CIAO, GRACE. È SOLO UN ARRIVEDERCI

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Scendo di corsa le scale e, per poco, non mi ammazzo. Grace continua a farmi squillare il cellulare. Lo so, ho solamente cinque minuti di ritardo ma, per lei, quei miseri minuti sono imperdonabili.

<<Scusami! Scusami… oddio, svengo!>> esclamo senza fiato, aprendo frettolosamente la portiera. Grace mi guarda malissimo, quasi a volermi far fuori.
<<Sei la solita.>> risponde inacidita. Tiro uno sbuffo e mi sistemo alla bella e meglio, infilando la cintura di sicurezza.
Lungo il tragitto per arrivare al Clover Club, cantiamo a squarciagola qualche hit. Cantiamo e basta, spensierate, come ai vecchi tempi.
Parcheggiamo e, finalmente, entriamo. Non vedo l’ora di scolarmi qualsiasi cosa possibile, perché l’ansia inizia a prendere il possesso di me. “Sarah, datti una calmata” mi autoconvinco nella testa.

Il locale è molto affollato ma, alla fine, riusciamo a trovare un posto a sedere. Fortunatamente, questa volta Grace non si invaghisce di un altro barista. Ha solo in testa Craig, è stracotta di lui. Ordiniamo due Guinness. Stasera niente cocktails come succede di solito, entrambe abbiamo voglia di una bella birra fresca.
<<Allora, come stai?>> mi domanda improvvisamente.
La guardo per un attimo, risultando un po’ troppo assente. <<Uh?>>
Grace aggrotta la fronte. <<Sarah? Ti ho chiesto: allora come stai? >> ripete un po’ spazientita.
<<Oh… si, scusami. Beh, bene. Sto bene.>> farfuglio. In realtà no, non sto bene e ho paura di parlarle apertamente. So già come la prenderà e questa cosa non mi fa sentire meglio.
<<Ok! Prima di farti il terzo grado, tracanniamoci questa birra! Magari, un po’ d’alcol in corpo, ti può aiutare a fare meno l’addormentata nel bosco.>> esclama, con una punta di acidità.
Le sorrido forzatamente. Non mi piace affatto questo suo sarcasmo.
Facciamo a gara a chi riesce a finirla prima. Ovviamente, è lei che mi batte sul tempo. Soddisfatta della sua vittoria, posa con evidente energia il boccale vuoto sul tavolo, voltandosi verso di me. <<Sei proprio una pappa molla! Haha, sei rimasta a metà. Hai deciso di rinunciare?>> esclama, prendendomi in giro. Annuisco, facendole la linguaccia. Credo proprio che mi mancheranno queste serate con lei.
Anche quando eravamo al college e andavamo alle feste, lei vinceva sempre tutte le gare alcoliche. Io, al contrario, mi stordivo già al primo bicchiere.
<<Allora, visto che hai deciso di perdere, mi tocca farti il terzo grado. >> conclude, pavoneggiandosi a dovere.
Ma decido di anticiparla, non ho voglia di tutte le sue infinite domande, mi irriterebbero adesso.
<<Grace, prima che tu possa incominciare, dovrei dirti un po’ di cose.>> le dico seriamente. Grace mi osserva e il suo sorriso, improvvisamente, svanisce.
<<Ok. Sono tutta orecchie. Non tenermi sulle spine. Vorrà dire che il terzo grado te lo farò la prossima volta. Intanto, abbiamo così tanto tempo da passare insieme!>>
Abbasso lo sguardo, per non piangere. Ora, non so davvero come dirglielo. Un’altra persona che soffrirà a causa mia.
<<No… non avremo più tanto tempo…>> mormoro desolata.
Grace mi obbliga a guardarla, anche se questo vuol dire andare contro di me, perché mi manca il coraggio.
<<Che vuoi dire?>> mi chiede perplessa. Ci metto tutta la forza di volontà per trattenere il magone. Deglutisco un paio di volte e cerco di sostenere il suo sguardo.
<<Vuol dire che… Grace, ho deciso di andarmene via da qua. Almeno per un po’ di tempo. Parto dopo domani.>> le rispondo velocemente.

La mia notizia la stordisce. La vedo balbettare qualcosa di incomprensibile, sbiancare e poi diventare paonazza.
<<Come… ma… perché… perché?! Sei impazzita? E dove andresti? Lasci tutto? Così?! Te ne vai via e ciao, al diavolo tutto?! Oh, Sarah…>> sbotta sconvolta. Sento quanto sia delusa dal mio comportamento ma lei sa solo di Josh, quindi immaginerà che il motivo sia per lui, ma non è solo per lui.
<<Vado a Londra. Mi ospiterà Paul per un po’.>> rispondo nervosa.
Non mi lascia finire. Questo è il suo brutto vizio, non lascia mai finire un discorso.
<<Paul?! Haha… oddio Sarah, quel Paul?>> continua a sbottare, isterica.
<<Si, quel Paul. Il Paul che non hai mai conosciuto. L’estate prima di entrare al college.>>
Dentro sto morendo e vorrei urlare e spaccare ogni cosa, ma, con tanta difficoltà, tento di mantenere autocontrollo.
<<Si… si mi ricordo. Mi parlasti di lui. Ma perché? Perché te ne vuoi andare via? Sono così arrabbiata con te. Avresti dovuto parlarmene molto tempo prima, ti avrei aiutato.>>
<<Non avresti potuto fare niente, Grace. È stata una decisione che, alla fine, ho preso all’ultimo. Ieri. Per fortuna, Paul ha deciso di aiutarmi. E guarda che lui è solo un buon amico. Che sia chiaro.>>
Grace prende la mia birra ormai calda e se la scola tutta d’un fiato. Mi dispiace lasciarla così, non avrei mai voluto darle una batosta simile.
<<Si, ti credo. Ma dimmi, perché lo stai facendo?>> mi domanda con il groppo in gola. Prendo un bel respiro, non è facile dirglielo, ma devo farmi coraggio.
<<Quando Noah è partito per Wilmington, quella stessa mattina… ho perso il bambino.>>

INSIDE OF MEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora