Avevamo combinato un bel pasticcio. Mi ritrovavo a riflettere sui recenti eventi, cercando di trovare una spiegazione per i nostri comportamenti. Il mio lavoro aveva iniziato a dominare la mia vita, assorbendo la maggior parte del mio tempo e delle mie energie mentali. Angela si era trovata a dover affrontare un ambiente completamente nuovo, rinunciando al suo lavoro e, forse, anche alle sue certezze. Le nuove amicizie probabilmente avevano influito sulla situazione. Tuttavia, per quanto potessi cercare di trovare spiegazioni e giustificazioni, eravamo sempre noi i veri protagonisti di questo dramma che stavamo attraversando. Sentivo con amarezza che la nostra storia era giunta irrimediabilmente al termine, e nessuna forza al mondo avrebbe potuto cambiarlo. Ma mi sbagliavo.
Avevo appena iniziato una riunione quando sentii il mio smartphone vibrare. Guardai il display e notai che era una chiamata in arrivo da Lisa. La mia prima supposizione fu che stesse cercando Thomas e non riuscisse a contattarlo. Tuttavia, pensai che potesse trattarsi di qualcosa di importante, forse legato ai loro figli, così decisi di rispondere.
Lasciai la riunione senza neppure accampare qualche scusa credibile. La strada da Kista a Stoccolma non mi era mai sembrata tanto lunga. Probabilmente collezionai almeno due o tre infrazioni per guida oltre i limiti di velocità, ma non me ne curai. Il mio solo obiettivo era di arrivare il prima possibile da Angela.
Quando varcai la soglia di casa, trovai Angela rannicchiata sul divano.
«Ciao», dissi restando in piedi non appena ebbi superato la porta di ingresso.
Angela mi guardò con occhi mesti. «Ciao,» disse rispondendo al mio saluto e un debole sorriso apparve per un breve istante sul suo viso.
«È vero quel che mi ha detto Lisa?»
«Cosa ti ha detto?»
«Che aspetti un bambino. Che sei incinta.»
Si spostò dalla posizione rannicchiata in cui l'avevo trovata e si mise a sedere. Si strofinò brevemente gli occhi con le mani, come se stesse svegliandosi in quel momento: «Non avrebbe dovuto dirti nulla. Ti avrei chiamato io per avvisarti nel caso decidessi di abortire. Sarebbe un tuo diritto saperlo».
«Che vuoi dire? Vorresti abortire?»
«Non ho ancora deciso. Vorrei tenerlo, ma temo sarei una pessima madre.»
«Non è vero. Cosa te lo fa credere. E poi ci sarei anche io.»
«Non voglio che tu ti senta in obbligo nei miei confronti solo perché aspetto un bambino. Sarei una pessima madre perché sono stata una pessima moglie. Ti ho rovinato la vita.»
«Ehi, la vita, casomai, ce la siamo rovinati a vicenda. Abbiamo fatto entrambi degli errori e mi sembra inutile stare a discutere su chi dei due ne abbia fatti di più. Ma questo bambino è un segno del destino: è qualcosa di bello, capace di nascere anche in un periodo così disperato.»
«Cosa vuoi dire?»
«Che è un segnale che ci sta inviando la natura. Che c'è qualcosa di buono anche per noi. Che, se vogliamo, possiamo tirarci fuori da tutto quanto e ricominciare. Che la vita è più forte di tutto il dolore.»
«Come potresti perdonarmi? Io stessa non riesco a perdonarmi, a dimenticare ciò che ho fatto.»
«Non possiamo dimenticare ciò che è accaduto, sarebbe impossibile e anche sbagliato. Insieme dobbiamo andare oltre. Il passato è ormai passato. Ora dobbiamo concentrarci sul nostro futuro e sul futuro di nostro figlio.»
Angela mi abbracciò e appoggiò la sua guancia alla mia: «Mi dispiace, mi dispiace tanto.»

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Punti di singolarità
General FictionIl termine singolarità in matematica sta ad indicare un qualcosa (oggetto o situazione) che, rispetto ad altri analoghi nel contesto, ha un ruolo particolare, che si discosta dalla normalità o regolarità per un qualche specifico motivo. Marco ed Ang...