18. Catene

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Non si risenta la gente per bene

se non mi adatto a portar le catene.

Fabrizio De André

James

Ottobre 2019

Quella pelle setosa, avvolta da brividi in ogni sua singola cellula, mi manda in estasi. Percepisco il suo profumo all'essenza di muschio selvatico che si irradia dalle mie narici; la delicatezza con cui si insinua tra le lenzuola del mio letto muovendo le gambe, solleva ogni mio pensiero verso un'unica direzione: assaporare tutto di lei fino a strapparle il respiro affinché possa donarle il mio.

Con la lingua gioco lungo il suo esile corpo, dotato di forme delicate, mai sproporzionate. Sembra un angelo caduto dal cielo, così pura e ingenua; mi sembra di macchiarla con la mia anima nera che continua a scalpitare per sfogare il peggio di sé.

Mi sussurra azioni peccaminose: "falla cedere... spingila verso di te... usala... divertiti... portala al limite... godi come un animale. Questa è la tua natura, non serve a niente fingere di giocare con un fragile bocciolo di rosa. Quella è sporca come te."

Fanculo, bastardo.

Non permetterò a nessuna squallida e insignificante creatura di comandarmi. Eppure vorrei scoparla come non ho mai fatto in vita mia. Mi piace cacciare le prede, rincorrerle in un campo dove sono io il dominatore e, dopo una corsa infinita, distruggerle con mille punizioni.

Non posso, la giovane fanciulla è diversa. Deve sparire dalla mia mente, vedo sorgere all'orizzonte delle catene, mi toglieranno la facoltà di avere il controllo di me stesso. Abbasso lo sguardo e lei si trova sotto di me, ha il suo favoloso culetto in bella mostra. Lo afferro con la mano destra e stringo forte, le unghie penetrano nella carne mentre sento i suoi gemiti di piacere.

I suoi morbidi capelli che le cadono sulla spalla, sono come onde che si infrangono lungo la battigia. Ruota leggermente la testa nella mia direzione mostrando le gote arrossate, quel delizioso colore è invitante; mi allungo in avanti e, con la mano libera, aggancio i boccoli. Percepisco dei rumori provenire dalla sua boccuccia.

Sei peccaminosa, ragazzina.

La desidero, maledizione. Sento l'esigenza di osservare i nostri corpi che si muovono all'unisono; fotografare nei ricordi della mia mente quell'attimo di assoluta complicità.

Spalanco gli occhi e quell'immagine sparisce dalla mia vista, viene sostituita dal bianco del soffitto. Il cuore scalpita nel torace, respiro con un ritmo accelerato e inizio a imprecare su quanto io sia stato un maledetto idiota a spingermi così oltre.

Quella ragazzina è vergine, non sono io a doverla privare di qualcosa di così prezioso; non sono tagliato per le relazioni, non riuscirei a far funzionare nessun tipo di rapporto sentimentale. Una volta varcato quel confine, si illudono di aver raggiunto quel muscolo atrofizzato che si trova nel torace.

Stupido, James. Uomo in piena crisi adolescenziale.

Devo far svanire la nostra strana complicità e conosco un solo modo: deve odiarmi. Non sarà difficile, sono abituato a prendere schiaffi in faccia quando scarico una donna. Allungo le braccia per stiracchiare i muscoli, dalla mia bocca esce un enorme sbadiglio. Rivolgo lo sguardo verso i miei piedi, mi accorgo che il lenzuolo in corrispondenza del mio bacino è sollevato.

Lo afferro con le mani e lo sollevo, inevitabilmente sorrido; il mio cardellino è sveglio. Anche lui deve essere rimasto affascinato da quel sogno. E come posso biasimarlo, volare e poggiarsi su quel fiore delicato è qualcosa che attrae anche lui.

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