pelle in mostra.

Un paio di minuti dopo busso alla sua porta, e attendo che la voce possente mi dia il permesso di entrare. Avanzo coprendomi ancora di più, perché proprio non sopporto quegli occhietti scuri che si assottigliano nello squadrarmi attraverso il fumo rilasciato dal sigaro che sta fumando.

C'è un odore che mi dà la nausea qui dentro. Detesto quella roba forte di cui va matto, che importa da chissà dove e per cui probabilmente spende la metà di quello che guadagna.

𝐅𝐚𝐭𝐞𝐝 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora