Capitolo 10: Diana

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Quando scoprii che mia madre era incinta, ammetto che rimasi abbastanza interdetta. Ovviamente, per qualsiasi famiglia quella sarebbe stata una notizia meravigliosa da festeggiare con spumante - analcolico, sia chiaro - e torte varie. Anche io avrei avuto una reazione simile, se solo mia madre non mi avesse annunciato la gravidanza neanche un'ora dopo essersi ubriacata ed aver vomitato. Seriamente, ancora oggi non trovo il minimo senso nel celebrare la futura nascita di una nuova vita ricadendo nel vizio che stava portando la madre alla morte.

Il fatto è che la gente non ha la minima idea di cosa significhi avere una madre alcolista. Ci sono i giorni buoni - e, se siamo fortunati, anche le settimane - in cui sembra si stia riprendendo e possa uscire dal tunnel una volta e per sempre, e poi ci sono i giorni non tanto buoni, in cui magari la troviamo svenuta sul pavimento o ubriaca fradicia. Il numero di questi giorni è direttamente proporzionale alla quantità d'ansia che provo in quelli seguenti. Quando ero bambina, però, la quantità d'ansia ne era di gran lunga superiore, in qualsiasi caso.

Sotto un certo punto di vista fin da piccola ero stata molto fortunata, perché quando beveva lo faceva quasi sempre da sola, e non era mai successo che avesse dato spettacolo umiliandosi davanti a tutti. Ma a sette anni come potevo essere certa che non sarebbe successo mai? E' semplice: non potevo. E quindi via con l'ansia ad ogni recita di fine anno, ad ogni manifestazione a cui partecipavamo tutte e due, ad ogni riunione scuola-famiglia o altro evento che richiedesse la sua e la mia presenza in pubblico. Quindi la verità è che sì, sono una ragazza ansiosa, ma in quale altro modo sarebbe potuta venir su la figlia di un'alcolizzata? Sotto sotto sono anche più pessimista di Lorenzo, ma lo nascondo bene.

Quello che proprio non sono mai riuscita a nascondere, però, è la mia bassa/inesistente autostima. Il fatto è che... come posso dirlo nel modo giusto? Diciamo che sono convinta sia tutta colpa mia. Papà mi ha raccontato che la mamma ha iniziato a bere quando io avevo due anni e Francesco quattro: neanche lui sa bene perché, ricorda solo che un giorno tornò a casa e la trovò mezza ubriaca con due birre in mano. "La bambina non smette di piangere", gli disse. Aveva - secondo la versione sua e di papà - provato di tutto per farmi calmare, ma evidentemente non ne volevo proprio sapere.

Da adolescente ho continuato a portarmi addosso il peso di aver rovinato la vita di mia madre - e, diciamo la verità, di tutta la famiglia - solo per essere nata. Detto così sembra una cosa bruttissima, ma col tempo ho imparato a farci l'abitudine, e forse la cosa brutta è questa.

Ora che la mamma stava per avere un bambino - sempre che la gravidanza fosse andata a buon fine, eh, considerando anche la sua età e il problemino che era tornato a galla - ero certa che la situazione non si sarebbe ripetuta: ormai aveva due figli che erano praticamente adulti, e quindi sicuramente non sarebbe stata l'unica a prendersi cura del fagotto. Io, personalmente, le avrei dato tutto l'aiuto possibile, ma non avrebbe assolutamente dovuto bere di nuovo. Era fuori discussione, e se fosse successo ancora mi sarei incazzata da morire.

Avevo pulito tutto il vomito e lavato il pavimento, poi l'avevo messa a letto perché si addormentasse e mi ero chiusa in camera. Francesco era tornato da qualche ora, e gli avevo detto solo che mamma aveva avuto qualche problema con lo stomaco. Avrei potuto scommettere che avesse capito benissimo a cosa mi riferivo, ma mi resi conto che fingere di abboccare a quella bugia era molto meglio per tutti.

Quando Roberto mi chiamò, tipo verso le ventitré e trenta, mi ero appena messa il pigiama ed ero andata a controllare la mamma. Dormiva beatamente e, guardandola sul letto, il pensiero che avrei davvero avuto un fratellino o una sorellina mi fece venire le lacrime agli occhi. Dio, avrei fatto ogni cosa in mio potere perché la creatura non avesse passato ciò che avevo passato io.

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