CAPITOLO XIII [SECONDA PARTE]

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In perfetto silenzio, Amanda e Federico raggiunsero la stazione. Mancavano poco più di dieci minuti alla partenza, un cospicuo numero di passeggeri che si muoveva in lungo e in largo cercando il proprio vagone, fior fior di valigioni che rumoreggiavano sull'asfalto.

«Sta per arrivare», si decise a dire Federico, senza alcuna sfumatura particolare nella voce.

Amanda non sapeva se il suo intervento sarebbe stato o meno gradito, quindi si limitò ad annuire, senza però smettere di osservarlo di sottecchi. I tratti del suo viso non accennavano ad ammorbidirsi, la mano sinistra a giocherellare di continuo con un pacchetto di Chesterfield. Alla ragazza sembrò che si stesse trattenendo non poco dall'estrarre un'altra sigaretta da potersi fumare all'istante, probabilmente per scaricare tutta quella tensione che il suo corpo stava tradendo al pari del suo volto, di quelle labbra sempre più contratte che, pur gentili nella forma, assumevano contorni dal taglio sempre più enigmatico.

«Tu sei sicuro che sia un buon momento per... Sì, insomma, sei sicuro di non voler rimandare l'appuntamento?» Le costò uno sforzo enorme pronunciare quelle parole, come coinvolgere gli occhi in quelli – imperscrutabili – di lui.

«Hai cambiato idea?» le chiese di rimando Federico.

Proprio in quel momento, il treno giunse a destinazione e si apprestò a fermarsi davanti a loro e alla miriade di persone che l'aspettavano. Ad Amanda mancò la terra sotto ai piedi, mentre nella sua testa stava disperatamente cercando una risposta da dargli, possibilmente senza irritarlo.

«Avanti, sali pure», riprese lui, addolcendo per un momento lo sguardo. «Anche perché avrei una cosa da darti.»

La ragazza si riscosse e, anche questa volta, non riuscì a non fidarsi del proprio istinto. In quegli occhi verdi vi lesse una sincera speranza. Senza fiatare, montò sul treno, Federico al seguito, quindi presero posto nel vagone che era stato loro assegnato. Con aria impacciata, l'uomo le porse quella bustina che aveva tenuto per tutto il tempo tra le mani sin da quando era arrivato per assistere alla sua presentazione. «Tieni, è per te», le disse, poco convinto.

Amanda trasalì. Non appena vi sbirciò dentro, rialzò la testa, scioccata. «Un regalo per me?» domandò, a mezza voce.

Lui scrollò le spalle. «Mi sono giusto permesso di facilitarti il reperimento di quei volumi. Non è niente di eccezionale», le disse, sfregandosi la tempia destra con l'indice.

Amanda capì al volo. «Non dirmi che...» Con aria eccitata, estrasse il grosso pacco-regalo completo di coccarda e si apprestò ad aprirlo, le mani che le tremavano leggermente. Lo sguardo inquisitorio di Federico aveva lasciato spazio a un'espressione che lei, perlomeno sulle prime, non riuscì a decifrare. Sembrava un miscuglio di tenerezza e curiosità, timore e altrettanta aspettativa. E chissà cos'altro.

Non appena vide Proust in copertina, il suo cuore sussultò. «Oddio, ma sono tutti e sette i volumi!» esclamò, completamente rapita. La copertina rigida, le pagine così sottili e quel piacevole rumore che le stesse producevano nell'essere sfogliate... Quei deliziosi dettagli la mandarono in estasi. «Ma dove l'hai preso, si può sapere?»

«Mmh... Forse in libreria?» ribatté lui retoricamente, lasciando appena intravedere il suo sorriso.

«Non credevo ne avessero fatto un'edizione così nuova.»

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