9 (Angela)

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Ogni martedì, mentre Marco, Thomas e George erano in trasferta ad Oslo, io, Lisa e Jenny uscivamo la sera. Lisa conosceva quasi tutti i locali trendy della città. Nonostante la noia delle giornate trascorse sola senza nulla da fare non fosse sparita, quest'appuntamento bisettimanale lo attendevo con trepidazione, e l'attesa contribuiva a farmi vivere il resto del tempo in modo più leggero. Non vivevo più male neppure il momento in cui Marco partiva per Oslo perché sapevo che coincideva con le nostre serate libere. Non che facessimo nulla di particolare. La maggior parte delle volte ci limitavamo a bere un paio di birre, ascoltare qualche canzone del gruppo musicale che si esibiva, e poi rientravamo a casa. Capitava a volte di incontrare qualche amica, amico o conoscente di Lisa, e passare del tempo a parlare con loro. Insomma, non era nulla di trascendentale, ma bastava a farmi sentire viva almeno per una sera.

Con il passare delle settimane, Jenny si fece sempre più intraprendente. Io uscivo sempre vestita adeguatamente per il clima invernale di Stoccolma, con pantaloni caldi e abiti pesanti, mentre Jenny non sembrava curarsi del freddo ed era solita indossare minigonne vertiginose. Essendo inglese, forse sopportava il freddo meglio di me. Tuttavia, il suo atteggiamento verso gli altri frequentatori del locale, soprattutto gli uomini, era mutato rispetto alle prime volte; sembrava essere alla ricerca di un'avventura.

Una sera di fine dicembre, eravamo uscite come al solito, ogni due martedì. Lisa ci portò in un locale in cui non eravamo mai state prima.

«È un locale da rimorchio» disse Lisa quando varcammo la porta di ingresso per entrare. La guardai perplessa. «Solo per valutare il nostro residuo sex appeal» continuò sorridendo, «nulla di più.»

Ci sedemmo a un tavolo e ordinammo una birra. «Ci prediamo uno shot?» chiese Jenny. Ne ordinammo uno a testa e poi un secondo. Sarà stato il riscaldamento del locale o l'elevato grado alcolico degli shot, ma iniziai a sentire una forte sensazione di calore. Dopo circa mezz'ora, due ragazzi si avvicinarono al nostro tavolo. Lisa si alzò per salutarli, li abbracciò e baciò entrambi sulla guancia. Sembrava conoscerli abbastanza bene. Disse loro di accomodarsi con noi, e loro non se lo fecero dire due volte. Non che avessi mai avuto problemi a relazionarmi con qualcuno, ma la loro presenza all'inizio mi infastidì un poco. Non potevo più parlare con le mie amiche dei fatti nostri, ma la conversazione prendeva necessariamente, con la presenza dei ragazzi, un'altra direzione. Si presentarono come Hans e Mikael, entrambi nati e residenti a Stoccolma. Iniziammo a parlare del più e del meno, senza alcun argomento in particolare. Hans parlava principalmente con Lisa, mentre Mikael si rivolgeva ora a me ora a Jenny. Sarà stato per come Lisa aveva precedentemente presentato il locale, come un locale da rimorchio, ma mi sembrava palese che i due ragazzi ci stessero provando con noi. Ascoltammo qualche canzone del solito gruppo sconosciuto di rock svedese e quando fu quasi l'una di notte, mi sentii stanca e iniziavo ad essere assonnata.

«Io andrei a casa» dissi.

«Anch'io andrei» mi fece eco Jenny.

«Avete bisogno di un passaggio?» chiese Mikael.

«No, grazie, chiamiamo un taxi.»

«Andate pure» disse Lisa. «io mi fermo ancora un po'.»

Rimasi stupita all'affermazione. Il fatto che si volesse trattenere in compagnia di Hans mi fece pensare che quella sera la scelta del locale non fosse stata casuale. Mentre attendevamo il taxi nell'ingresso del locale, notai Lisa ed Hans che si alzavano dal tavolo e se ne andavano via insieme. Non feci alcun commento mentre io e Jenny tornavamo a casa in taxi e anche lei non disse nulla. Mi sembrava evidente che Lisa fosse rimasta in compagnia di Hans per un motivo ben preciso e, probabilmente, premeditato.

Quando Marco fece ritorno da Oslo, gli raccontai l'accaduto.

«Forse si è fatta solo dare un passaggio in auto fino a casa» fu la sua prima reazione.

«Non penso proprio si sia limitata a questo. Quei due ragazzi non erano venuti al nostro tavolo con l'obiettivo di scambiare due parole. Era palese quel che cercavano. Lisa li conosceva e, visto il grado di confidenza con cui si relazionava con loro, sono convinta che non fosse la prima volta che se ne andava con uno di loro.»

«Può essere.»

«Ti dico che è così. Ne sono quasi sicura.»

«Perché non glielo chiedi la prossima volta che vi incontrate. Siete amiche, chiediglielo. Se non si è fatta alcun problema ad andare via con lui sotto i vostri occhi, non avrà problemi neppure a parlare di quanto avranno fatto successivamente.»

«Sì. Hai ragione. Venerdì ci troveremo di pomeriggio per un caffè. Cercherò discretamente di andare sul discorso dei due ragazzi e di ieri sera.»

«Vedrai che ci sarà una spiegazione meno avventurosa di quella che tu credi.»

Marco andò in bagno a farsi una doccia. Io preparai qualcosa per cena. Mentre cenavamo Marco ritornò sull'argomento.

«Mi hai detto di Lisa, ma non mi hai detto nulla di te e Jenny.»

«Cosa avrei dovuto dirti? Ci siamo comportate normalmente.»

«Beh, hai detto che era palese che i ragazzi si fossero avvicinati a voi cercando qualcosa di più del fare quattro chiacchiere. Sarete state un po' in loro compagnia. Avrete parlato, bevuto qualcosa insieme.»

«Sì, ma niente di particolare.»

«Niente di particolare. Guarda che lo so che sei molto brava a flirtare. Ti ho visto diverse volte all'opera quando flirtavi in mia presenza con qualcuno solo per farmi ingelosire.»

Marco sorrideva divertito.

«Non ho mai sortito nessun effetto su di te. Mi impegnavo, ma non ho mai ottenuto alcun che.»

«Perché facevo finta di nulla. Sapevo che, se avessi ignorato il tuo comportamento sarei stato vincente. Ma dentro di me ribollivo. Che stronza, pensavo, forse dovrei trovarmi qualcun'altra.»

«Avevo timore che tu non fossi realmente innamorato di me. Che mi considerassi solo una storia passeggera. Ma tu sembravi indifferente. Per quanti sforzi facessi per farti ingelosire, sembrava non te ne importasse nulla.»

«Ma non era affatto così. In realtà ci stavo male. Ricordo che una sera andammo ad una festa mi pare di compleanno di qualche nostro amico. Mi lasciasti solo per quasi tutta la sera. Ti attaccasti a quel tipo, non ricordo il nome; Graziano forse.»

«Gaetano.»

«Ah sì, Gaetano. Mi chiedo come si possa chiamare un bambino Gaetano.»

«A me sembra un bel nome.»

«Sì, certo. E ti piacque anche la sua compagnia visto che passasti l'intera sera con lui anziché con me. A un certo punto ti venni a cercare. Eravate spariti. Mi aspettavo di trovarvi in qualche camera a scopare.»

«In realtà non facemmo nulla, forse solo un bacio, non ricordo neppure.»

«Solo un bacio. Il bacio in realtà è la cosa più intima che ci possa essere in una coppia. Il sesso è dettato dagli ormoni, è il nostro essere animali che ci spinge a farlo. Il bacio, se ci pensi, è una manifestazione solo umana. Il bacio ci distingue dagli altri mammiferi.»

Marco era ancora sorridente, ma il tono della sua voce tradiva una certa agitazione, come se quella rivelazione che mi era sembrata banale lo avesse in qualche modo indisposto.

«Inoltre eravamo già insieme» aggiunse.

«Eravamo usciti qualche volta insieme, ma non eravamo ancora una coppia.»

«Va beh, se lo dici tu.»

Lo guardai con dolcezza, come se stessi osservando un cucciolo ferito. «Mi spiace» dissi. «Avrei fatto meglio a non dirti nulla.» Lo feci alzare dal tavolo e lo accompagnai al divano. Lo feci sedere e lo abbracciai forte. Povero Marco, pensai, ti agiti per un bacio di qualche anno fa. Per un attimo mi tornò in mente il mio pomeriggio con Erik. Come avrebbe reagito Marco se gli avessi raccontato tutto? Meglio non pensarci. Nascosi ancora più a fondo il ricordo di me ed Erik in quel modesto bilocale di Stoccolma. 

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