26 (Marco)

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Il suicidio di George, la fine del nostro matrimonio. Mi chiedevo quale altro tributo avremmo dovuto pagare a quell'avventura in terra di Svezia. Solo la mia carriera lavorativa aveva avuto un beneficio, ma il prezzo che avevo dovuto pagare era stato troppo alto. Per l'ennesima volta rimpiansi il giorno in cui mi proposero di essere il responsabile di quel progetto, il giorno in cui io e Angela valutammo i pro e i contro, il giorno in cui decidemmo che avrei accettato l'incarico. Inutile disperarsi. Quel che era successo non poteva essere cancellato.

Io e Angela quasi non ci rivolgevamo la parola. Condividevamo lo stesso appartamento, ma eravamo come due coinquilini, anzi, peggio di due coinquilini, perché tra coinquilini a lungo andare di solito nasce una relazione amichevole, tra di noi quella che c'era stata in passato si era ormai dissolta. Non ne avevamo mai fatto cenno esplicito, ma davo quasi per scontato che avremmo quanto prima divorziato.

Una sera che non avrebbe dovuto essere diversa dalle precedenti, Angela sembrava invece tesa come una corda di violino. Io ero seduto sul divano, lei stava terminando di rassettare la cucina dopo che avevamo cenato.

Quando ebbe terminato, venne in soggiorno. Si rivolse a me stando in piedi, con gli occhi bassi, evitando di guardarmi in faccia: «Sono stata con altri uomini».

La guardai quasi con sufficienza: «Mi sembra una confessione inutile e non richiesta. Inutile perché mi stai dicendo una cosa della quale ero già a conoscenza. Non richiesta perché lo hai fatto nei sei mesi concordati e ne avevi tutto il diritto».

«No, non è così» disse e mentre diceva quelle parole sembrava trasfigurata tanto era la tensione sul suo volto. «Ti ho tradito, prima che iniziassero i sei mesi.»

Rimasi pietrificato, quasi incapace di rispondere. «Quando? Con chi?» sussurrai con un filo di voce.

«Non importa. L'ho fatto. Solo questo conta.»

Posai sulla seduta del divano la rivista che stavo sfogliando: «Cosa ti aspetti che dica?»

Angela stava in piedi a testa bassa; si vedeva che stava per mettersi a piangere malgrado cercasse di trattenere le lacrime.

«Non penso che mettersi a piangere possa servire a migliorare la situazione tra di noi. Un tradimento non aggiunge molto a quanto avvenuto dopo. Ho sbagliato anche io, lo ammetto. Ho voluto quella relazione aperta e ho causato questa rovina.»

«Ho fatto cose di cui mi vergogno» disse Angela come fosse incurante delle mie parole.

Avrei voluto insultarla, gridarle in faccia quel che pensavo di lei, ma il vederla così mortificata mi impediva di incazzarmi.

«Non ti chiedo di perdonarmi, so che non lo potresti mai fare se ti raccontassi quello che ho fatto» continuò, «voglio essere punita, espiare le mie colpe.»

«Essere punita? E come?»

Angela, senza rispondere, iniziò a togliere la tuta sportiva che indossava per comodità quando era in casa e rimase con indosso solo il reggiseno e le mutandine. Era dimagrita qualche chilo e si vedevano chiaramente i segni delle costole in rilievo sotto il seno. Così nuda ed indifesa, sembrava un uccellino caduto dal nido in attesa del predatore.

«Colpiscimi» disse laconica, «colpiscimi, fammi male.»

«Sei fuori di testa? Rivestiti, dai.»

«No. Dammi ciò che merito.»

Mi alzai dal divano e mi avvicinai a lei.

«Avanti, colpiscimi!»

Le diedi un buffetto, poco più che una carezza.

«Più forte. Colpiscimi più forte.»

Le diedi uno schiaffo.

«Più forte. Fammi male.»

Le diedi uno schiaffo forte e poi un altro ed un altro ancora. Il viso di Angela si arrossò per i colpi ricevuti. Istintivamente l'abbracciai e la baciai sulla fronte. Angela anziché mettersi a piangere sembrava eccitarsi ad ogni schiaffo. Anche io mi resi conto di essere eccitato. La presi in braccio, la portai in camera e la buttai letteralmente sul letto. Facemmo sesso come da tanto non ci capitava di fare, anzi, con quella foga probabilmente non ci era mai capitato. Venni dentro di lei quasi come fosse una liberazione, una via d'uscita da tutto quel periodo buio che avevamo vissuto.

Quando l'eccitazione se ne andò, rimanemmo abbracciati nel letto, tutti e due in silenzio, entrambi turbati da quanto era accaduto.

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