15. Fratelli

71 10 8
                                    

A pelle si sentono cose a cui

le parole non sanno dare un nome.

Alda Marini

James

Ho sempre odiato ricordare, permettere al mio animo di far riemergere il mio dolore; non so liberarmi dei frammenti di una vita passata incastrati nella mia testa. Se ci provassi, significherebbe tornare a rivivere un incubo.

Rimembrare i suoi occhi, il suo modo di proteggermi ed esserci quando mio padre mi picchiava con la cintura perché mi comportavo male, rende ogni ricordo difficile da mandare giù. Lo percepisco come un veleno che mi corrode lentamente e, anche se passeranno decenni, non riuscirò mai a lasciarlo andare.

Non posso farlo, non posso permettermi di perdere l'unico amore che ho davvero conosciuto: quello di mio fratello Dean. Ero piccolo, probabilmente non capivo fino in fondo ciò che ci legava. Ma sapevo che era sempre pronto a tirarmi fuori da ogni situazione. Anche a costo di bruciarsi, Dean correva verso di me. Quando piangevo, la sua mano era pronta a togliermi le lacrime e sapeva restituirmi il sorriso con una tale semplicità che non ho mai capito come fosse possibile.

Non ho vissuto un'infanzia che meriti di essere ricordata, la mia famiglia è sempre stata complicata: avevo una madre assente, lavorava per tante ore essendo un neurochirurgo mentre mio padre, anche se dirigeva l'ospedale, capitava di cenare spesso insieme. Voleva il silenzio più assoluto, non mi permetteva neanche di vedere la televisione: la definiva un oggetto capace di bruciare i neuroni. All'età di dieci anni io non sapevo nemmeno cosa fossero i neuroni.

Da quando mio fratello non c'era più e, nella nostra famiglia era entrato Christian, mi giudicava di più: lui era il figlio perfetto, io ero viziato, irrequieto e non stavo mai al mio posto. Mi imponeva mille regole da rispettare, dovevo sbrigarmi a crescere altrimenti sarei diventato uno sfaticato, una persona che non sapeva stare al mondo.

Quel bastardo, però, non faceva capire nulla a Chris, gli chiedeva con gentilezza di andare nella sua camera a studiare perchè doveva parlare con me. Lui obbediva senza mai porsi domande fuori luogo, chi poteva biasimarlo, l'avevo strappato da un mondo crudele. Sono stato un incosciente, la mia vita era una merda. Dal giorno in cui ha messo piede in casa mia, dopo l'adozione, ho giurato a me stesso di proteggere il mio fratellino. Quando rimanevo solo con mio padre, mi portava nel capanno in cui i giardinieri tenevano le loro macchine per la cura del prato e chiudeva a chiave.

‹‹Cosa hai combinato oggi?››

‹‹Niente, papà.›› Dicevo sempre terrorizzato.

‹‹Bugiardo, hai risposto male a un insegnante. Ti ho sempre detto di non comportarti come un bambino.››

‹‹Ma io sono un bambino.›› Cercavo di giustificarmi con le lacrime agli occhi.

‹‹Non puoi permetterti di esserlo.›› Scoppiai a piangere. ‹‹La tua negligenza ha portato la morte di Dean, ricordatelo se non vuoi che succeda anche a Christian. I mostri là fuori sono reali, non sono pupazzi, è gente malvagia. Devi diventare un uomo, James.›› Sfilò la cintura e cominciò ad avvicinarsi a me. ‹‹Abbassa i pantaloni, devi capire che gli errori possono essere fatali, è per il tuo bene.››

Così quella cintura è diventata il mio pane quotidiano, cercavo di ascoltarlo, di provare a essere obbediente ma finivo per trasgredire sempre. Il lividi sul mio sedere non smettevano mai di essere viola, fino a quando un giorno, all'età di sedici anni, ho messo fine a tutto. Dentro di me è scattato qualcosa, una rabbia incontrollabile che mi ha permesso di afferrare la cintura di mio padre durante una delle sue punizioni e avvolgerla intorno al collo.

Dark LiesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora