Quando ti innamori c'è sempre uno schema che si ripete.
All'inizio non te ne rendi conto, pensi solo che stare in compagnia di quella persona ti faccia star bene, ti faccia sorridere. Cerchi di passare con lei ogni momento disponibile, perché è come se fosse la ragione del tuo sorriso. Trascorrete momenti bellissimi, insieme. Vi divertite, siete affiatati. Poi, ad un certo punto, capisci che il sentimento che senti ora è diverso da quello che provi per un normale amico: capisci che ti sei preso una cotta.
E poi la cosa va avanti - o perlomeno dovrebbe - e dopo un po' capisci che la cotta in realtà è vero e proprio amore. E quindi via con le notti insonni, via ai film mentali su voi due insieme, su baci e abbracci, via al tentare di captare possibili segnali, possibili sguardi che potrebbero far ben sperare. E, checché se ne dica, ti rendi conto che essere innamorati è bellissimo, in fin dei conti.
Ed è bellissimo davvero, tranne quando non hai la più pallida idea di chi sia la persona che ami.
Conoscevo Ally da una decina di giorni, ormai. Parlavamo praticamente sempre, non appena uno dei due aveva un minuto libero - il che solitamente capitava al pomeriggio. In effetti i nostri orari erano più o meno gli stessi: quando io ero in classe, durante la mattina, raramente rispondeva ai miei messaggi, e quindi cominciai a pensare che fosse anche lei una liceale. Insomma, era una liceale o un'adulta che passava le mattinate a lavorare. O un'anziana che al mattino dormiva. O una bambina che... no, non poteva essere una bambina. Era sicuramente una liceale.
Mi sentivo un idiota. Mi sentivo il ragazzo più stupido sulla faccia della terra. Tornavo a casa e aspettavo solo che mi rispondesse, studiavo inglese e nello stesso momento pensavo a lei. Non saprei dire, ancora oggi, cosa mi abbia attirato così tanto, in quella ragazza con la foto profilo di un'attrice famosa. Forse era il modo in cui si rivolgeva a me, le cose che mi diceva. Forse era il suo atteggiamento, quell'ala di mistero che mi intrigava. O forse, più probabilmente, era il sentire di essere realmente importante per qualcuno.
Confrontare Michela e Ally era una cosa che mi veniva naturale: in fondo la prima diceva di amarmi, ma era andata in vacanza e dopo pochi giorni mi aveva tradito, mentre la seconda voleva conoscermi così disperatamente che aveva creato un profilo falso solo per me. Perché sì, era la verità, il profilo era falso: non c'erano informazioni su di lei, era un fake. Quello che nessuno sembrava capire, però, era che Ally esisteva davvero. Non era un robot, quello che rispondeva ai miei messaggi. Non era un computer, quello che mi diceva che ero bellissimo, che mi diceva che di ragazzi come me non ne facevano più. E non ero innamorato di un computer, io. Cioè, oddio, non ero innamorato e basta, ma forse avevo sul serio una cotta. Forse avevo una cotta per quelle parole, per tutto ciò che Ally trasmetteva.
Ally: Vuoi incontrarmi?
Erano i primi giorni d'ottobre: le giornate iniziavano a diventare più corte, i compiti a casa più lunghi e i suoi messaggi più sdolcinati.
Lorenzo: Anche oggi stesso, guarda.
Ally: Ahah, eh.
Lorenzo: Cosa?
Ally: Niente.
Lorenzo: ...
Lorenzo: Tu vuoi incontrarmi?
Ally: Certo che lo voglio, caciotto.
Lorenzo: E allora incontriamoci.
Ally: No.
Lorenzo: Ma perché no?
Ally: E' presto.
Lorenzo: Presto cosa? Sono quasi due settimane.
Ally: Appunto.
Ally: E' presto.
Lorenzo: Secondo me no.
Ally: Pazienza.
"Pazienza" me l'aveva detto anche Michela durante quel giorno d'agosto, quando le scrissi che non sarebbe mai dovuta andare a letto con un altro. Era un déjà-vu, era come parlare di nuovo con lei.
«Lore?» mi chiamò la mamma. Era sulla soglia della porta, gli occhi ancora arrossati dal sonnellino che qualcuno aveva interrotto.
«Che c'è?»
«Al citofono, è Berto».
Mh, pensai, strano che Roberto sia venuto qui senza avvisare. Prima di incamminarmi, per andare a rispondergli, toccai il tasto di stand-by del mio cellulare, che non prendevo da quando ero tornato a casa da scuola. I messaggi erano ordinati dal più al meno recente.
1 messaggio da Roberto: Sto venendo lo stesso.
1 chiamata persa: Berto
1 messaggio da Roberto: Ma dove porca puttana stai? Rispondi cazzo
1 messaggio da Roberto: Dio cane.
1 messaggio da Roberto: Non farmi bestemmiare
1 messaggio da Roberto: Dio
1 messaggio da Di': Che cazzo ha Berto? Non mi risponde in chat
1 chiamata persa: Berto
1 messaggio da Roberto: Porca puttana.
1 messaggio da Roberto: Lore, e che cazzo...
1 messaggio da Roberto: Ma dove sei?
1 chiamata persa: Berto
1 messaggio da Roberto: Oh...
1 messaggio da Roberto: Lore?
1 messaggio da Roberto: Oh, Lore, posso venire a casa tua, per favore?
Il cuore iniziò a battermi come un tamburo. Che poteva essere successo? Senza rendermene conto ero già al citofono.
«Berto?»
«Allora sei vivo, porca puttana».
La sua voce era tremolante, fin troppo. Premetti il pulsante per aprire il cancello d'ingresso, poi corsi alla porta di casa e scesi le scale, in modo da incrociarlo mentre saliva. Dopo dieci secondi era davanti a me, pallido come un cadavere e sudato per la corsa fatta. Dalla tasca notai un pacchetto di Marlboro Rosse che spuntava. Puzzava di fumo, in effetti. Dalle cuffie si sentiva il "rumore" di And The Snakes Start to Sing: quando Berto ascoltava i BMTH voleva dire che c'era qualcosa che non andava. E quel pomeriggio c'era davvero qualcosa che non andava.
«Figa, allora sei vivo veramente» disse di nuovo.
«Ma che cazzo è successo, Berto? Quanto sei sudato...»
«Grazie al cazzo, ho fatto una corsa di Cristo per arrivare qui».
«Ma mi spieghi o no che è successo?»
Si tolse le cuffie e mise in pausa la canzone. Mi guardò.
«Ha scoperto tutto, Lore».
«Ma chi? Che cosa?»
Ero confuso.
«Mia madre, che cazzo. Ha scoperto della zoccola bionda».
«Ma cazzo...»
Lo guardai. Aveva la faccia da uomo fatto e finito, lineamenti ben disegnati e capelli castani un po' ondulati. Era un bel ragazzo, riceveva continuamente complimenti su complimenti per gli occhi verdi che sembravano smeraldi. Era intelligente, era simpatico, era un ottimo amico. Era l'esatto posto di me, adesso che ci pensavo. Io ero un idiota, ero un pessimo amico. L'avevo lasciato da solo per ore nel momento del bisogno per stare al computer a parlare con una ragazza immaginaria. E il motivo non era solo quello: ero un pessimo amico anche perché il mio primo pensiero, quando mi raccontò ciò che era successo, fu che non avrei potuto parlare con Ally per un po' di ore.
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Dimmi che esisti
Teen FictionCosa succede quando non sai di chi sei innamorato? La storia di Lorenzo si intreccia a quella dei suoi migliori amici, Diana e Roberto, alla spasmodica ricerca di se stessi durante l'ultimo anno di liceo, impegnati tutti e tre a risolvere un mistero...