Have a good day at work

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Quando Manuel era agitato per qualcosa non parlava. Se ne stava zitto, mentre girava per casa, magari gesticolando un po', con un faccino da cane bastonato che Simone proprio non riusciva a ignorare.

Poi, però, quando arrivava il momento di affrontare quello che gli metteva ansia, metteva su una maschera di spavalderia che quasi lo faceva risultare antipatico; ma in realtà era soltanto un modo per proteggersi, per dirsi che agitarsi era inutile.

Quella volta non era da meno.

Manuel avrebbe cominciato il tirocinio per il TFA al Da Vinci, ché Dante aveva insistito per tenerlo a battesimo (probabilmente, avere lui come tutor era una delle cause principali della sua agitazione.) Per tutta la settimana Simone era stato testimone consapevole del suo mutismo, dei suoi monologhi mentali e della maratona che aveva tenuto nel loro appartamento.

Ora, Manuel se ne stava davanti allo specchio della loro camera, e continuava a passarsi la mano tra i capelli. Simone lo guardava mentre li spostava qui e lì con degli sbuffi frustrati.

"Ricci de merda, guarda qua. Ma non potevo esse' liscio, io?" si lamentò. "Perché li ho fatti ricrescere così tanto? No, no. Oggi me li taglio. Mi rapo a zero. Me faccio pelato."

A quelle parole, il più piccolo sospirò e gli si avvicinò, abbracciandolo da dietro. "Credo che mi piaceresti pure pelato. Secondo te c'ho qualche problema?"

Sentì un po' della tensione dell'altro scemare via, mentre i loro occhi si incrociavano attraverso lo specchio. "Perché problema? Se tratta de buon gusto."

Simone sbuffò divertito e gli diede un buffetto sul sedere. "Dai, girati. Fammi rimediare al disastro che hai fatto."

Era stupidissimo, il modo in cui il cuore quasi gli scoppiava nel petto ogni volta che erano così vicini da poter sentire l'uno il fiato dell'altro sul viso. Infilò le mani tra i ricci di Manuel e cominciò a dar loro una forma un po' più decente, rimediando al disastro che il più grande aveva combinato.

"Certo che sei proprio bello così, visto da vicino."

"Perché? Da lontano sono brutto?"

"Da lontano sei bruttissimo, la cosa più brutta che abbia mai visto. Secondo te, perché te voglio sempre vicino a me?"

"Perché sei miope?"

Manuel rise. "Anche" disse, spingendo Simone ad abbassare lo sguardo per guardarlo in viso. "Ma soprattutto perché me mancherebbe il fiato, altrimenti."

Aveva su quel sorrisetto stupido, quello che gli faceva venir voglia di baciarlo a oltranza. E lo fece. "Vedi perché sei perfetto per insegnare filosofia? Sei al giusto livello di paraculaggine."

Manuel emise un suono di dissenso contro le sue labbra. "Sai, oggi facciamo i peripatetici in terzo."

"È il modo in cui papà vuole spiegare perché non sarete mai in classe durante filosofia?"

"Forse."

Ed eccola di nuovo: l'agitazione che gli riempiva gli occhi e gli faceva tremare la voce. Simone lo baciò ancora e sorrise. "Andrà tutto bene" sussurrò, afferrando dolcemente il viso dell'altro tra le mani. "Oggi devi solo stare attento a non far innamorare nessun sedicenne."

"Nella vita un sedicenne innamorato m'è bastato e avanzato" scherzò. "Piuttosto, tuo padre m'ha detto che è arrivata una nuova insegnante d'inglese settimana scorsa. Proprio una bella ragazza, dice. Pensi che me devo fida' o devo accertarmene?"

Davanti al suo sorrisetto divertito, Simone potè solo baciarlo. "Pensa che ho sentito dire proprio la stessa cosa di un nuovo dottorando. M'hanno detto, testuali parole: proprio bono, oh."

L'altro si lasciò scappare un suono infastidito. "Simò, non per dire, ma te ricordo che pure io so' perfettamente 'n grado de sfascia' le macchine."

Simone rise. "Giusto per restare in tema di sedicenni, eh?"

Manuel si allungò a dargli un bacio, poi un altro, e un altro ancora, finché non gli suonò il cellulare. "Mannaggia, questa è la sveglia" disse, prendendo il cellulare. Simone gettò uno sguardo sullo schermo prima che il ragazzo la disabilitasse, diceva: basta baci, corri a scuola. "Cazzo, è tardissimo."

Fece un giro su se stesso per controllare i capelli, poi afferrò la borsa che aveva appoggiato a terra. "Sto bene, no?" chiese.

"Benissimo" Simone rispose, aggiustandogli la maglietta sui fianchi. Lo guardò scivolare via dalla stanza e quasi correre verso la porta d'ingresso. 

"Manu!" lo chiamò. "Buon lavoro."

Senza starci troppo a ragionare || #simuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora