Good luck

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Simone non aveva mai avuto bisogno di fortuna.

Non prima dei compiti o delle partite di rugby.

Da bambino, ogni volta che sua madre gli augurava buona fortuna, le rispondeva: "Ma non ho bisogno della fortuna, mamma, io mi sono preparato!"

Poi era cresciuto, era diventato adolescente ed erano arrivate le ansie, le paure e le consapevolezze. Più consapevolezze acquistava, più importanza cominciavano ad avere le cose, più le ansie di trasformavano in superstizione.

E allora a ogni "Dai, amore della mamma, sta' tranquillo, ché di sicuro prendi dieci anche stavolta", rispondeva "Fammi toccare ferro, va'" facendola ridere.

Poi, mamma era partita e i suoi incoraggiamenti erano diventati d'improvviso in bocca al lupo, detti a denti stretti prima e accompagnati da affettuose pacche sulle spalle e un amore di papà poi, da parte di papà.

"Grazie" rispondeva sempre, ché non gli andava più di spiegargli perché si dicesse viva il lupo e non crepi il lupo: la prima volta che lo aveva fatto avevano finito per urlarsi contro.

Anche se il loro rapporto era poi migliorato, Simone aveva lasciato fossero i suoi compagni di classe a spiegargli la differenza, le volte successive.

Per fortuna, a Manuel non aveva alcun bisogno di spiegarlo.

Ecco, forse Manuel era stata la prima vera prova tangibile per Simone che la buona sorte esisteva, che era davvero un'energia positiva che faceva muovere il mondo.

Incontrare Manuel, diventare suo amico, innamorarsi di lui: forse non a tutti sarebbero sembrati eventi fortunati, ma Simone aveva scoperto di avere un cuore che batteva nel petto, al posto del buco nero che aveva sempre creduto di avere, che gli impediva di sentire qualcosa che non fosse il vuoto perenne.

La buona sorte era poi diventata magnanima e Manuel era diventato il suo ragazzo, perché si era innamorato anche lui. Manuel. Di Simone.

E da allora era tutto andato bene, bene, benissimo — così bene che Simone si chiedeva spesso se dietro il volto bendato della dea non si nascondesse la faccia del suo primo ("e ultimo") amore.

*

Aveva spiegato questa teoria a Manuel una sera, dopo aver bevuto una birra di troppo (sotto lo sguardo vigile e attento dell'altro.)

"Tu sei il mio portafortuna" aveva biascicato contro il suo collo con una risatina, brillo quanto bastava per sentirsi leggero. "Da quando ci sei tu, va tutto bene. Tutto."

Manuel lo aveva stretto a sé e gli aveva lasciato dei baci sulla tempia. "È per questo che me tocchi sempre?" aveva detto, gli occhi che luccicavano di felicità. "Tocchi Ferro?"

E a Simone era sembrata la battuta più bella del mondo: aveva riso tantissimo, così tanto che gli occhi avevano iniziato a lacrimare. "Tocco Ferro" aveva ripetuto, un po' acuto, lasciandogli dei piccoli baci sul collo. Toccare ferro. "Mmm" aveva mugolato piano poi, mentre lo stomaco ancora gli faceva male per le risate — la mano che si posava sulla coscia dell'altro, poi su, poco più su. "Mi piace tanto toccare Ferro."

*

C'erano gli incoraggiamenti di Floriana. La cruda dolcezza della fiducia che riponeva in lui, nelle sue capacità, che gli abbassava il volume dei pensieri negativi.

C'era la pacca sulla spalla e quell'in bocca al lupo, amore di papà di Dante, che gli facevano tremare il petto e lo riempivano di tutto il calore di cui era andato alla ricerca durante tutta la sua infanzia.

Poi, c'era Manuel.
Le sere passate a baciarsi, toccarsi, a ridacchiare come due stupidi perché:

"Buona fortuna" a cui seguiva un: "Se non ti bacio per bene, poi domani va male" e: "Te ne stai a' approfitta' 'n po' troppo, però."

C'erano i suoi occhi lucidi, le sue labbra rosse, i suoi capelli spettinati. Il modo in cui parlava, in cui si muoveva, la passione che ci metteva, le speranze che riponeva.

C'era tutto questo grande e profondo abisso in cui Simone si rifugiava costantemente, in cui le sue paure diventavano neve sciolta al sole, in cui trovava riparo contro tutte le cose negative.

C'era Manuel: l'abisso luminoso, la sua dea bendata, la prova provata che Simone poteva e sapeva essere felice. 

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nda ciao <3 

Senza starci troppo a ragionare || #simuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora