17 (Marco)

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E così io e Angela iniziammo il nostro esperimento di coppia aperta. I giorni concordati di libera uscita erano il martedì e il venerdì. Il martedì per me significava Oslo. Le trasferte in Norvegia erano ormai diventate quasi settimanali. Andavo in trasferta solo per due giorni, partivo il martedì mattina e tornavo il mercoledì sera. Con Eli non era accaduto più nulla. Probabilmente aveva trovato qualcun altro, meno problematico del sottoscritto, che potesse soddisfare le sue esigenze e anch'io non avevo più dato segnali di interesse nei suoi confronti. Sembrava paradossale che ciò che aveva dato origine a quello che io e Angela stavamo vivendo, cioè il mio interesse per Eli, fosse scemato come se non fosse mai esistito.

Partire per Oslo mi dava sensazioni contrastanti. Da un lato mi dava sollievo poter essere lontano e non dover osservare Angela che usciva di casa a volte vestita come fosse una escort, dall'altro mi rendevo perfettamente conto che il non vedere non comportasse come conseguenza il fatto che lei non uscisse. Così, in quei giorni, cercavo di rimanere il più a lungo possibile in ufficio a lavorare e poi, spesso senza cenare, mi rinchiudevo in hotel dove, il più delle volte, rimanevo a crogiolarmi nei miei pensieri.

Il venerdì sera, se possibile, era ancora peggio. Vedere Angela uscire di casa mi dava una stretta al cuore. Ero perfettamente conscio di essere stato io la causa scatenante di tutto ciò, ma avevo del tutto ignorato i problemi che mi avrebbe dato la gelosia. Avevo sperato che, dopo un primo periodo, anche Angela si rendesse conto che stavamo percorrendo una strada sbagliata e chiedesse di tornare ad essere quelli di prima, ma questo non avvenne. Più le settimane passavano e più il mio atteggiamento nei suoi confronti mutava. Se all'inizio mi sentivo colpevole di quel che stava accadendo e cercavo di essere comprensibile e, se possibile, amorevole, più il tempo passava e più trasferivo le colpe su di lei. Durante le prime settimane avevo sempre cercato di comportarmi normalmente, ma, col passare del tempo, ci riuscivo sempre meno. La nostra vita sessuale era diventata inesistente. Il pensiero che Angela passasse quelle sere di libera uscita in compagnia di altri uomini mi faceva stare male e mi rendeva totalmente incapace di avere rapporti intimi con lei. Quel che doveva servire a rendere spumeggiante il nostro rapporto lo stava uccidendo. Di giorno lavoravo fino a tardi; arrivavo a casa la sera ed Angela aveva solitamente preparato qualcosa per cena; cenavamo e dopo guardavamo qualcosa in televisione; poi a letto, al massimo qualche bacio o un abbraccio fugace, giusto per non dimenticarci che eravamo marito e moglie. Il sabato sera spesso uscivamo per cena. Passavamo un paio d'ore al ristorante mangiando senza parlare, quasi fossimo due estranei che condividevano lo stesso tavolo.

Prima o poi avrei dovuto parlare con Angela, fronteggiare la realtà e trarne le necessarie conseguenze. Per farlo avrei voluto attendere che tutto questo finisse, ma ero sempre più convinto che, al termine dell'avventura, di quei maledetti sei mesi, niente sarebbe stato come prima.

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