Ero incazzata con Marco. Anzi, incazzata non era la parola giusta per descrivere il mio stato d'animo. Ero delusa dal suo comportamento. A volte, lasciava trasparire un certo fastidio per il fatto che continuavo a uscire da sola tutti i martedì e i venerdì. Non era nemmeno sicuro che non avessi rapporti con altri uomini: non glielo avevo mai esplicitamente detto, ma non avevo mai dato prova del contrario. Eppure, non aveva il coraggio di affrontarmi direttamente. Avrei voluto sentirlo urlare, chiudermi in casa con la chiave per impedirmi di uscire. Ma nulla di tutto questo accadeva. C'era solo un disagio sotterraneo, di tanto in tanto appena visibile. Io cominciavo ad essere stanca di questa situazione, ma non volevo cedere. Mancava solo un mese ai sei mesi concordati; ancora poche uscite e poi saremmo tornati alla vita normale. Almeno, così pensavo, ed ero convinta. Come potessi essere così ingenua, ancora non riesco a comprenderlo. Come avremmo potuto tornare alla nostra vita normale dopo tutto quello che era successo? L'idea iniziale di Marco, il mio consenso e questi ultimi mesi che ci avevano allontanato. Ma riuscii a rendere ancora peggiore la situazione.
Era un martedì sera. Marco era in trasferta ad Oslo e sarebbe tornato il mercoledì sera.
«Andiamo al Viking questa sera?» propose Jenny che, malgrado a marzo la temperatura fosse ancora rigida, era uscita praticamente mezza nuda.
Il Viking era il locale che Lisa aveva definito di acchiappo. La maggior parte degli avventori lo frequentava alla ricerca di sesso. Il solo fatto di varcarne la soglia costituiva quasi per la totalità dei presenti una sorta di dichiarazione di intenti, di disponibilità.
«Non ne hai mai basta» commentai con un tono un po' sarcastico.
«Voglio vivere appieno la mia vita finché ne ho la possibilità» rispose Jenny.
«Buone, ragazze» si intromise Lisa. «Se Viking deve essere, che Viking sia.»
Entrammo nel locale e ci accomodammo ad un tavolo. Diversi sguardi iniziarono da subito a posarsi su di noi. Era quasi una sensazione fisica quella che si viveva con così tanti occhi addosso che cercavano di capire se avessimo potuto essere una buona scopata oppure no. Ordinammo tre birre e, a seguire, ci facemmo portare un paio di shot a testa. Dopo poco meno di un'ora da che ci eravamo sedute al tavolo, si fecero vivi Hans ed il suo amico Mikael. La presenza di Hans era abituale. Era di gran lunga l'amante preferito da Lisa. Mikael invece si vedeva raramente in compagnia dell'amico, probabilmente usciva meno frequentemente oppure forse se ne andava per conto proprio. Presero due sedie e, senza attendere un nostro invito, si sedettero al tavolo. Restammo a conversare in loro compagnia per quasi un'ora. A dir il vero, in mezzo a tanti decerebrati che pensavano solo al sesso, Hans e Mikael erano in grado di sostenere una conversazione quasi di buon livello.
«Mi spiace, ma devo lasciare la compagnia» disse Lisa quando mancavano quindici minuti a mezzanotte.
«Altrimenti la tua auto si trasformerà in una zucca?» chiese Mikael cercando di essere spiritoso.
«No, no e poi siamo venute con un taxi» rispose. «Molto più banalmente, la mia baby-sitter mi ha inviato un messaggio che, a causa di un imprevisto, non potrà tenere i miei figli, oltre a mezzanotte. Devo quindi andare. Sono già in ritardo.»
Rimanemmo quindi io e Jenny in compagnia di Hans e Mikael. Ordinammo un'altra birra. In altra occasione avrei accampato una scusa ed anche io avrei concluso la serata tornandomene a casa a dormire, lasciando Jenny alle sue avventure sessuali. Ma quella sera non lo feci. Sapevo che non ci sarebbe stato Marco ad aspettarmi e decisi di restare fuori un po' più a lungo del solito. La prima band aveva da poco concluso la sua esibizione ed una seconda band iniziò a suonare una musica assordante. Dopo un paio di canzoni, Jenny disse che aveva necessità di prendere una boccata d'aria. Hans si offrì di accompagnarla all'aperto lasciandomi sola con Mikael. Non ero sicura fosse una mossa concordata, ma non mi sembrava tanto un caso. Passarono una ventina di minuti e di Hans e Jenny non c'era traccia.
«Saranno da qualche parte a divertirsi, forse sull'auto di Hans» disse Mikael quando che mi stavo chiedendo dove fossero finiti.
«Con questo freddo?» obiettai.
«Saranno così presi da non sentirlo» disse Mikael con un sorriso sarcastico. «Ti va di andare a bere qualcosa a casa mia? Questa band fa solo rumore.»
Lo guardai fissamente in viso. La proposta era esplicita, non lasciava nulla all'immaginazione. Nei secondi che trascorsero tra la domanda di Mikael e la mia risposta, il mio cervello elaborò centinaia di informazioni. Io e Marco eravamo una coppia aperta, ma sino ad allora da parte mia c'era stata solo la volontà di farlo penare. Pensai a Marco in trasferta ad Oslo e me lo figurai mentre si trastullava a letto con una ragazza norvegese conosciuta in hotel. Ero conscia del fatto che lo stavo facendo solo per giustificare una mia eventuale risposta affermativa a Mikael, ma mentivo spudoratamente a me stessa. Poi alla fine, devo essere sincera, la voglia di sesso prevalse su ogni altra considerazione.
«Va bene, dobbiamo chiamare un taxi» risposi.
«Non serve, ho l'auto parcheggiata poco distante» disse Mikael alzandosi dalla sedia e porgendomi la mano per invitarmi a fare lo stesso.
Non abitava distante dal Viking e giungemmo a casa sua in circa mezzora. Per salvare le apparenze, mi chiese se gradissi qualcosa da bere, ma ad entrambi era ben chiaro che non sarebbe stato necessario. L'appartamento era un bilocale che Mikael condivideva con un coinquilino.
«Io di solito dormo qui in soggiorno, sul divano letto» disse Mikael, «ma visto che Karl è via per lavoro, possiamo usare il suo letto, è più comodo.»
Iniziai a spogliarmi e lo stesso fece Mikael. Quando rimasi solamente con le mutandine mi stesi sul letto sfatto e che, molto probabilmente, non veniva rassettato dal tempo ormai remoto in cui erano state cambiate le lenzuola. Non me ne curai più di tanto, anzi, lo stendermi su quel giaciglio su cui si erano consumati probabilmente innumerevoli accoppiamenti mi fece sentire una ragazza abbastanza cattiva da poter fare quello che mi stavo apprestando a fare.
Mikael mi raggiunse sul letto ed iniziò ad accarezzare il mio corpo. «Sei bellissima» disse, «sei come un'opera d'arte.»
I nostri due corpi si intrecciarono nell'amplesso per alcuni minuti. Lo sentivo muoversi dentro di me, veloce, poi lento e poi ancora veloce. Venni. Non interruppe i movimenti, anzi li intensificò. Sentivo il piacere crescere ancora in me e venni una seconda volta. Rimanemmo sdraiati sul letto fianco a fianco e mi addormentai. La mattina successiva, quando mi svegliai, erano le sei e mezza. In un primo momento al risveglio rimasi confusa. Mi resi conto di non essere a casa mia. Mi ricordai della notte appena trascorsa. Mossi delicatamente il braccio sinistro e toccai il corpo addormentato di Mikael. Mi alzai dal letto. Avevo un po' di mal di testa, residuo del troppo alcool ingerito la sera precedente. Mi resi conto di aver trasgredito ad una delle regole che io e Marco avevamo concordato: non passare la notte fuori casa. Ci riflettei un attimo, era più un corollario che una regola vera e propria. La regola era: nessun coinvolgimento sentimentale ed io era convinta di averla rispettata e, comunque, non aveva detto anche Marco di fregarsene delle regole. Quello di cui non mi rendevo bene conto era che, ancora una volta, stavo cercando di giustificare il mio comportamento.
In settimana messaggiai più volte Mikael. Non vedevo l'ora che venisse venerdì per poter uscire ancora con lui. Quella sera Marco uscì di casa prima di me. Io e Mikael ci incontrammo direttamente a casa sua. Non volevo fare tardi quella sera, ma rientrare prima di mio marito per capire se anche lui si stesse vedendo con qualcuno. Stavo cercando un'altra giustificazione che mi rendesse libera da ogni senso di colpa. Facemmo sesso un paio di volte e dopo salutai Mikael e tornai a casa. Non era ancora mezzanotte, ma quando arrivai in prossimità della nostra abitazione vidi le luci accese all'interno. Marco era già a casa.
«Sei rientrata presto questa sera» disse quando entrai dalla porta di ingresso.
«Lisa aveva un problema con la baby-sitter» risposi. «Vado a farmi una doccia e poi andrei a letto, sono stanca» continuai. Marco mi osservava e non diceva nulla. Per un attimo temetti avesse intuito che qualcosa fosse accaduto.
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Punti di singolarità
General FictionIl termine singolarità in matematica sta ad indicare un qualcosa (oggetto o situazione) che, rispetto ad altri analoghi nel contesto, ha un ruolo particolare, che si discosta dalla normalità o regolarità per un qualche specifico motivo. Marco ed Ang...