Capitolo 19: Roberto

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Il padre di Mafia di solito non veniva mai a prenderla prima. Mi sforzai, vedendola andar via alla seconda ora, di ricordare un'altra occasione in cui fosse successo, ma proprio non mi veniva in mente. Porca puttana, doveva essere successo qualcosa, e di certo noi non l'avremmo saputo prima delle 12.30.

«Che cazzo è successo secondo te?» chiesi a Lorenzo. Il prof stava interrogando, e poi era pure mezzo sordo, quindi potevamo parlare tranquillamente.

«Berto, sua madre...» mi spiegò. Ci avevo pensato anch'io, ma speravo davvero fosse un'altra cosa.

«Dev'essere per forza quello?»

«Non lo so, figa, spero di no».

Melissa, la pazza che però era fottutamente bella e intrigante, era rimasta abbastanza impassibile alla notizia. Cioè, non si era manco girata per chiederci spiegazioni.

«Mandale un messaggio, cazzo» dissi a Lorenzo. Tanto lui e il suo cellulare erano la coppia più bella del mondo.

«No...»

«Perché no? Che cazzo!»

«Ho detto no, Berto».

«Sei coglione?» sbottai, «mi fai incazzare, non vuoi sapere che cazzo è successo?»

«No che non lo voglio sapere. Ti rendi conto che se è qualcosa che riguarda sua madre - e non voglio nemmeno provare a pensare a cosa - per lei sarà un colpo pesantissimo?»

Aveva assolutamente ragione, ma il suo discorso non aveva senso. E che cazzo, non è che se eviti di parlarne o fai finta di non vederlo, allora il problema sparisce. Un po' come mio padre e la tipa bionda. Un po' come me e Michela. Un po' come me e Lorenzo.

«Lorenzo,» risposi, con una calma abbastanza straordinaria, «io e te siamo le uniche persone che ha. Se non le stiamo vicini noi, mi spieghi chi cazzo lo farà?»

Sentii una piccola vibrazione: era il telefono di Lorenzo. Lo aprì e, quando lesse il messaggio che gli era arrivato, sorrise e poggiò il cellulare sul banco affinché lo leggessi anch'io.

Ally: Mi manchi un po'.

Ma chi cazzo era, questa tizia? Prendersi una cotta per un probabile pedofilo ultracinquantenne era una cosa tipica di un ragazzo ingenuo come Lorenzo, e proprio per quello i suoi migliori amici dovevano farlo ragionare. Però che motivazioni potevo addurre? Cioè, non è che lei gli avesse proposto di incontrarsi o gli avesse chiesto di inviargli foto pornografiche. Oddio, magari gliele aveva pure chieste e lui non me l'aveva detto, ma per quanto ne sapevo le loro conversazioni si erano limitate a messaggi normali su nonmoriresolo. Se conoscevo davvero il mio migliore amico, però, nel giro di giorni l'interesse per Ally sarebbe diventato così forte da spingerlo a fare vere e proprie pazzie, pur di sapere chi fosse. Ma in quel caso l'avrei preso a sberle per farlo ragionare.

«Addirittura? E che cazzo, da quant'è che non vi sentivate?» chiesi.

«Ieri sera, quando me ne sono andato a dormire le ho dato la buonanotte e poi stamattina aspettavo il buongiorno».

«La buonanotte e il buongiorno? Sarebbe pure romantico, oh, se solo non vi conosceste da mezz'ora» dissi, «e se solo avessimo la certezza che questa non sia un questo abbastanza arrapato».

«Ma che mi frega, Berto?» mi rispose lui. «Mica me la devo sposare. Cioè, è una tipa interessante, ma non è che la amo. Già lo sai come la penso su questo».

«Eh» dissi, e fui tentato di chiedergli come stesse andando con Michela, ma poi tornai a pensare a Mafia. «Oh, stiamo cambiando discorso. Lo mandi 'sto messaggio a Mafia, sì o no?»

Lui sospirò e prese in mano il cellulare. «Che devo scrivere?»

«E che cazzo ne so io, domanda come sta, che è successo, di' che dopo passiamo da lei».

«Ah, vieni anche tu?»

«E certo che sì, oh,» gli dissi, «è pur sempre di Mafia che stiamo parlando».

Lui sorrise e si fermò per qualche istante. «Stareste troppo bene insieme, voi due».

Assolutamente, se solo lei un paio di anni fa non mi avesse friendzonato a sangue, e se solo io non avessi scopato con Michela e non fossi innamorato di lei.

«E come no, oh» gli dissi, e per un po' la conversazione cadde sotto il peso dei pensieri di entrambi. Dopo qualche secondo fu io a ritornare al punto centrale della questione. «Ooh,» urlai, «messaggio!»

Faceva assolutamente schifo mandare a quella che praticamente era nostra sorella un semplice messaggio di testo, come fossimo stati semplici compagni di classe che volevano farle gli auguri di Natale. In dieci minuti raggiungemmo un accordo e, prima di inviare, rileggemmo.

Nuovo SMS: Lo so che in questo momento avrai cose più importanti a cui pensare, però io e Berto siamo in classe e non riusciamo a tranquillizzarci. Se e quando avrai un secondo libero, ci mandi un messaggio per farci stare un attimo tranquilli?

«No,» Lorenzo interruppe, «non va bene. Abbiamo ripetuto due volte "tranquilli"». Cambiammo.

Nuovo SMS: Se e quando avrai un secondo libero, ci mandi un messaggio in modo che capiamo che va tutto bene? Comunque dopo la scuola passiamo da te, eh, niente storie. Ti vogliamo bene Di', dài che andrà tutto bene.

Non sapevo che "dài" volesse l'accento. Annuimmo guardandoci negli occhi e lui inviò.

«E ora?» dissi io. Nel frattempo Luciana era stata mandata a posto con un bel sette. Cioè, per lei era brutto, ma comunque.

«Eh, e ora aspettiamo che ci risponda».

«Ragazzi». Melissa si girò rivolgendoci la parola - miracolo! - e io e Lore ci rendemmo conto che aveva ascoltato tutti i nostri sproloqui fin da quando Mafia era andata via.

«Ohi, Meli, che c'è?» disse lui. Aveva un tono particolarmente calmo, quando parlava con lei.

«Dopo andate a casa di Mafia?» chiese con tutta la naturalezza del mondo, un po' come se quello fosse stato proprio il suo nome.

Io e Lorenzo soffocammo una risata guardandoci per un istante. «Sì,» risposi, «perché?». Di solito a domande del genere rispondevo vuoi venire anche te?, ma con quella ragazza era meglio non forzare troppo la mano.

«Vengo anch'io» disse, e si girò senza neanche lasciarci il tempo di assentire. Dio, che tosta.

«Va bene, come vuoi tu» rispose, al vento, Lorenzo. Nel frattempo aveva di nuovo il cellulare in mano e stava scrivendo qualcosa. Sbirciai.

Lorenzo: Ho visto. Se ti fossi mancato mi avresti scritto il buongiorno, eh. Buongiorno a te, comunque.

Anche Melissa la Pazza armeggiava col cellulare. Possibile fosse lei Ally? In effetti... no, non poteva essere, inutile anche pensarlo.

Ally: Buongiorno, caciotto.

Scoppiai a ridere così rumorosamente che il professore minacciò di mettermi una nota. Caciotto? C-a-c-i-o-t-t-o? Cioè, come il formaggio? Ero rosso in viso e a stento riuscivo a respirare. Lui mi guardò e, quando si fu reso conto che il motivo delle mie risa erano i suoi messaggi, fece un'espressione arrabbiata.

«Oh, ma che cazzo c'hai?» chiese.

Io risi di nuovo e, tentando di calmarmi, parlai. «Ma che cazzo significa caciotto? Ma questa è fuori, figa!». Mi sentii in colpa per essermi dimenticato di Mafia e per aver riso come se non stesse succedendo niente.

«E' perché suo padre lavora in un caseificio e lei ama i formaggi», mi spiegò.

«E che cazzo c'entra?» Risi ancora. «Allora mio padre lavora alla Durex e io inizio a chiamare tutti i miei amici profilattico? Gesù, Lore».

Anche Melissa stava ridendo un po', e, tornando a pensare alla cosa folle di prima, mi chiesi se non lo stesse facendo perché il soprannome che lei aveva scelto per Lorenzo era troppo divertente.

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