Ero partito per Stoccolma nove mesi prima convinto che sarebbe stata per me una grande opportunità lavorativa e per noi due una bella avventura di vita. Nove mesi dopo il nostro arrivo non potevo che provare rimpianto per non aver declinato la proposta. Mi mancava l'Italia, il sole che splendeva anche nelle rigide giornate invernali, la luce che era sempre presente, anche nelle giornate di nebbia fitta. Ma soprattutto mi mancava mia moglie. Eravamo sempre stati uniti dal momento in cui avevamo iniziato a fare coppia fissa ed ora ci comportavamo come fossimo due conoscenti che dividevano l'appartamento e niente più. Mi sentivo causa del mio male. Ero stato io a proporre l'idea di vivere un'esperienza da coppia aperta per qualche mese. Mi ero subito reso conto di aver fatto una cazzata, ma ormai era troppo tardi. Forse per ripicca o forse perché lo desiderava veramente, malgrado sostenesse il contrario, Angela si era appassionata a quella situazione di libertà sessuale. Io cercavo di comportarmi normalmente, fingendo indifferenza, ma ero distrutto dalla gelosia e dallo sconforto. Il suicidio di George anziché unirci aveva contribuito a separarci ulteriormente. Angela e Lisa trascorrevano gran parte delle giornate in compagnia di Jenny per aiutarla ad uscire dal difficile momento in cui si trovava e tra noi due si era creata una netta frattura.
«Come sta Jenny?» avevo chiesto una sera ad Angela. Voleva essere solo una domanda di circostanza, sapevo bene come stesse in realtà.
«Non bene, non si dà pace e noi non riusciamo a convincerla che quel che è successo non è colpa sua.»
«Certo che non riuscite a convincerla e mai ci riuscirete perché lo sa benissimo che è colpa sua e del suo comportamento negli ultimi mesi» dissi con tono perentorio, quasi accusatorio.
«Cosa stai dicendo. Quando mai uno si impicca solo perché la moglie esce qualche sera da sola.»
«Tu cosa stai dicendo. Lo so benissimo quel che fate quando uscite da sole. Mi vuoi venire a raccontare che vi bevete una birra in compagnia? Lascia stare che è molto meglio.»
«Adesso ce l'hai con me? Hai voluto tu che sperimentassimo per sei mesi una relazione aperta.»
«Sì, hai ragione. Ma il fatto che tu abbia ragione non salverà il nostro rapporto.»
«I sei mesi tra qualche giorno termineranno.»
«Non me ne importa più nulla. Puoi continuare a fare quello che vuoi.»
Dopo aver chiuso la nostra discussione con queste parole, presi le chiavi dell'auto e me ne andai di casa lasciando Angela da sola. Guidai senza meta per quasi un'ora. Arrivai ad un punto in cui la strada sembrava terminare direttamente inabissandosi nel mare circostante. Arrestai l'auto e spensi i fari. L'oscurità era interrotta solo dal brillare delle stelle in cielo, il resto era tutto nero, neri gli alberi che costeggiavano la radura in cui mi ero arrestato, nera la terra attorno a me, neri gli scogli che traguardavano il mare e nero anche il mare che ribolliva come se fosse stato in preda alla mia stessa agitazione. Dopo alcuni minuti, gli occhi si abituarono a quella oscurità quasi assoluta e iniziai a scorgere qualche forma. Lasciai correre il mio sguardo sul mare. Mi venne in mente un racconto di Edgar Allan Poe. Deve essere qui, da qualche parte, pensai. Deve esserci per forza un gorgo che ci ha inghiottito senza che ce ne rendessimo neppure conto.
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Punti di singolarità
General FictionIl termine singolarità in matematica sta ad indicare un qualcosa (oggetto o situazione) che, rispetto ad altri analoghi nel contesto, ha un ruolo particolare, che si discosta dalla normalità o regolarità per un qualche specifico motivo. Marco ed Ang...