21. La debolezza non mi è concessa

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Distruggimi, gioca con la mia anima

ma non sbagliare la  mira.

Se sopravvivo, sarà la tua fine.

Jade F. 

James

Gennaio 2009

Caro diario,

anzi, stupidissimo pezzo di carta. Non so perchè io perda tempo a scrivere solo stronzate. Tutti mi dicono che devo lasciar fluire le mie emozioni, io so solo che desidero spaccare tutto ciò che si presenti davanti a me. Quel genio di Smith non si arrende mai, crede che insieme a quell'idiota di mio padre, possano farmi diventare "normale". Nessuno capisce come mi sento, soprattutto coloro che pensano che dettare legge su di me, mi possano far guarire. Da bambino ho sempre cercato di spiegare ciò che provavo quando ho visto la bara di Dean. Volevo solo trovare del conforto in mio padre ma...

Resto fermo con la penna in mano e, infastidito, accartoccio il foglio e lo getto per terra. Chiudo gli occhi e poggio la testa sullo schienale della poltrona. Sospiro mentre nell'ombra compaiono gli occhi di mio fratello. Sono tanti anni che tento di scacciare dalla mente il suo viso ma non ci riesco. Stringo le mani chiudendole a pugno. Ruoto la testa facendo scricchiolare il collo. 

Odo dei passi avvicinarsi, ruoto il capo e sollevo le palpebre. Mi accorgo che è arrivato Christian. Si abbassa e prende il foglio che ho lanciato prima. Si solleva e si accomoda accanto a me. 

‹‹James...›› solleva il pezzo di carta. ‹‹Parliamone.››

‹‹Chris, non ho voglia.››

‹‹Non ci stai nemmeno provando.›› Sospira. ‹‹Io ho bisogno di sapere che tu stia bene.››

‹‹Sto bene.››

Abbassa lo sguardo e resta in silenzio. Mi rendo conto che qualcosa lo preoccupa. ‹‹Piuttosto tu dovresti sputare il rospo.››

Alzo la testa, i suoi occhi sono lucidi. ‹‹Si tratta di Evelyn.››

Mi sollevo restando seduto. ‹‹Ti ascolto.››

‹‹Le ho parlato ieri, ho sbagliato a dirle che mi sono innamorato.››

‹‹Ti ha rifiutato?››

‹‹No.››

‹‹E qual è il problema?››

‹‹Questo è il punto, non lo so. Lei non mi parla. Non mi dice cosa le passa per la testa, sento che si sta allontanando. Forse ho sbagliato a confessarle i miei sentimenti.››

‹‹Sbagliato? Forse devo dirle due paroline.››

‹‹Preferisco che sia un problema mio. Promettimi che non farai nulla.››

La sua richiesta è quasi una supplica, così per evitare che lo amareggi ancora di più, annuisco. Mi saluta e si dirige verso le scale. Sento dei rumori provenire dal portone principale, con la coda dell'occhio vedo mio padre. 

Cazzo, non ho voglia di incontrarlo. Sono certo che, non appena si accorgerà di me, inizierà a criticare qualcosa, anche il semplice fatto di come sono seduto. Fra mezz'ora ho l'incontro con lo psicologo, meglio perdere del tempo con lui. Fuggo via dalla cucina uscendo dalla porta sul retro. Farò una passeggiata, tanto lo studio del medico non è lontano. 

Lungo la strada inizio a osservarmi intorno e, in lontananza, scruto una bella ragazza con un caschetto nero. Il modo con cui è vestita è molto sexy, indossa una tuta aderente, quelle che si usano in palestra. Il solo pensiero di avere quel corpo sotto le mani, mi fa un certo effetto. Lei si accorge che la sto fissando e, infastidita, mi alza il dito medio. 

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