CAPITOLO XXX

71 7 8
                                    

«I tuoi livelli di pressione sono nella norma», sentenziò Amanda, mentre risistemava con cura l'apparecchio elettronico nella sua scatola.

«Era ora!» esclamò Federico. «Non ne potevo proprio più, di quelle minestrine scondite che mi propinavano in ospedale.»

«Immagino. In ogni caso, non bisogna mai esagerare con il condimento.»

«Non posso darle torto, infermiera Benassi.»

Il sorriso spensierato di Amanda si bruciò d'un colpo, e Federico si rese subito conto della sua gaffe. «Scusami tanto, tesoro. Non volevo ferirti, e... soltanto adesso ho pensato che—»

«Che Benassi non è il mio vero cognome», completò la ragazza, scostando lo sguardo.

«Ma tu ce l'hai comunque, un'identità. Devi soltanto scegliere a quale appartenere. Oppure, puoi anche non farlo. Non siamo mica obbligati a scegliere "da che parte stare"! Amanda, voglio che ti sia chiara una cosa: io non pretendo che tu, a partire da questo momento, "porti" il mio cognome. Non sono un cavernicolo. E non è questa, la cosa più importante. Certo, i legami di sangue sono un qualcosa di indissolubile, ma i sentimenti lo sono ancora di più. Solo quelli, contano. E io vorrei solo il meglio per te.»

«Lo so», gli rispose Amanda, in tono conciliante. «È che... una parte di me si è sentita presa in giro, e... e, almeno per adesso, non intendo tornare sui miei passi.»

«Questo significa che... che vuoi continuare a stare con me?»

«Tu che ne dici?» gli chiese lei, l'espressione dubbiosa.

«La scelta è solo tua. Io, per parte mia, sono felicissimo di averti intorno. E, se non fosse che ormai non sei più una bambina da un pezzo, ti avrei regalato un intero negozio di giocattoli, pur di vederti sorridere.»

Amanda scosse il capo, intenerita e altrettanto sorpresa dagli sguardi adoranti che l'uomo, di tanto in tanto, le rifilava. «Sarei cresciuta come la classica bambina viziata a cui tutto è concesso, però.»

«Viziata, ma felice. Certo, sono l'affetto e la presenza, quello che conta di più. Avere tra le mani tante cose non ci rende necessariamente delle persone soddisfatte.»

«Tu sei stato un bambino felice?» gli chiese Amanda, sinceramente interessata.

Federico sembrò perdersi nei suoi ricordi più belli. «Sì, direi che lo sono stato. I miei genitori sono stati un grande esempio, per me.»

A differenza di quelli di mia madre, pensò Amanda.

«È stato anche grazie a loro, se io e mio fratello non ci siamo mai sentiti in competizione su qualcosa», proseguì Federico. «Anche se di una cosa, in realtà, mi dispiacerà sempre moltissimo. Mia madre ci teneva parecchio, a diventare nonna. Ogni tanto, mi chiedeva se io e Roxanne avessimo mai preso in considerazione "l'idea" di allargare la famiglia, fino a quando, be'... fino a quando, poverina, non ha smesso di chiedermelo – proprio lei, incredibile a dirsi, aveva finito per arrendersi! Sarebbe stata contenta di conoscerti.»

«Non sconvolta?»

«Be', di sicuro, avrei dovuto spiegarle un paio di cosucce, ma ti assicuro che ne sarebbe stata davvero felice. Ti avrebbe accolta a braccia aperte.»

In Un Giorno QualunqueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora