Capitolo 27: Roberto

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Quando entrai, la mamma di Lorenzo era da sola in casa. Di solito durante il pomeriggio schiacciava sempre un pisolino, ma io, da coglione qual ero, avevo comunque suonato al citofono dimenticandomi di quest'eventualità.

«Buonasera, Maura. Che, per caso ti ho svegliata?» le chiesi quando fui arrivato in cucina. Era seduta sul divano, con gli occhi ancora un po' rossi. Io ero rosso di rabbia, invece, perché incazzato come una bestia.

«No, macché, figurati, stavo finendo di lavare i piatti!» mi rispose tranquilla. Gettai un rapido sguardo al lavandino, in fondo alla stanza: era immacolato. Ok, l'avevo svegliata. Che cazzo di figura di merda.

«Oh, vieni di là» mi disse sbrigativamente Lorenzo. Mi congedai dalla Proiettona sorridendo in modo abbastanza imbarazzato, e poi arrivai in camera. Manco a dirlo, Lore aveva il PC aperto su nonmoriresolo, e io decisi di farmi i cazzi suoi dandoci un'occhiata.

Ally: E' presto.

Lorenzo: Secondo me no.

Ally: Pazienza.

Lorenzo: Ok.

Ally: Ok.

Ally: Oh...

Nel frattempo lui si era fiondato sulla sedia della scrivania per scusarsi del ritardo con Ally, proprio come un cagnolino. Madonna, quanto mi faceva incazzare tutta la storia.

Lorenzo: Oh, scusa, è arrivato un mio amico a casa. Ci sentiamo dopo caciotta...

Ma perché le chiedeva scusa? Le scuse le doveva lei a lui, vista tutta la situazione. Lo stava prendendo in giro, e lui neanche lo capiva. Gesù.

«Mi spieghi che cavolo è successo?» mi chiese mentre metteva in standby il pc. Si alzò dalla sedia e andò a sdraiarsi sul letto, appoggiato al muro. Attendeva spiegazioni nella solita posa in cui si metteva quando stava a letto: una posizione scomodissima e strana con tanto di pancia in giù, ma evidentemente a lui piaceva.

«Eh» esordii, mentre andavo a sedermi sulla sedia.

Che cazzo era successo? Allora... Il puttaniere riposava, e fin qui ci siamo. Aveva il telefono poggiato sul comodino, e fin qui ci siamo. Io stavo cazzeggiando in camera mia e mamma lavava i piatti, e ok. Ma poi, come avrai spiegato quello che era successo dopo? Come avrei spiegato quanto fossi stato stronzo?

Innanzitutto, c'era da dire che mio padre era un imbecille, e questo era assodato. Un uomo che vuole proteggere il proprio cellulare e mette come password 1234 meriterebbe una medaglia per il ritardo. Soprattutto se quest'uomo ha una fottuta amante, Gesù. Infatti non c'era manco stato bisogno di programmi sofisticati, per sgamargli il codice. Uno due tre quattro, io boh, ma come si fa a essere così ritardati?

Comunque, come posso spiegare la cosa? Diciamo che gli era arrivato un altro messaggio dalla topa, insomma. E diciamo che, avendo sentito la vibrazione da camera mia, ero andato a leggerlo ed era il classico "ci vediamo stasera mi raccomando non dimenticare il cazzo". Fin qui ci siamo, no?

Ora, dovrei trovare un modo per spiegare il perché della mia azione successiva. Forse stavo solo cercando di tastare il terreno, per vedere in che modo Lorenzo avrebbe reagito quando gli avessi detto di me e Michela. Forse stavo cercando di punire mio padre, perché è uno stronzo. O forse volevo fare un po' di casino. No, è la seconda e basta. Non ce la facevo più a sopportare la situazione senza far nulla per cambiarla, e quindi sì, insomma, porca puttana. Diciamo che forse avevo lasciato il cellulare aperto nella conversazione con la topona, sul comodino della camera da letto, forse ero andato a dire a mia madre che il troio la cercava, e forse mi ero nascosto mentre lei arrivava in camera da letto e iniziava a leggere le chat, visto che il telefono era pronto e sbloccato.

Ero stato uno stronzo? Sì, lo ero stato e lo riconoscevo. Ma Gesù, non me ne fregava un cazzo, lui la doveva pagare. Mia mamma non meritava una cosa così cattiva, e lui non meritava tutto l'amore che lei gli dava. Ma allora perché sono scappato e mi sono precipitato da Lorenzo? ci si sarebbe potuti chiedere. Forse perché non mi aspettavo una reazione del genere da parte di mia madre, o forse perché... no, era proprio per questo.

«E quindi mia madre è entrata in camera e ha letto tutto» continui a spiegare a Lore. Non gli confessai che era opera mia, perché mi sentivo tremendamente in colpa. Non potevo neanche mentire a me stesso dicendomi che avevo le migliori intenzioni, perché era chiaro come il sole che la storia sarebbe finita male fin dal principio, eppure avevo voluto rischiare lo stesso. Ma me ne si poteva davvero fare una colpa, se avevo scelto di smascherare il puttaniere? Ero un adolescente che scopre che il padre non è l'uomo che ha sempre creduto fosse. E, Gesù, per me era stato un cazzo di shock, è difficile pure spiegarlo a parole. Perché un uomo come lui non aveva mai fatto cose simili, era sempre stato attento, sempre innamorato. E all'improvviso bum, si scopa questa topa.

«E come ha reagito?» mi chiese Lore.

«Gli ha spaccato il telefono, cazzo, infatti lui si è svegliato per colpa del rumore» gli spiegai. «Poi ha iniziato a dirne di tutti i colori, lui si avvicinava per calmarla e lei diceva 'non toccarmi, mi fai schifo'!» aggiunsi, deglutendo.

Era stata una pessima, pessima idea fare quella cosa. Ero davvero un ragazzo di merda, allora? Ero davvero il classico adolescente stronzo che manda a puttane sia le amicizie che i rapporti con la famiglia? Io, cazzo, io non volevo esserlo. Non volevo nulla di tutto ciò che era successo negli ultimi due mesi. Non volevo avere un segreto simile con il mio migliore amico e soprattutto non volevo scoprire che mio padre si scopava un'altra. Era un po' come quando sei tutto tranquillo a nuotare a riva e poi ti accorgi che ti trovi nel bel mezzo dell'oceano e sei da solo: in parole povere, sei nella merda. Ed è una merda improvvisa, che non ti aspetti e che ti paralizza perché non sai come reagire. Non sai se nuotare velocemente per cercare di raggiungere un posto sicuro, non sai se restare dove ti trovi per non sprecare energie preziose, non sai se sperare di salvarti o accettare di stare per morire. Cioè, cazzo, non è che io stessi davvero morendo, però insomma, a parte questo la situazione era più o meno la stessa.

A volte le azioni che facciamo accecati dalla rabbia non sono azioni che di solito faremmo. E, porca puttana, quel giorno ne avevo avuto la prova.

«Berto», mi chiamò Lorenzo guardandomi negli occhi. Aveva alzato la testa e si era messo a sedere in una posizione più umana. «Dimmi la verità. La verità, però».

«Su cosa?»

«Sei stato tu a far vedere il telefono a tua madre?»

Dimmi che esistiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora