Raccolta di storielle brevi (e senza alcuna logica) ispirate a una lista di cento modi diversi per dire "ti amo"
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Raccolta di:
Drabble (da 100 a 199 parole)
Double drabble (da 200 a 299 parole)
Triple drabble (da 300 a 399 parole)
Flashfic (da 500...
Manuel aveva smesso di festeggiare il proprio compleanno a undici anni, quando aveva cominciato a prendere coscienza degli sforzi che sua mamma faceva per comprargli quello che desiderava. Non era mai stato viziato, aveva da subito imparato a rinunciare a quello che voleva per non pesare troppo su sua madre, ma c'erano sempre stati dei momenti in cui le faceva credere di non negarsi nulla, di... di volere tutto quello che gli altri bambini volevano.
Poi, a undici anni, si svegliò a notte fonda e vide sua mamma che teneva in mano una delle tante bollette che erano arrivate quel giorno.
Ricordava ancora quanto forte le mani dolci della mamma stringevano quella carta, fino a stropicciarla, e il modo in cui la sua schiena si muoveva mentre singhiozzava.
"Come faccio, come faccio, come faccio" sussurrava, muovendo nervosamente la gamba — la voce tremante.
Manuel era rimasto lì a osservarla qualche altro secondo, poi era tornato in camera e si era infilato sotto le coperte.
La mattina dopo, era andato da lei e, con aria determinata, le aveva detto: "Ma', non preoccuparti pe' la festa. Quelle le fanno solo i bambini. Io ormai so' grande."
Subito dopo, senza darle nemmeno il tempo di replicare, era corso in camera, aveva raccolto tutte le monetine che aveva sparse in giro per la camera, comprese quelle conservate nei salvadanai, ed era tornato da lei.
"Però, se te va, posso offrirti un gelato."
Negli anni, le cose non erano cambiate poi molto: il suo compleanno era diventato un giorno come un altro per lui, nonostante le continue insistenze di Anita per festeggiarlo. Il gelato insieme era l'unica tradizione che le concedeva: anche a costo di sembrare due matti a girare per il centro con due coni in pieno novembre.
Era l'unica cosa speciale che faceva quel giorno, quindi non era così strano che Simone non sapesse quando fosse il suo compleanno. Non finché non lo aveva scoperto da solo, mentre aiutava suo padre a litigare con il server del registro elettronico.
"Manu, ma sabato prossimo è il tuo compleanno?" aveva chiesto, il tono sorpreso, e Manuel aveva fatto spallucce.
"Seh."
"Perché non mi hai detto niente? Non ti ho nemmeno fatto gli auguri l'anno scorso."
"È 'n giorno come n'altro" aveva risposto. "Non lo festeggio mai, non... non me va de perde' tempo a festeggia'."
In tutta risposta, Simone lo aveva guardato come se capisse, come se comprendesse — perché lo faceva. Perché Manuel non era l'unico a sapere cosa si provava a non volere troppi festeggiamenti, a sentire di non meritarsi tutti i regali e gli auguri, a pensare che sarebbe meglio far finta di nulla.
Quell'anno, Simone lo aveva aspettato in salotto, quando era tornato dal solito gelato con la mamma, e aveva messo su uno dei suoi film preferiti.
"Questa può essere la nostra tradizione" gli aveva detto, mentre gli porgeva una tazza di cioccolata calda.
"Sperando sta cioccolata non me faccia volta' lo stomaco dopo er gelato" aveva risposto lui, guadagnandosi un buffetto sul petto.
*
Quando Manuel tornò a villa Balestra dopo il pranzo con Nicola e Viola (la sua terza tradizione per il compleanno, iniziata proprio quel giorno), si ritrovò un pacchetto sul comodino e Simone che lo guardava con sguardo un po' colpevole.
"Com'è andato il pranzo?"
"Perché non sei venuto?" domandò Manuel, afferrando il pacchetto e girandoselo tra le mani. Era rosso e rettangolare con un fiocchetto rosa, un po' piccolino. "Papà te voleva vede', c'era pure Rayan, pensa 'n po'."
Aveva cominciato a chiamare Nicola papà soltanto da un paio di mesi: avevano legato molto grazie a tutte le videochiamate che l'uomo gli aveva fatto mentre era a Tokyo (e grazie allo zampino di Viola, che cercava di coinvolgere costantemente Manuel in ogni cosa riguardasse il loro papà.)
"Avevo una cosa importante da fare."
Manuel lo guardò per un secondo, tornando poi a guardare il pacchetto. "Mhm. Questo?" domandò sventolandolo in aria.
"So che non vuoi ricevere nessun regalo, però..." Simone iniziò, mentre il più grande cominciava a scartare il regalo. "Ho preso questi per te."
Questi erano due ciondoli a forma di dinosauro uniti da due metà magnetiche di un cuore. Manuel li afferrò delicatamente, posando lo scatolino sul comodino, mentre Simone continuava a parlare.
"Cioè, in realtà sono per te e per me" chiarì. "È che pensavo a Dino Sauro e a come quello sia qualcosa che ci ricorda Jacopo." Il più grande alzò lo sguardo e notò l'espressione un po' imbarazzata di Simone. "Ecco, questo può... può ricordarci di noi. Così, se a settembre dovremo dividerci per l'università, sapremo che... che ci saremo sempre."
Manuel sentì gli occhi inumidirsi un po' e il cuore scoppiargli nel petto. Lui non gli aveva chiesto nulla per il suo compleanno, ma Simone era riuscito per ben due volte a capire quello di cui aveva bisogno in quel giorno.
Chissà com'è che faceva: come riusciva a farlo sentire sempre così amato, così importante per qualcuno.
Era qualcosa che Manuel ancora faticava ad accettare, ma Simone riusciva sempre a sorprenderlo, a fargli sperare di... di poter essere leggero per un'altra persona e non soltanto il peso che era sempre stato.
"Grazie." Manuel non sapeva davvero cosa dire, cosa fare. Come potergli dimostrare tutto l'amore che gli incendiava le viscere. "Io..." ti amo, ti amo, ti amo. "È il regalo più bello che abbia mai avuto, davvero."
Lasciò che Simone gli mettesse il ciondolo e poi lo aiutò a sua volta, prima di dargli un bacio.
E poi un altro.
E un altro ancora.
"Però, Simò..." sussurrò, appoggiando la fronte contro la sua. "Io de noi me ricorderò sempre. Perché un noi ce sarà sempre."
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nda la foto dei ciondoli da un tweet di moonguidesme:
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