19 • Non Sei Come Loro

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Il tempo aiuta a lasciare la presa sulle cose spiacevoli che vuoi tenere lontane, oppure rafforza i sentimenti legati a quelle che continui a tenere vicino

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Il tempo aiuta a lasciare la presa sulle cose spiacevoli che vuoi tenere lontane, oppure rafforza i sentimenti legati a quelle che continui a tenere vicino.

Sono come i pensieri, le persone. Se le sfami con fette sempre più consistenti del tuo tempo, finiscono per mettere radici; se gli presti sempre meno attenzione, moriranno di fame fino a scomparire.

È qualcosa che mi ha spiegato la psicologa diversi anni fa, quando mi ostinavo a rimuginare sulle esperienze negative, e che mi è rimasta impressa.

Le persone con cui condividi momenti, pezzi di te stessa e tocchi che restano nella memoria, si insinuano sempre di più sotto alla pelle. O, talvolta, nel cuore.

La verità è che tutti possono toccarci in qualche modo, certo. Possono allungare una mano e sfiorarti una guancia, un braccio. Possono stringerci. E il nostro corpo risponderebbe di conseguenza, si scalderebbe e si sentirebbe apprezzato o confortato.

E poi possono farci sorridere, possono farci soffrire. Possono scatenarci qualsiasi emozione dentro, bella o brutta che sia.

Ma, prima o poi, arriva quel qualcuno che riesce a toccare pezzi di te senza toccarti davvero. Che riesce a farti provare sensazioni così potenti, che a parole non le puoi spiegare né agli altri né a te stessa.

Devi viverle e basta; accettarlo e basta.

Arrenderti al fatto che quel tumulto interiore significa qualcosa e quella persona che te lo provoca significa troppo

Oh, Ares. Come è successo? Come è successo che, nel giro di una manciata di mesi, tu sia passato dall'essere assolutamente niente -qualcuno di cui diffidavo, persino- ad essere il mio pensiero fisso? Il mio migliore amico, quella spalla su cui contare che non ho mai avuto la fortuna di avere, ma anche qualcos'altro a cui non so dare una definizione.

E, ancora, l'unico a cui sembri importare abbastanza della mia incolumità. Per quanto tu abbia modi bizzarri di dimostrarlo.

E, infine, l'unico che mi rende irrequieta quando i giorni si rincorrono senza che tu riesca a dedicarmi neppure cinque minuti.

Sono trascorsi cinque giorni dall'ultima volta che abbiamo passato la serata insieme.

Quando, quel tardo pomeriggio, lo osservo scivolare dentro la mia stanza attraverso la finestra, reprimo la tentazione di subissarlo di domande su dove sia stato soltanto perché la risposta è impressa proprio sulla sua faccia.

Un altro combattimento. O forse tanti altri, chi può dirlo.

Dal modo poco fluido in cui si muove, intuisco che deve essere dolorante un po' dappertutto, ma ciò che mi fa più impressione sono l'occhio nero e il labbro gonfio.

«Ehi» mi saluta guardingo, aspettandosi forse una mia qualche reazione esagerata a quella visione.

Non ho intenzione di litigare, per cui mi lascio sfuggire un sospiro e poi gli accarezzo il lato del viso messo peggio.

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