CAPITOLO XXXVII

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Sei mesi più tardi...


Amanda parcheggiò la vettura nei pressi del fiorente giardino che circondava la casa di Federico, quindi si addentrò nel cortile, ansiosa più che mai di rivederlo. Dopo varie insistenze, Alessandro le aveva permesso di guidare la propria auto anziché prendere l'ennesimo treno per andare a trovarlo. Le sfuggì un sorriso divertito. Vivevano insieme da circa tre mesi e, sin dal momento in cui Amanda si era stabilita nel suo confortevole e accogliente habitat, aveva scoperto che il suo amatissimo fidanzato, per quanto meraviglioso, nascondeva nel cassetto più difetti di quanti ne avesse mai ipotizzati agli albori. A lei, però, piaceva proprio per questo. Era proprio quell'accozzaglia di difetti che, mescolandosi a quelli altrettanto ragguardevoli di lei, lo rendevano un uomo unico nel suo genere. 

«Ma che non ti fidi di me?» gli aveva chiesto lei, trattenendo a stento una risata. Solitamente, gli era difficile dirle di no, ma quando poi si decideva a muoverle qualche obiezione, diventava più testardo di un mulo. E assolutamente incorruttibile.

«Non è questo. Soltanto che non guidi da un po' di tempo, e quindi—»

«Non mi servono le tue lezioncine, carino. Dai, su! Affidami il tuo gioiellino» – neanche fosse stata una Ferrari, aveva pensato lei! – «e vedrai che te lo riporterò tutto intero.»

«Ma guarda che non sono mica geloso della mia macchina, figuriamoci!» L'aveva quindi attirata su di sé, un luccichio negli occhi che Amanda interpretò come l'ennesimo punto interrogativo.

«E allora?»

Quel luccichio aveva assunto un'altra forma. «Amanda, ascolta... l'ho portata dal carrozziere giusto un mese fa!»

«Ma non è stata colpa mia! Ti ho detto che ero completamente ferma ai lati del marciapiede e che un deficiente mi ha tamponata! Quante volte te lo devo dire?»

«Appunto per questo!»

«Guarda che poteva succedere anche a te!»

Lui aveva alzato gli occhi al cielo. «Su questo hai ragione. Ma sta di fatto che mi sono spaventato a morte. E non certo per la macchina.»

«Cioè... quindi non vuoi lasciarmi andare per questo motivo? Perché hai paura che possa succedermi qualcosa? Allora che farai quando ne comprerò una mia? Mi rinchiuderai nello sgabuzzino cercando di tenermi buona con quei gustosissimi manicaretti che hai preparato la settimana scorsa? Oppure comprerai un bel paio di manette e mi incatenerai al nostro lettuccio per settimane?» Amanda, con quel discorsetto, aveva sperato di farlo sorridere, e fortunatamente ci era riuscita.

«Potrebbe essere un'idea, in effetti.»

«A che ti riferisci?»

«Alle manette», aveva risposto lui, buttandola sullo scherzo.

«Ah-ah. Allora? Cosa mi rispondi?» La ragazza aveva messo su uno sguardo implorante, le labbra a un soffio dalle sue.

«Che ci devo pensare.» 

Mamma mia, ma quanto è testardo!

Le sfuggì un altro sorriso. Non riusciva ancora a credere che fosse rimasto impassibile dinanzi al suo "sfrontato corteggiamento". Si era scostato da lei senza mostrare il minimo segno di cedimento. Amanda, però, non aveva certo mollato.

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