La vita per me e Marco era tornata alla normalità. Continuavo a collaborare con lo studio di architettura e, alla fine, le mie idee erano state accettate, anzi, iniziavano anche a riscuotere un discreto successo. Marco lavorava ancora al suo progetto che ormai, terminata la fase realizzativa, era passato in fase operativa, lasciandogli più tempo libero. Jenny aveva fatto ritorno a Londra, portandosi appresso le ceneri di George, mai così tanto amato se non da morto. Con Lisa mi sentivo e vedevo ancora. Eravamo uscite anche qualche volta a bere una birra insieme, ma il sesso non faceva più parte dei nostri incontri. Una sera, per caso, avevo incontrato Mikael. Ci salutammo appena, quasi di sfuggita. Probabilmente a lui importava di me nella stessa misura in cui a me importasse di lui. Era stato qualche scopata in un periodo difficile della mia vita. Punto e stop. Un periodo che non avrei voluto rivivere.
Ma sia io che Marco ci rendemmo presto conto che per noi la normalità non poteva esistere. Fu io ad accendere la miccia della bomba provocando un'evitabile detonazione. Infatti, la nostra vita sessuale era ripresa con normalità. Avevamo più rapporti settimanalmente e ciò avrebbe dovuto soddisfarmi. Ma come un drogato di eroina insegue sempre il primo rush, io avrei voluto rivivere l'esperienza di quella sera io cui ero stata colpita con la cintura e presa brutalmente da dietro. Quello era, per me, cavalcare il drago. Quando mi confidai con Marco, non mi parve stupito. Ero convinta che anche lui pensasse a quella sera come indimenticabile.
«Non ci sono più le condizioni» si limitò a dire, «la tua colpa è stata espiata.»
Lo guardai delusa.
«A meno che tu non sia nel frattempo ricaduta ancora in errore» aggiunse, «ma mi sembrerebbe impossibile.»
Non insistetti oltre al momento. Tuttavia, il desiderio di riprovare quelle emozioni non se ne andava e continuava a riaffiorare nei miei pensieri come un fiume carsico.
«E se ti dicessi che sono stata con un altro uomo, mi puniresti?» chiesi una sera a Marco.
«No, perché sarei sicuro che staresti mentendo.»
«Anche quella sera non sapevi se stessi dicendo la verità oppure mentendo.»
«Eri stata molto convincente.»
Certo, perché stavo dicendo la verità, pensai. Non mi diedi per vinta.
«Potrei farlo. Così non avresti scuse.»
Marco mi guardò con aria interrogativa: «Stai dicendo sul serio?».
«Lo hai confessato anche tu che ti eccita pensarmi con un altro uomo. A me piace sentirmi in colpa ed essere punita. Dobbiamo accettare la nostra natura e assecondarla.»
«Sei fuori» disse Marco alzandosi e cambiando stanza per interrompere la conversazione.
«Solo a condizione di potervi osservare mentre lo fate» disse Marco circa un'ora dopo, riprendendo il discorso da dove lo avevamo lasciato. «Solo a questa condizione.»
«Cosa intendi per "potervi osservare"?»
«Quel che significa letteralmente. Lo dovreste fare qui in una camera e io vi osserverei dalla camera adiacente.»
«Accidenti. Sei più perverso di quanto immaginassi.»
«Siamo una bella coppia.»
Demmo così inizio a quel gioco perverso. Aprimmo un foro nella parete di legno compensato che separava la nostra camera da letto con quella per gli ospiti. Nello spazio creato collocammo uno spioncino, molto ben mimetizzato, così che chi guardava dalla camera da letto poteva vedere cosa avvenisse nell'altra camera. Aprii un mio account su Tinder e iniziai a rispondere ad alcuni messaggi. Scartai la maggioranza dei candidati al primo messaggio; un'altra buona parte non superarono il secondo o, al massimo, il terzo messaggio. Dopo una settimana di impegno e di scarsi successi, mi resi conto che Tinder non avrebbe fatto al caso nostro. Prendemmo la decisione che sarei andata al Viking e mi sarei fatta abbordare. In fondo mi sarebbe stato facile.
Marco entrò nel locale rimanendo a debita distanza da me in modo da potermi tenere d'occhio senza crearmi alcun impedimento. Mi sedetti al bancone e ordinai da bere.
«Sola stasera, niente amiche?» mi chiese il barman che si ricordava di me.
«Sì, sono sola.»
«In attesa di qualcuno?»
«Forse.»
Mi spostai leggermente a lato del bancone. Non era mia intenzione portarmi a casa il barman. Mentre sorseggiavo lentamente il mio drink, osservavo di tanto in tanto Marco che mi teneva sotto controllo seduto da solo ad un tavolo in fondo al locale. Nel breve volgere di un quarto d'ora, due avventori si erano avvicinati offrendomi un altro drink, ma non rientravano nel mio target. Finalmente si avvicinò un ragazzo di circa venti, massimo venticinque, anni. Bel fisico, probabilmente palestrato.
«Sei sola? Posso farti compagnia?»
«Lo sgabello accanto al mio è libero.»
Iniziammo a parlare elencando una serie di banalità, così tanto per ingannare il tempo prima che uno dei due chiedesse all'altro se fosse interessato a scopare. Avevo visto così tante volte Jenny all'opera che non mi riusciva difficile recitare la parte.
Stavamo ormai giungendo al dunque che, improvvisamente comparve Hans.
«Trovati qualcun altro con cui conversare» disse rivolgendosi al ragazzo e facendo un gesto esplicito di invito ad andarsene.
«Hans.»
«Sei sparita. Che fine hai fatto? Ho provato a chiamarti e anche a messaggiarti senza avere alcuna risposta. Ho chiesto anche a Lisa. Mi ha detto che eri tornata in Italia.»
Aver incontrato Hans mi creava imbarazzo. Non mi avrebbe più lasciata stare quella sera e non potevo certo portarmi a casa Hans, visti i precedenti. Il piano era fallito.
«Sono tornata in Italia» dissi a Hans «sono qui solo per due giorni per recuperare alcune cose che erano rimaste a Stoccolma. Domani mattina riparto.»
«Stiamo insieme stasera.»
«Non posso. Mio marito mi sta aspettando.»
Mi alzai ed uscii dal locale. Marco come mi vide uscire mi raggiunse. Salimmo in auto e ci dirigemmo a casa.
«Che è successo? Qualcosa è andato storto?»
«Quello era Hans, non mi avrebbe più mollata.»
«Quell'Hans? Te li sceglievi giovani e prestanti. Scommetto che ha pure un cazzo grosso.»
Non commentai queste ultime parole. Quando giungemmo a casa però ebbi la netta sensazione che Marco si fosse rabbuiato.
«Ci riproveremo» dissi togliendomi i vestiti da rimorchio.
«Io invece lascerei perdere» disse Marco «non so se mi va poi così tanto vederti scopare con un altro.»
«Ti prego, eravamo d'accordo» dissi non volendo rinunciare alla mia idea trasgressiva.
«Stavamo tornando alla nostra vita normale, perché mai ci siamo messi in testa una follia del genere?»
«Ti prego, fallo per me.»
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Punti di singolarità
Ficción GeneralIl termine singolarità in matematica sta ad indicare un qualcosa (oggetto o situazione) che, rispetto ad altri analoghi nel contesto, ha un ruolo particolare, che si discosta dalla normalità o regolarità per un qualche specifico motivo. Marco ed Ang...