DOLCE RISVEGLIO - Sarah

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SARAH

Credo di stare sognando. Mi sento così rilassata ed in pace. Forse sono morta? Ma se fossi morta, non riuscirei neanche a pensare, e invece sto pensando. Quello che so, è che non ho mai dormito così bene in vita mia. Allora chissà da quando tempo sto dormendo.
Riesco a percepire delle voci molto lontane e confuse, ma non capisco quello che si stanno dicendo e se effettivamente siano voci reali oppure no. È come se fossero ovattate, l'effetto dato è come avere la testa sott'acqua. Mi piacerebbe sapere di cosa stanno parlando.
Il mio corpo inizia a sentire un leggero torpore, significa che allora sono viva! Lo percepisco abbastanza indolenzito, soprattutto nella zona delle braccia e delle gambe. Ho freddo, probabilmente ho pure la febbre. Pian piano, le palpebre iniziano a sbattere ed in men che non si dica, finalmente, apro gli occhi.

Sono rigida, ferma immobile e ho un gran mal di testa che mi sembra provenire dalla nuca. I miei occhi sono aperti, ma sento il bisogno di chiuderli di nuovo per qualche secondo, perché mi sento come se fossi accecata da una forte luce. No, non sono in Paradiso ma... Ancora non riesco a vedere bene dove mi trovo. Provo ancora una volta a riaprirli, ma la vista si fa appannata. All'ennesimo tentativo, ci riprovo.

Non posso crederci, dove mi trovo non è di certo il Paradiso, ma un posto silenzioso, dove le pareti sono tutte completamente bianche e dove l'aria odora di disinfettante e medicinali.
Ecco dove mi trovo; sono in ospedale.
Cerco a fatica di riepilogare le mie ultime ventiquattro ore e capire il motivo per cui sono finita qua dentro ma, per ora, non riesco a trovare nessuna motivazione. Penso di essermi scordata qualcosa. So che mi chiamo Sarah e bla bla bla, ma cosa è successo?

In quella camera ci sono solo io. Mi volto verso la finestra in modo assente e posso notare i raggi caldi del sole penetrare all'interno. Penso che almeno oggi è una bella giornata. Guardo tutte le attrezzature poste vicino al mio letto e torno a riguardare il mio corpo addormentato.
Mi basta solo un secondo per voltarmi dall'altro lato della stanza e farmi venire un colpo. Mi sollevo prontamente e strizzo gli occhi un paio di volte per capire se quello che sto vedendo davanti a me sia una allucinante o no e, malamente, sbotto. << Tu?!>> la mia voce, seppur molto debole, nelle mie orecchie risulta uscire stridula. Non è possibile, deve essere sicuramente una allucinazione! Lui non può essere qui, seduto sulla sedia accanto al mio letto.

Noah mi guarda divertito. Mi sorride in un modo così strafottente che mi viene una gran voglia di prenderlo a schiaffi, peccato che sia bloccata in un letto d'ospedale e troppo gracile per riuscire ad alzarmi. << Buongiorno, Sarah.>> Sono sconvolta e lo fisso sconcertata, probabilmente avrò anche una faccia orribile. Voglio scappare!
Chissà che cosa starà pensando guardandomi, dato che continua a tenermi quei maledetti occhi puntati addosso. Ho un imbarazzo tale... non voglio crederci ancora, vorrei sperare sia solo tutto uno stupido sogno, ma il problema è che è reale e, in questo momento, il sorriso che mi rivolge è assurdamente bello.
Mi sento avvampare e con gesto involontario, distolgo il suo sguardo, provando a guardare un punto fisso nel vuoto. Perché lui è qua? Che cosa è successo? Lo guardo di sottecchi per vedere se effettivamente è qua e la risposta è affermativa.
Ma tra i tanti svariati modi per incontrarci, doveva succedere proprio in questo modo? Dovrei restare tranquilla e non dargliela vinta, ma è matematicamente impossibile rimanere calmi in certi sfortunati casi.
Che cosa dovrei fare, che cosa dovrei dirgli? Di nuovo è la mia voce stridula a parlare, risultando ancora più turbata. << Che... che cosa ci fai qui? >> mi sento un brivido freddo percorrere tutto il corpo. Credo che Noah abbia appena notato quanto sia spaventata, perché ha smesso di sorridere, diventando immediatamente cupo. << Non ti ricordi proprio nulla? >>
Deve smetterla di fissarmi così, per quanto lo odio, ha ancora un certo effetto su di me, è qualcosa di inspiegabile. Deglutisco e faccio cenno di no con il capo. Allora Noah si alza e si avvicina al mio letto. Prego che non veda come lo sto osservando, perché ne rimango incantata. È affascinante anche nei modi, pure nel gesto di mettersi le mani in tasca.
<< Ti ho portato io in ospedale. Quindi, potresti iniziare con il ringraziarmi. Poi, risponderò al resto.>>
Quanto è insopportabile! Ma chi si crede di essere? Questo è il Noah che ho conosciuto; il ragazzo più arrogante e odioso del pianeta!
Sono sbigottita e tutte le fantasie che fino a poco fa stavo facendo su di lui, sono immediatamente svanite. Allora torno a sbottare e neanche sotto tortura lo ringrazio.
<<Sei solo un essere arrogante e comunque, no. Ho vaghi ricordi e una emicrania pazzesca. >>
Sempre senza distogliere gli occhi dalla mia faccia, prova ad avvicinarsi ancora un po', ma lo fulmino. Sapendo che sono ancora convalescente, forse riesce a provare un po' di pietà, perché acconsente al fulmine che gli ho appena lanciato e si ferma lì dov'è.
<<Vuoi che vada a chiamare la dottoressa? Hai bisogno di qualcosa? >> Si, ho bisogno che ti levi dai piedi! No meglio non dirglielo, lo ferirei nel suo stupido orgoglio, ma non riesco a capire tutta questa premura nei miei confronti, quindi meglio mordersi lingua.
<< No, grazie... voglio solo tornare a casa. Ora, puoi dirmi cosa è successo? Per favore.>>
Accidenti, troppo gentile. Sto abbassando la guardia però, forse è meglio così, magari riesco a cavargli qualcosa dalla bocca. Mi sembra così strano vederlo preoccupato e serioso, sembra anche essere sincero.
<< Lo sai che eri con Josh Lemaine? >> Annuisco e sentire pronunciare il suo nome mi risveglia dei ricordi.
<< Si... lui dov'è? Sta bene?>> L'espressione di Noah non mi rassicura affatto, abbassa addirittura la testa, non mi guarda più. Perché si è rabbuiato così tutto d'un colpo?
<<Noah? Dov'è Josh?>>
Ho paura che sia successo qualcosa a Josh e che Noah non abbia coraggio di dirmelo. Un'altra domanda mi si risveglia nel cervello subito dopo, senza dargli modo di ribattere. << E aspetta... come fai a conoscerlo?>> glielo domando tutto d'un fiato.
Noah torna a guardarmi ma i suoi occhi mi raggelano, come quella volta del disastro nell'ufficio di suo padre e sembra volermi dire qualcosa quasi sottovoce. <<Sarah, so che vorresti sapere tutto subito, lo comprendo, ma tutte queste domande mi innervosiscono. Quindi, per favore, ti risponderò a tempo debito. Ti dirò tutto quello che vorrai sentire, ma in un luogo appropriato. Questo non mi sembra il posto più adatto per poter discutere, anche perché sono qua, perché tra poco ti dimettono e ti riporto a casa. Ma ora, ho bisogno che tu mi dica quello che ricordi.>> il suo tono è così freddo, duro, quasi professionale. Non sembra volermi aiutare. Mi sorprendo di me stessa per quello che, senza ragionare, sto per fare.
<< Proverò a fidarmi di te ma solo questa volta.>>
Prendo un po' di fiato e proseguo. <<Brevemente, io e lui avevamo una relazione ma l'ho lasciato. Abbiamo discusso, cioè, in realtà l'ho mandato a quel paese e me ne sono andata via. Durante la mattinata, è venuto ubriaco fradicio a casa mia per riprovarci. Volevo dargli una seconda possibilità ma, alla fine, ho deciso che non gliela avrei mai più data e abbiamo litigato. Ricordo che mi stavo divincolando dalla sua presa e sono caduta, almeno penso di essere caduta... sicuramente ho sbattuto la testa, visto che mi fa un male cane. Ma ho perso i sensi e per ora, non ricordo altro, scusami... sei fortunato, sai? Non appena ho riaperto gli occhi oggi, non ricordavo praticamente quasi nulla, poi tu hai pronunciato il suo nome e... piano piano tutto sta riaffiorando. >>
Noah si limita solo a scrutarmi senza dare alcuna risposta a quello che gli ho appena raccontato.
Lentamente, si volta dandomi le spalle e se ne esce fuori dalla camera. Tento di urlargli dietro, anche se la debolezza che ho addosso non è d'aiuto alla mia voce. << Hey! Dove stai andando?!>>
Dalla mia voce esce uno stridulo lieve e roco, è quasi imbarazzante. Lui continua a darmi la schiena, mostrandomi solo un misero pezzetto del suo profilo, forse per fare in modo che possa sentirlo bene, dato che mi risponde con mezza voce e a fatica riesco ad udirlo. << Vado a chiedere di dimetterti.>>
Noah se ne va, esce dalla stanza lasciandomi sola. Non vorrei neanche pensarlo, ma mi sento un po' stranita senza di lui, soprattutto, vederlo uscire in questo modo silenzioso.

Quello che faccio è da esaurimento nervoso. Sono stufa marcia di stare in questo letto scomodo, voglio andarmene via da qua. Molto lentamente mi alzo, poggiando prima un piede e poi l'altro sul pavimento freddo. Le mie gambe fanno fatica a reggersi, tremano e sono molto deboli, ho la sensazione di dover cadere da un momento all'altro. Resto per un attimo con le mani poggiate al materasso, prendendo due bei respiri e nel mentre penso "posso dimettermi anche da sola, non ho bisogno del suo stra maledetto permesso".
Mi infilo le scarpe da tennis. I miei piedi trovano sollievo dentro quelle scarpe. Fortunatamente, mi hanno lasciata vestita com'ero; una comoda tutta da ginnastica di colore blu notte. Tentennando leggermente nel camminare, mi avvio verso l'uscita della stanza.

Cammino a passo incerto lungo il corridoio, reggendomi alla parete di tanto in tanto. Ho timore che la mia testa possa giocare brutti scherzi e farmi fare un altro bel capitombolo. Ma alla fine, raggiungo l'entrata, passando davanti all'ufficio di accoglienza, dove mi accorgo di un Noah intento a firmare qualcosa; probabilmente le mie dimissioni.
Allora provo ad andare più spedita, cercando di non farmi accorgere. Improvvisamente, una voce, la sua voce mi chiama. << Sarah! Ma cosa...>>
Ha un tono di un non so che tra l'essere arrabbiato e l'essere perplesso. Non ci provo neanche a voltarmi, gli lancio solo un dito medio e continuo la mia ardua camminata.

Sento strattonarmi da un braccio e quindi, bloccarmi. Mi volto e mi trovo davanti un Noah dallo sguardo furioso. << Che cosa ti passa per quel dannato cervello?!>>
Sembra che voglia sbranarmi. Mi sbraita in faccia a denti stretti. Lancio un'occhiata veloce all'infermiera che in questo momento ci sta osservando allibita, passando subito a Noah. Faccio un gesto involontario ma che era da tanto che volevo fare; gli tiro un sonoro schiaffo. << Non voglio avere nulla a che fare con te! Mi hai capito bene?! >>
Sono infuriata e lui, invece di rispondere, sorride divertito.
Sto per tirargli un altro schiaffo dalla gran voglia che ho di farlo ancora, ma lui mi lascia di stucco; mi prende in braccio come se fossi un pupazzo leggerissimo, portandomi fuori da quell'ospedale.
I miei tentativi di ribellione risultano vani. Noah continua la sua processione sotto gli sguardi perplessi e divertiti delle persone presenti, che ci seguono fino all'uscita.

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