32 (Epilogo - Angela)

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Marco si trasferì di nuovo nella nostra casa a Stoccolma. Disse che non c'era più motivo di vivere separati. Penso che in cuor suo avesse già superato tutto e ci considerasse ormai una famiglia, la sua famiglia, lui, io ed il bambino che portavo dentro di me. Io facevo un po' di fatica a lasciarmi alle spalle il recente passato. Ogni tanto, apparentemente senza motivo, scoppiavo a piangere. Marco dava la colpa di ciò al fatto che ero incinta, con un livello ormonale alterato, ma io sapevo benissimo che non era vero.

Marco chiese di tornare in Italia con sei mesi in anticipo sui due anni previsti. Il progetto, ormai in fase operativa, non necessitava più di lui e poteva essere affidato ad un altro responsabile.

«Che strana avventura che abbiamo vissuto in questo anno e mezzo» disse Marco mentre preparavamo, questa volta insieme, gli scatoloni per il ritorno.

«La Svezia ha tirato fuori il nostro lato peggiore» commentai.

«Ma forse anche il nostro lato migliore.»

Lo guardai con aria interrogativa, come a chiedergli dove riuscisse a trovare qualcosa di bello in quella vicenda che avevamo vissuto.

«Se fossimo rimasti in Italia, forse non staremmo per diventare genitori» disse dandomi una risposta senza che io gli ponessi la domanda.

Feci un ultimo sgarbo a Marco. Senza dire nulla chiesi di fare un test di paternità falsificando la sua firma sulla richiesta. Il test diede un risultato positivo. Non mi aspettavo un risultato diverso. Avevo sempre fatto sesso protetto con i vari uomini con cui mi ero accoppiata: Erik, Mikael, Hans e lo sconosciuto rimorchiato al Viking di cui non ricordavo neppure il nome. Pensando a tutti loro ricordai come mi avesse definita Marco in quella notte.

Non potevo dimenticare tutto quel che avevo fatto, potevo però trovare lo spirito giusto per andare oltre. E cambiare.

Vedremo.

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