2 (Angela)

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La prima volta che vidi Stoccolma mi sembrò una città bellissima. Atterrammo all'aeroporto di Arlanda. Un autista con pulmino ci aspettava agli arrivi, ci aiutò a caricare i bagagli e ci fece accomodare sul sedile di mezzo. Percorremmo diversi chilometri su un'autostrada immersa nel verde. Per i primi giorni, in attesa che ci consegnassero il nostro appartamento, alloggiavamo al Radisson Blu, in centro città. Era inizio luglio ed era da poco passato il mezzogiorno ed il sole splendeva alto.

«Vorrei uscire a fare un giro a piedi, fintanto che c'è ancora luce» dissi a Marco mentre ci consegnavano le chiavi della nostra stanza e prendevano in consegna i nostri bagagli.

«Non si preoccupi della luce» rispose la receptionist dell'albergo, «ne avrà quanto vuole fino a notte inoltrata» e mi sorrise. Capì che non avevo compreso quanto mi stesse dicendo. «Ci sarà luce fino alle due di notte» ribadì.

«Siamo in estate» mi spiegò Marco, «le giornate sono molto lunghe e le notti brevi.»

Finalmente compresi. «Fa lo stesso» replicai, «facciamo un salto in camera, aspettiamo che ci portino i bagagli e poi usciamo a fare un giro a piedi in centro. Mangeremo qualcosa durante il passeggio.»

Uscimmo dall'albergo con l'entusiasmo di chi va incontro ad una nuova avventura. Ci incamminammo verso il centro cittadino, partendo dall'hotel che distava meno di un chilometro. Varcammo un ponte e ci ritrovammo in quello che intuivo fosse il centro storico di Stoccolma. Palazzi e caseggiati si affacciavano su piazze che si aprivano improvvisamente davanti a noi al termine di strade lastricate di granito e strette stradine dal selciato più irregolare. Ogni volta che lo sguardo poteva andare oltre le case, attraverso uno slargo o più semplicemente una fessura, si vedeva l'acqua che pervadeva tutta la città, acqua dolce e salata che si ricongiungeva nel centro cittadino come se si trattasse di un'unione mistica tra due mondi diversi. Fui subito rapita dalla bellezza di Stoccolma, ne fui entusiasta. Rientrammo in hotel e facemmo l'amore con trasporto. Ero felice di aver seguito Marco in questa avventura. Non so cosa pensassi veramente. Ero in preda ad una strana eccitazione, come se mi sentissi per la prima volta libera di determinare la mia vita.

Il giorno successivo ci portarono a fare un tour per le isole dell'arcipelago attorno alla città. La giornata era stupenda. Il sole splendeva alto in cielo e la brezza marina accarezzava i nostri corpi. La barca procedeva spedita attraversando tratti di mare e canali d'acqua tra le varie isole. Si intravvedevano case in cui persone apparentemente felici stavano banchettando in compagnia.

«Con la bella stagione queste case vengono aperte ed utilizzate durante il week-end» ci disse la nostra guida.

«E quanto dura la bella stagione?»

«Purtroppo, poco» mi rispose la guida, «la bella stagione è da maggio a settembre, a volte anche meno.»

Non diedi peso a questa sua risposta e mi diressi verso il parapetto di tribordo per osservare il mare in lontananza. Marco mi raggiunse e mi abbracciò. Ero veramente felice.

Venne lunedì. Per Marco sarebbe stato il primo giorno nella nuova posizione lavorativa. Marco lavorava da qualche anno per una multinazionale delle telecomunicazioni, presente in Italia, ma con il quartier generale in Svezia. Per quel lavoro era stato scelto tra i vari candidati che si erano presentati a livello mondiale. Io avevo capito poco di cosa si trattasse, malgrado Marco avesse provato a spiegarmelo con parole che a lui sembravano semplici. Da quel che avevo afferrato, Marco sarebbe stato il responsabile di un progetto di controllo del traffico navale e dei porti per una multinazionale delle telecomunicazioni. La mattina del lunedì si alzò presto.

Mentre io indugiavo ancora nel letto dell'hotel, mi salutò dandomi un bacio sulla bocca: «Io vado, ci sentiremo nel corso della giornata. Ti saprò dire quando ti verranno a prendere per portarti al nostro appartamento, oggi dovrebbe essere disponibile. Sarà comunque nel tardo pomeriggio. Prepara solo i bagagli e poi vai a fare ancora un giro per Stoccolma».

Mi baciò nuovamente ed uscì dalla stanza. Rimasi ancora un po' di tempo in camera e dopo scesi a fare colazione. Al contrario di Marco, non ero così abituata a viaggiare all'estero e tantomeno a soggiornare in un business hotel. Quando scesi al ristorante per fare colazione, rimasi impressionata dalla ricchezza del buffet. Oltre ai croissant e alle torte tipiche delle colazioni internazionali, notai la presenza di uova e salumi. Tuttavia, ciò che mi sorprese maggiormente fu la varietà di aringhe preparate in diversi modi, che riempivano l'aria con il loro inconfondibile aroma. Fui incuriosita al punto di volerle provare. In fin dei conti stavo scoprendo un mondo di cui non sapevo nulla fino a due giorni prima. Stoccolma era solo un nome su una cartina geografica. Ora era diventato il posto in cui vivere, o, almeno, così credevo.

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