LA FINE DI TUTTO?

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Cammino spedita e a testa bassa verso la scrivania del mio ufficio. Mi sento la testa pesante con la sensazione di nausea che pervade lo stomaco. Mi sento debole ed inutile. Vorrei che non fosse mai successo tutto questo, soprattutto non davanti a Noah, non davanti ai suoi occhi ed al suo sguardo glaciale. Quello sguardo di odio che mi ricorderò per sempre.

Non riesco più a tollerare nulla, neanche la presenza di Grace. Non la guardo in faccia e prendo nervosamente la borsa posta sopra la scrivania, ormai vuota. Grace vuole parlarmi, vuole capire che cosa sta succedendo.
<<Hey! Che accidente succede?!>> mi urla dietro preoccupata, mentre me ne sto per andar via.
<< Mi hanno licenziata.>> sbotto amara.
Mi volto per una frazione di secondo dopo averle risposto seccamente, soltanto per vedere quanto sbalordita sia. E lo è.
Colpevole, frastornata, imbarazzata, sentendomi sballottata di qua e di la, persa e come un pesce fuor d'acqua, le tolgo gli occhi di dosso uscendo di corsa con le lacrime agli occhi.

Sono in una vasca di lacrime, ho il fiatone e mi ritrovo davanti all'ufficio informazioni. Tento di darmi una misera sistemata ed asciugare gli occhi con le mani. Gli occhi mi bruciano, probabilmente sono arrossati.
Natan è concentrato dietro al computer e non si accorge di me, la sua vista però mi fa abbozzare un lieve sorriso. Con sicurezza, busso sul vetro un paio di volte. Natan, finalmente, alza lo sguardo distratto e mi sorride beatamente. Non può di certo sapere che cosa sia successo. Con le mani che tremano ancora, stacco il cartellino dalla camicetta e glielo passo attraverso l'oblò.
<<Grazie per la sua gentilezza, Natan.>> Abbozzo un triste sorriso e sento le lacrime in gola che vogliono uscire ancora dai miei occhi, cerco di bloccarle serrando la mascella. Non mi piace piangere in presenza di qualcun'altro. Ma i miei occhi gonfi e rossi non riescono a mentire e Natan allora, comprende tutto.
<<Mi dispiace tanto, signorina Rodgerson.
Mi dispiace davvero tanto.>>
Desolato, non ha il coraggio di chiedermi qualcosa riguardo la vicenda. Sorrido ancora una volta, tristemente. <<Arrivederci, Natan.>>
Lui ricambia il mio saluto e, con un cenno della mano, ci salutiamo per l'ultima volta.

Il parcheggio sotterraneo è enorme ed è pieno zeppo di auto di tutti i tipi, dalle meno alle più costose, come Porsche o Ferrari. Se solo capissi quale sia quella di Robert Stumphone gli bucherei le ruote, ma è meglio non fare altri danni.
Qua sotto è tutto così silenzioso. Non ho paura di stare qua tutta sola, non è come nei film horror dove un famigerato serial killer si aggira armato per rapire ed sgozzare la gente. No anzi, mi sento quasi a casa, in pace con me stessa e più rilassata. Senza la vista di nessuno, sola e alla ricerca della mia auto. Risuona solamente il ticchettio delle mie scarpe, che ricorda i battiti del cuore.
Riconosco la mia auto quasi da lontano e la apro con un click. Accelero il passo ed entro dentro. La chiusura della portiera fa un gran baccano.
C'è un caldo asfissiante, quasi da soffocare. Mi appoggio allo schienale del sedile fissando un punto non ben definito davanti a me, la sensazione di come se avessi perso le lenti a contatto, senza vedere cosa ci sia davanti agli occhi, come se tutto fosse sfocato.
E Le lacrime ritornano padrone. Mi accascio morente con le braccia e la testa sul volante, sbuffando disperatamente.
Sono così confusa... che cosa ne sarà di me adesso?

INSIDE OF MEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora