Capitolo 3

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5 anni prima

«Muoviti, Maddie. Faremo tardi!» urlò mio fratello Charles.
La sua voce irruppe nella mia stanza mentre stavo finendo di prepararmi per il mio primo giorno di scuola.
Onestamente, non so dove avessi trovato la forza di alzarmi quel giorno. Non mi entusiasmava molto l'idea di dover riprendere il periodo dell'anno tra ansia e esami. Ad essere sinceri, la scuola in se non mi dispiaceva. Negli anni avevo imparato ad apprezzare molte delle attività che venivano proposte, come il laboratorio di meccanica del professor Flinch, o la capacità di alcuni professori di essere sempre pronti a spronarci, ma l'ambiente in sé era davvero diventato insopportabile, quasi soffocante. E ciò non era dovuto solo ai numerosi test attitudinali ai quali eravamo sottoposti, ma anche dalle persone che ogni giorno spendevano il mio stesso numero di ore in quel luogo. Avevo sempre trovato difficoltà a farmi degli amici. Quelle poche volte che cero riuscita nel giro di poco tempo terminavano tutte. Abbastanza deprimente, direi. Ma con gli anni avevo imparato a farci l'abitudine.
Ripresa dai miei pensieri, finii di vestirmi e misi un filo di mascara per enfatizzare gli occhi. Pronta, o almeno lo speravo.

«Che fretta hai? Manca ancora mezz'ora all'inizio della scuola e sinceramente non ho voglia di andare lì prima del dovuto» dissi alzando gli occhi al cielo e scendendo dalle scale per dirigermi in cucina.

«Scusami tanto, principessa, se non hai potuto fare il tuo sonno di bellezza ma qui c'è qualcuno che lavora come avvocato e non vuole arrivare tardi» disse mio fratello, vantandosi della sua nuova professione. Charles aveva trovato lavoro come avvocato apprendista presso uno studio legale non tanto distante da Londra, ma per essere lì in tempo per iniziare il suo turno doveva partire abbastanza presto. Non era ancora un avvocato e sinceramente era troppo divertente prenderlo in giro per questo. Perché mio fratello era forse l'unica persona nel mondo che pensava che appena finita l'università avrebbe subito trovato lavoro come avvocato penalista, mandato in prigione un sacco di gente cattiva, e guadagnato così tanti soldi da poterne usare la metà come legna per il camino nel suo attico sfavillante in centro Londra. Di sicuro non si aspettava, a differenza di qualsiasi altra persona che segue questa strada universitaria, di dover fare molta gavetta prima di diventare un avvocato affermato in tutta l'Inghilterra. Inoltre, per lui sarebbe stato meglio trasferirsi a Londra, nell'appartamento vicino ad Hide Park che mamma e papà gli avevano comprato come regalo di laurea. Ci passava molto tempo durante la settimana, ma qualcosa lo spingeva sempre a tornare a casa. Se fossi stata in lui, sarei partita una volta per tutte e non avrei mai più messo piede in quella cittadina. Non ero come nonna, non amavo Stevenage, non vedevo quel posto con i suoi occhi, nonostante ci avessi provato più volte. Dopo il liceo ero pronta a correre come se non ci fosse un domani e andarmene per sempre. Ma bloccai subito quel susseguirsi di pensieri prima di ricapitare nel limbo in cui mi trovavo ogni volta che pensavo al mio futuro, più in particolare alla scelta della facoltà che avrei dovuto frequentare da lì a un anno.

«Ah, davvero? E chi sarebbe?! Perché io qui non vedo nessun vero avvocato» dissi per prenderlo in giro. Presi il un piatto appoggiato sull'isola della cucina con già pronta la frutta che da un paio di mesi era diventata la mia colazione, e una tazza di caffè, gentilmente preparato da Isla, la nostra domestica. Charles prese un asciuga piatti dal tavolo della cucina, appoggiato sulla sedia accanto alla sua, e me lo tirò addosso.

«Alza il culo immediatamente o ti prendo con la forza» disse diventando rosso dalla rabbia e dall'ansia del nuovo lavoro. Era strano vederlo in questi "nuovi panni", sempre preciso e coretto. Non lo era mai stato. Per tutti gli anni della sua adolescenza era stato il tipico ragazzo ribelle, che se non tornava a casa dopo aver bevuto fiumi d'alcool e puzzando come una ciminiera non poteva dirsi "soddisfatto". Poi un giorno cdi dal nulla, tornò a casa quasi come uno zombie, andò nello studio di nostro padre e ebbe una lunga chiacchierata con lui. Da quel momento decise di riprendere immani la sua vita. La scelta di giurisprudenza fece molto felici i miei genitori, nonostante comunque avrebbero sperato che lui seguisse la loro strada. Ma diventare avvocato significava svolgere una professione importante, che non avrebbe danneggiato l'immagine che i miei si erano creati nel corso degli anni.
Mi alzai lentamente dalla sedia e attraversai la cucina verso la porta sul retro, dove mi aspettava mio fratello.

Quello che non ti ho mai dettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora