NOAH

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NOAH

Sono dentro casa di Sarah, semplicemente perché sia il portone che la porta del suo appartamento erano spalancati.
Qualcuno, prima di me, era già con lei. "Qualcuno" come Josh, una persona che, purtroppo, conoscevo molto bene.

Ma una domanda sorge spontanea: come fanno a conoscersi? Lui non è certo il tipo di persona che una brava ragazza come lei vorrebbe frequentare.

Stavo andando da lei perché avevo bisogno di parlarle, di dirle la verità su quanto accaduto alla Stumphone.
E poi… volevo riaverla con me.

Non so perché ci tenessi così tanto. Abbiamo avuto una sorta di antipatia reciproca fin dal principio, e di solito, quando mi imbatto in persone del genere, tendo a tenerle alla larga o a farle impazzire fino a farle fuggire a gambe levate.
Però, ed è tutto così confuso, quando lei è nei paraggi, percepisco qualcosa che non riesco a descrivere.

Sono appena entrato e la vedo distesa a terra, priva di sensi.

«Merda... Sarah!»

Accanto a lei c'è Josh. La sta fissando con lo sguardo perso nel vuoto.
I nostri occhi si incrociano per mezzo secondo, e mi sembra di notare che nei suoi ci siano sensi di colpa.

Mi precipito su Sarah, passando davanti a lui senza rivolgergli una parola. Almeno per ora.

Provo a chiamarla più volte, ma niente. Le picchietto lievemente il viso, ma non si muove di un millimetro.
Josh resta fermo, continuando a fissarla in silenzio. Sembra in trance.

Allora, livido di rabbia, mi avvento su di lui, afferrandolo per il collo della giacca e sbraitandogli in faccia.
«Che cosa le hai fatto?!»

Ma lui continua a fissarla.
Lo strattono più volte, cercando di attirare la sua attenzione, ma è come se stessi scuotendo un pupazzo di pezza.

«Che cosa hai fatto a Sarah?!» ripeto.

Sono talmente vicino al suo viso da sentire il suo alito puzzare di alcol.
Gli stringo più forte il colletto. In questo momento, vorrei solo ucciderlo. La rabbia mi brucia il cervello. La vena del collo pulsa, pronta ad esplodere.

Josh sembra uscire per un attimo dalla sua trance. Allento leggermente la presa.
Mi guarda, e nei suoi occhi leggo paura, più che altro.
Cerca di dire qualcosa con un filo di voce.
«Io… io…»

Mi stacco e gli sferrò un pugno che quasi lo ribalta a terra.
Ormai il mio sangue ribolle e la mia rabbia è fuori controllo.

«Dimmi che cosa le hai fatto! Una merda come te sarebbe capace di tutto!»

Josh non è ancora a terra, ma è come se lo fosse. La bocca sanguina e con il dorso della mano, cerca di ripulirla.
Osserva il sangue sulla mano per un attimo, poi torna a guardarmi. Ora è di nuovo il Josh che conosco, quello che odio.
Mi fulmina con lo sguardo, parlando a denti stretti.
«Io non le ho fatto niente.»

Sto per colpirlo ancora, ma continua con il suo discorso.
«Sono venuto da lei per chiederle scusa, per avere il suo perdono. Abbiamo parlato. Dopo un po', ha iniziato a sclerare e a spintonarmi. Io cercavo solo di calmarla. Uno strattone di troppo e… è caduta. Tutto qui. È stato un incidente.»

Stringo la mascella e i pugni, cercando di controllare il respiro.
«Ha sbattuto la testa e ha perso i sensi e tu lo chiami incidente.»

Lui annuisce. Il nostro confronto si interrompe. La mia voce è bassa, ma lo sguardo che gli lancio brucia.
Non sembra però spaventato. Mi fissa con aria di sfida.

Vuole sfidarmi? Bene. Lo faremo. Non ora. Ora lei viene prima. Ma lo sfiderò presto. Pagherà per tutto, soprattutto per quello che ha fatto a lei.

Vederla così mi rende debole. Mi confonde. Mi sento in colpa per non averla protetta.
Se solo fossi arrivato un attimo prima…

Ignoro Josh e torno da lei, ripetendo le stesse manovre di prima. Niente.
La sua voce, arrogante e velenosa, arriva alle mie spalle.
«Sei un povero perdente, Noah.»

Cerco di ignorarlo, concentrandomi solo su Sarah.

«Sai cos’hai fatto? Sai cos’hai causato? Sei un mostro. Se Sarah si riprenderà, perché si riprenderà, sarai tu a ucciderla.»

Scoppia in una risata sarcastica. Lo odio. Le mani mi formicolano.

Non esiste una cazzo di frase calmante da ripetere in testa in questi casi? Se non fosse per lei, l’avrei già ammazzato.

Il tempo scorre e lei non si sveglia.
Ho paura. Mi sento perso.

Decido che la cosa migliore è portarla via da lì. E soprattutto, lontano da lui.

La sollevo. È leggera, fragile. Con gli occhi chiusi sembra una bambina.
Sembra folle, ma in mezzo a tutto questo, non riesco a non pensare a quanto sia bella. Più la guardo, più me lo confermo.

La tengo fra le braccia e, forse più per me stesso che per lui, dico sottovoce:
«Non puoi impedirmi di stare lontano da lei.»

Josh però mi sente.
«Invece sì. Certo che posso impedirlo. Lei non significa niente per te.»

Non rispondo. Lo ignoro e mi avvio verso l’uscita. Anche le sue urla le ignoro.
«Ehi! Fermati! Dove stai andando?!»

Josh mi afferra per un braccio.
«Dove la stai portando?!»

Guardo con disgusto la sua mano stretta sul mio braccio.
«In ospedale. Mi prenderò cura di lei. E tu… non seguirci. Dirò alla polizia quello che hai fatto, e credimi, tutto è contro di te. Nessuno crederebbe mai a uno come te. Resta fuori dalla sua vita, Josh.»

Lui lascia la presa e fa un passo indietro. Sembra gelato.

Ci guardiamo un’ultima volta.
E non posso non notarlo, dopo le mie parole, nei suoi occhi, rivedo quel vuoto. Quello stesso vuoto di prima.

INSIDE OF MEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora