Stay over

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Erano ormai passati un paio di mesi da quando era stato dimesso dall'ospedale. Tutto sembrava diverso e uguale allo stesso tempo.

Tranne la piscina che, sotto insistenza di suo padre, era stata pulita e riempita d'acqua. "C'abbiamo una piscina e non la usiamo? È uno spreco" aveva detto, trovando ovviamente un complice in Manuel, che ormai viveva sul bordo di quella piscina.

"Io l'ho sempre detto che tuo padre è 'na persona intelligentissima" gli aveva detto quella sera, mentre faceva il morto a galla. "Quasi quasi me trasferisco qua."

Simone lo stava guardando da quando era entrato in acqua — era ancora più stupidamente bello se fosse possibile. E pensare che aveva ormai accettato il suo innamoramento, quasi fosse la miglior cosa che gli fosse successa — nonostante il non essere ricambiato.

Innamorarsi era bello e Simone aveva deciso di godersi le sensazioni positive e basta.

"Ah, perché non lo hai già fatto?"

"No, no. Quello che ho già fatto è stato comprare la villa da tu' madre."

Simone trattenne a stento un sorriso, mentre lo guardava avvicinarsi al bordo. "Ah, quindi è tutto tuo qua."

"Tutto mio. Pure 'sto costumino brutto che te sei messo."

Simone diede un calcio in acqua, schizzandolo. "Brutto sarai te."

Manuel rise e afferrò la caviglia che gli dondolava davanti. "Brutto, perché non te butti pure te? Guarda che se sta benissimo."

Simone non ebbe nemmeno il tempo di pensarci, ché si ritrovò in acqua, trascinato per le gambe dall'altro. Risalì su quasi subito e riprese quasi tutto il fiato che aveva perso.

"Non avevo ragione? Non se sta benissimo?"

Simone non rispose — gli si avvicinò repentino e gli spinse la testa sott'acqua. "Si sta proprio bene, eh?" ridacchiò, guardando l'altro tornare a galla, consapevole di aver appena dato inizio a una guerra.

Finiva sempre così, da quando l'avevano riempita: loro che lottavano in acqua come due bambini, rischiando di farsi male per davvero.

"Ti arrendi?" Simone domandò, tenendolo fermo contro uno dei bordi della piscina.

Manuel gli rivolse un sorrisetto e gli gettò dell'acqua in faccia. "Tu ti arrendi?"

Il più piccolo sbuffò divertito e si spinse contro di lui. "No, perché tanto vinco sempre io."

"Te dici?"

C'era qualcosa nello sguardo dell'altro, qualcosa che gli fece dubitare per un attimo di essere completamente sobrio. 

Simone lo aveva già visto altre volte prima — era quella cosa che lo aveva spinto a baciarlo al museo.

La stessa che vide riflessa la sera del suo compleanno.

E più provava a non pensarci, più ci pensava.

E Manuel non sembrava intenzionato a lasciarlo scappare.

"Dimostramelo" era stato un sussurro quasi di sfida che, insieme alla presa salda delle mani dell'altro sulla sua felpa, costituiva una trappola in cui Simone era caduto volentieri.

Lo aveva spinto contro il muro e si era gettato sulle sue labbra, sul suo collo, su tutto quello che la sua bocca riusciva a toccare — divorare.

E Manuel non aveva opposto alcuna resistenza, anzi, gli era andato dietro: Simone aveva sentito le sue mani ovunque, quasi ne avesse cento o un milione.

Gli afferravano i capelli, gli tastavano i fianchi, gli sbottonavano i pantaloni per infilarcisi dentro.

Per toccarlo, voraci, proprio come stavano facendo le labbra.

E Simone aveva fatto lo stesso, ignorando i segnali d'allarme che quelle luci rosse gli stavano mandando.

"Dillo" il più grande lo aveva pregato. "Simo, dillo ancora."

E lui lo aveva fatto: ti voglio bene era diventato una litania che si perdeva nella bocca di Manuel, tra i suoi sospiri, nei suoi occhi scuri.

E il suo nome (Simo, Simo, Simo) quasi gli faceva da controcanto, in un duetto che Simone aveva più volte rivisitato.

Anche perché non lo aveva mai più chiamato così, non era più stato Simo, solo Simò.

Scosso dai ricordi, Simone si allontanò di colpo, ma Manuel gli si fu subito più vicino.

"Non me va de anna' a casa" sussurrò. La voce roca e gli occhi liquidi che suggerivano che stavano ricordando la stessa cosa nello stesso istante.

Simone avrebbe potuto soffocare in mezzo alla confusione che aveva in testa, per colpa della tensione che gli rendeva difficile pensare.

"Allora resta qui."

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nda scritta di getto ieri, confesso di non averla riletta. si accettano eventuali lamentele nei commenti (o su twitter @/moonypads_) <3 

Senza starci troppo a ragionare || #simuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora