Capitolo 12: Roberto

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Quella mattina mi ero svegliato con delle vibrazioni positive. Avrei confessato tutto a Lorenzo, avrei preso Michela all'improvviso e le avrei ficcato la lingua in gola, e magari sarei anche riuscito a far fidanzare lui e Mafia.

Arrivato a scuola, lei era lì seduta da sola a fissare il vuoto. Gli altri parlavano tutti di quel sito di incontri al quale mi ero iscritto la sera precedente. Sì, insomma, quel sito del cazzo che mi aveva fatto pure allargare il raggio d'azione fino a 50 km. Appena mi vide, mormorò un "ciao" senza neanche alzare lo sguardo, e io arrivai da dietro e la abbracciai. Beh, "arrivai da dietro" nel senso buono del termine, eh. Per carità.

Mi parlò, lei, di tutta la merda che era successa il giorno prima: la madre svenuta, il fratellino, il sentirsi poco desiderata. Quando sento che Mafia sta male è come se mi si creasse un buco nel petto, perché, cazzo, è pur sempre Mafia. E' la mia Mafia, la mia sorellina, la conosco da quattro anni ed è una delle persone più importanti per me. Lo so che non sembro un tipo così sentimentale, ma in realtà ho tanti assi nascosti, nella manica che indosso.

Volevo parlarle anche del fatto che mio padre cornificasse mia madre peggio di una delle renne di Babbo Natale, ma quello non era proprio il momento adatto, insomma. Stava male, e così per cinque minuti mi feci raccontare tutto, le dimostrai supporto, la abbracciai. Oh, se avessi potuto fare anche una sola cosa per far stare meglio Mafia, di sicuro l'avrei fatta.

Quando Lorenzo arrivò, lei stava finendo di raccontarmi di come l'aveva messa a letto dopo averle fatto passare la sbronza. Appena lo vidi, sentii letteralmente di essere diventato di ghiaccio. Cazzo, ci rendiamo conto di quello che avevo fatto? Praticamente ero mio padre in miniatura, e la cosa mi faceva venire da vomitare. Avrei dovuto dirglielo, sicuramente, ma io... non ci riuscivo, porca puttana. Proprio non ci riuscivo.

In ogni caso, lui e Mafia parlarono per qualche minuto, e lei gli raccontò ciò che aveva già detto a me. Poi il prof Assi entrò in aula, e il secondo giorno del quinto anno prese ufficialmente il via. Nel frattempo io non avevo più detto una sola parola da quando Lorenzo era entrato, tanto che, una volta seduto, mi chiamò dandomi due colpetti sulle spalle. "Sono un coglione e dovresti picchiarmi", gli avrei voluto dire, invece mi limitai a guardare il suo sorriso che, col tempo, avevo capito significasse "oh, potevi pure salutarmi, eh". Certo che potevo, porca puttana, potevo benissimo. Ma potevo anche tenermi il cazzo nei pantaloni, quella notte. Potevo tenermi le bottiglie di birra in frigo, la sera precedente. Potevo dire a mia madre che mio padre era un traditore e avrebbe dovuto mandarlo a cagare il prima possibile. Potevo fare davvero tante, tante cose, ma ero talmente codardo da rimandarle tutte a tempi migliori.

Il professore ci disse che anche quell'anno avremmo dedicato alcune ore a parlare di noi e dei nostri problemi - come fossimo tutti dei fottuti depressi che avevano bisogno di aiuto - e l'idea mi fece incazzare esattamente come gli anni precedenti. Ma quale adolescente sano di mente avrebbe mai confessato liberamente i cazzi che aveva per la testa davanti ad un prof e altri venti alunni? Nessuno, ovviamente, ma c'era da dire che in quella classe c'erano dei pazzi: Beatriz la rompicoglioni con lei e quella Spagna del cazzo, Domenico il depresso per via di quei suoi genitori del cazzo, Stefania depressa per via di quella Michela del... beh, Stefania depressa per via di Michela, punto.

Volevo uscire dall'aula, ma mi rendevo anche conto che la lezione fosse iniziata da pochi minuti. Tentai di calmarmi e stare buono, quando il telefono mi vibrò in tasca. Ma chi cazzo è che rompe i coglioni a quest'ora pensai, e poi mi appuntai mentalmente di provare a bere una tisana calmante prima di affrontare le giornate.

Fu un caso, quindi, che la mia alzata di mano coincidesse con la domanda del prof su cosa avessimo da dire. Realizzai il tempismo solo quando vidi Mafia e Lorenzo abbastanza sconvolti.

«Biggiani, prego», disse il prof.

«Posso andare in bagno?»

La classe scoppiò a ridere. «Cazzo vi ridete, stronzi» li provocai. Ovviamente scherzavo, e loro lo sapevano: con ragazzi sconosciuti non mi sarei permesso di utilizzare certi termini. Al massimo uno "stronzi" e basta, senza tutto il resto.

«Biggiani, non ti smentisci mai», disse il prof Assi ignorando volontariamente l'imprecazione. «Sai che la lezione è iniziata da sette minuti?»

«Eh, prof, che ci posso fare se devo andare in bagno, dai» insistetti.

«Ma, Biggiani, i bagni sono chiusi a quest'ora, sbaglio o aprono alle dieci?» rispose lui.

«Figa, chissenefrega, sempre la trovo una pianta in cui pisciare, no?» dissi, e poi gli rivolsi un sorriso beffardo.

La classe rise di nuovo, e io mi resi conto di stare esagerando. Non potevo farci nulla, quando iniziavo a dare spettacolo non riuscivo mai a fermarmi. Ero una fottuta star. Lo psicologo - cioè, il professore - mi guardò contrariato.

«Vai, vai, va' a farti una passeggiata, Biggiani», disse, e subito mi alzai per uscire trionfante.

Avevo un bel rapporto praticamente con tutti, all'interno della scuola. Cioè, dai, alcuni bidelli mi avevano conosciuto quando ero ancora un bimbo in preda agli ormoni e senza neanche i baffetti, e ora invece mi vedevano diventare uomo. E che uomo!

Mi ricordai, dopo aver fatto qualche passo, di aver ricevuto un messaggio, così aprii il cellulare e lessi il nome sul display.

1 messaggio da Michela: Oh, scusa per ieri, nn ce l'ho con te, assolutamente, anzi grazie per aver sopportato miei scleri, sei un'amico!

Ma quanto cazzo era dolce? E quanto era bella? E quanto era porca? Tanto, tanto e... tanto. Però era anche sgrammaticata, e la voglia di mandarle un messaggio solo per correggerle l'apostrofo di "un amico" fu tanta, ma poi mi trattenni rendendomi conto che in caso Lorenzo avesse dato la sua benedizione, una correzione simile avrebbe anche potuto far in modo che rimanessi single lo stesso. Ed era meglio evitare, perché, in fin dei conti, la scala delle priorità era: 1) Mamma, 2) Lorenzo e Mafia, 3) Michela, 4) Il tipo che conduceva Il Boss delle Torte... 28) La grammatica corretta... 50) Papà. Ovviamente, quindi, rispetto alla porca un accento sbagliato non contava poi così tanto.

Non volendo ancora tornare in classe, aprii l'app di nonmoriresolo e feci un rapido giro sul supermercato/bacheca. Che cazzo era successo? Facce nuove, grafica nuova, tutto nuovo. E sì, c'erano anche delle tope nuove. Feci un rapido zapping, scrollando sempre il dito da destra verso sinistra per visualizzare nuove foto. Quando trovavi una foto che attirava la tua attenzione, bastava cliccarci su e leggere il profilo della persona. Fu un po' una sorpresa, per me, quando fra le foto notai un volto che non mi era nuovo. Decisi di cliccare sul profilo e, cazzo, porca puttana, era proprio Michela.

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