NEL LIMBO

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Sono di fronte ad un punto di non ritorno e la cosa peggiore è che ho una tempesta di emozioni dentro che non sarei neanche in grado di descrivere. Sono tornata come all’inizio, al primo giorno che lo vidi, all’incidente del caffè e al suo sorriso divertito mentre mi guardava quell’espressione imbambolata e terribilmente da ebete che avevo assunto a causa sua, ignara del fatto che mi sarei trovata davanti proprio lui e ancora ignara di tutte le situazioni che avrei dovuto affrontare da lì in poi.

Rivedendo quel sorriso, tutto riaffiora come se il tempo non fosse mai passato. Mi sento talmente in imbarazzo che, probabilmente stampata sulla mia faccia, c’è la stessa espressione di mesi prima. Quel ragazzo ha uno strano potere su di me e quando lo vedo sorridere così, i suoi occhi azzurri sembrano diventare ancora più luminosi e belli e mi blocco del tutto, la mia capacità di fare qualsiasi cosa si perde altrove. Dovrei forse darmi un contegno, anche perché lui potrebbe intendere una cosa per un’altra e non mi sembra il caso.
Sono semplicemente tre le cose da fare; tenergli testa, fargli vedere di essere sicura di me e cercare di non guardarlo direttamente negli occhi. Se ci riesco, allora per una volta, ho vinto io. Ovviamente, intanto che ragiono e mi illudo di poter pensare di riuscire a fare tutte queste cose, continua a guardarmi sfacciatamente. Credo di non essere mai riuscita a perdere così tanto la calma con qualcuno come con lui; Noah porta proprio all’esaurimento nervoso!
Decido di recuperare un po’ di me e di svegliarmi, intanto fino ad ora non è cambiato nulla e non ho voglia di rendermi ancora più ridicola.
<< Mi fai entrare? Non posso dormire qua sul vialetto.>>
Bene, doveva anche sembrare una supplica. Ho iniziato alla grande i buoni propositi! Non volevo fargli capire che ho bisogno di un tetto o che ho bisogno di lui, io non ho bisogno di lui.
Non cambia di una virgola quel modo irritante di fissarmi, sono sicura che cerca di mantenere quell’odioso contatto visivo per mettermi ancora di più in imbarazzo.
<< Non te ne stavi andando via? Scusami, ma ora ho da fare. Stai attenta per strada. Ciao. >>mi guarda ancora una volta e sbatte per la seconda volta la porta dietro di sé.

Mi sento un pesce fuor d’acqua ora. Resto ferma immobile, stupefatta, penso che in questo momento sia il mio cervello che il mio corpo si siano pietrificati. Nei miei film mentali mi stavo immaginando di tutto, ma non di certo questo. Io non ci posso credere.
Tra poco il buio prende possesso del cielo. Ho sonno, ho fame, sono convalescente e lui non ha un briciolo di pietà per me.
Che razza di persona sei, Noah?
Voglio ancora immaginare di essere all’interno di un incubo, questa non è la realtà. Che cosa faccio adesso? Non ho molte altre alternative e non ci riprovo più a suonare quel maledetto campanello, intanto non tornerebbe ad aprirmi ancora.

Mi siedo sullo scalino che porta all’entrata di quella casa, perdendomi in svariati ragionamenti che portano tutti alla stessa identica conclusione; Noah è chiaramente la persona più inutile e cattiva di questo mondo.
Il sole sta tramontando. La vista da qua è stupenda. Il cielo si dipinge di un colore talmente rosso che da l’idea di essere il cielo a prendere fuoco. È rilassante osservarlo e se fossi in grado di dipingere, allora lo farei, almeno avrei una buona scusa per far passare il tempo e per distrarmi un minimo. Ma qualcosa dietro la mia testa mi distrae e mi sprona a tornare all’attimo che sto vivendo, illuminando leggermente il vialetto e un po’ la mia figura. La luce proviene dall’interno di quella casa, significa che tra poco il sole si spegnerà ed io resterò ancora più sola, soprattutto quando pure la luce artificiale verrà spenta. Incomincia a fare un po’ freddino, allora mi avvolgo le ginocchia con le braccia, intenta a darmi un po’ di calore, ma serve a poco, tutta questa stanchezza e la debolezza non sono molto di aiuto. Servirebbe una bella maglia calda, un bel letto comodo e una bella cena, visto che il mio stomaco sta facendo dei brontolii parecchio rumorosi. Sono stremata e non ho neanche più la forza di ragionare, intanto ogni opzione che cerco, diventa comunque improduttiva.
C’è solo una opzione rimasta disponibile e la accetto; mi stravacco per terra.
Il pavimento è così freddo che provoca brividi fastidiosi lungo tutta la schiena. Domani avrò sicuramente il raffreddore e qualche altro malanno, ma per ora, poco importa. Voglio provare a dimenticare, visto che dovrò passare tutta l’intera notte così. Allora, inizio a guardare in alto, cercando di lasciarmi andare del tutto, facendomi cullare dal silenzio e in assenza di forze, chiudo gli occhi. Forse è nel sonno e nei sogni che qualcosa di bello riuscirò a trovare.

Mi sembra di stare sospesa in un limbo. Dove sono finita? Perché neanche nei sogni riesco a trovare un po’ di pace? Anche qui, sento la sua voce che chiama il mio nome. È impossibile, questo è puro tormento! Ho la sensazione che faccia ancora più freddo e la sua voce che continua a chiamarmi nuovamente. Una, due, tre volte qualcosa mi sta picchiettando sulla testa.
Mi sollevo con uno scatto improvviso e strabuzzo gli occhi per capire meglio se sto ancora dormendo oppure no e cosa o meglio, chi mi ritrovo per l’ennesima volta davanti. Qualcuno che invece di preoccuparsi per me, si diverte a prendermi in giro. Sempre e solo lui; Noah.
Non mi lascia in pace nemmeno mentre provo a dormire scomodamente e al freddo. Inizio a pensare che questo tipo sia solamente un pazzo psicotico, perché una persona normale di certo, non ha questo tipo di atteggiamento.
Non mi oso dirgli assolutamente nulla, voglio vedere fino a che punto ha intenzione di spingersi o vedere se magari ha raggiunto il suo limite.
<< Vuoi entrare e cenare insieme a me o hai intenzione di stare qua fuori tutta la notte? >>
Voglio stoppare il tempo, almeno per un attimo. Quello che sta succedendo è pura follia. A parte qualche strano verso, non mi esce nessuna parola dalla bocca.
<<Allora, entri? Hai fame? Manila ha fatto un po’ troppo cibo per non essere diviso. >> insiste, con quel tono quasi rassicurante.
Ma, un attimo; chi è Manila? Un’altra poveretta nelle sue mani? Immagino di si. Ora ho modo però di non fare più scena muta. <<Manila? >> risulto quasi agitata e se ne accorge, visto che scoppia a ridere.
<<Si, è un’amica di famiglia. Aveva bisogno di aiuto, perciò vive qui. Intanto la casa è molto grande e ognuno ha i propri spazi. Chi pensavi che fosse? >> e si mette a ridere spassosamente. Io non ci trovo nulla da ridere, al contrario. <<Niente. Lascia perdere. >> gli ribatto aspramente, mentre mi alzo da terra e con le mani mi pulisco un po’ i vestiti.  Lui è ancora così allegro, mi chiedo come faccia e, soddisfatto com’è, mi prende per mano, accompagnandomi all’interno, senza che io faccia resistenza. <<Andiamo, te la voglio presentare! >> mi ricorda un bambino felice in questo momento.
Non credo si aspetti una mia risposta però, ora sono curiosa di conoscere questa donna che ha il fegato di sopportarlo da chissà quanti anni.

INSIDE OF MEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora