Capitolo 30

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Fu strano come in quei giorni successivi pensai soltanto a quello sconosciuto incontrato un anno prima. Alla fine nulla riconduceva a quel momento ma un anno prima quell'incontro inaspettato aveva cambiato molto nella mia vita. Era stato grazie alle sue parole se avevo trovato il coraggio di riprendere in mano la mia vita.

Il giorno dopo non andai a scuola. Quello che successe, o meglio quello che sarebbe successo se Isla non fosse stata lì, mi aveva davvero spaventato. Quello che faceva più male non era l'atto in sé ma la realtà. Il ragazzo di cui mi stavo innamorato era un molestatore e un traditore. Perché non me ne ero mai accorta? Perché Charles non se ne era mai accorto? Negli ultimi tempi mio fratello era davvero impegnato tra il lavoro allo studio legale e i continui tira e molla con Natalie, quindi era plausibile che non si fosse accorto del cambiamento del suo migliore amico. E dovevo ammettere che Archie era un attore bravissimo. Io, d'altro canto, ero un'ingenua, ammaliata dalla possibilità che qualcuno fosse davvero interessato a me. Niente è come sembra, oramai lo avevo imparato a mie spese. Soprattutto le persone.
Eve, a cui avevo raccontato soltanto che voleva venire a letto con me che io lo respinsi e non ciò che era successo veramente, venne nel pomeriggio a cercare di tirarmi su il morale ma con scarsi risultati perché c'era solo un pensiero che girava per la mia testa: dovevo dire a Charles la verità? Dirgli perché io e Archie ci eravamo lasciati - a patto che stessimo insieme - e rovinare la loro amicizia?

E pensai ad Arth, a come lui non mi avrebbe mai fatto nulla del genere. A come avrei voluto abbracciarlo e stringerlo forte per dimenticare tutto.

La testa mi scoppiava e i pensieri non mi lasciarono neanche il giorno dopo, ovvero il venerdì, nel cui pomeriggio sarei dovuta partire per Winchester ma non ero dell'umore adeguato. Scrissi così un messaggio sul gruppo che avevo con i ragazzi dicendogli che non sarei venuta alla loro gara e neanche il tempo di posare il cellulare che Arthur mi chiamò.
«Se non vieni per colpa di quel coglione, giuro che... »
«Ha tentato di molestarmi» dissi interrompendolo. Fu la prima cosa che mi venne in mente di dirgli dopo aver sentito la sua voce. Ero sul letto e continuai a fregarmi le dita cercando in tutti i modi di impedire alla mia testa di vivermi di nuovo quei momenti orribili. Continuavano a tormentarmi così tanto che certe notti Isla veniva ad abbracciarmi nel letto e non mi lasciava fin quando non mi addormentavo.
«Cosa?!». Era scioccato e come biasimarlo. Lo odiava si, ma nessuno conosceva questo lato di lui.
«Se non ci fosse stata Isla, lui...». Mi interruppi a causa delle lacrime che cominciarono a scendere. Era doloroso parlarne. Non era successo niente, ma sarebbe potuto succedere qualcosa. Sentii dei rumori dall'altra parte del telefono e mi sentii confusa.
«Arth, che stai facendo?» chiesi asciugandomi le lacrime.
«Sto facendo le valige». Era pazzo? «Non ti lascio sola in un momento così, e se non sei tu a venire qui allora vengo io lì. Un motivo in più potrebbe essere il fatto che potrei spaccare la faccia a quella testa di cazzo, ma tu sei più importante». Mi strappò un sorriso. Sarebbe stato disposto a saltare una gara, la prima gara della stagione, per me? Non avrei mai permesso di farlo.
«Non devi venire qui per me. Sto bene». Stavo bene? Forse no, ma lui non lo doveva sapere. Nessuno doveva. Stavo bene. Stavo bene perché dovevo star bene; dovevo star bene per la mia famiglia, che no avrebbe mai dovuto sapere questa storia; per Charles, che avrebbe dovuto continuare a frequentare il suo amico; per Arthur, che non doveva saltare una gara per me; e per me stessa, perché avevo bisogno di star bene.
«Disse la ragazza che è stata molestata e si è messa a piangere poco fa. Maddie, io... non riesco a concentrarmi su una gara se so che potrei fare qualcosa per aiutarti... Ti prego, vieni qui. Ti servirà anche per staccare un po' la spina». Aveva ragione. Mi serviva allontani da Stevenage anche solo per un weekend. Respirare aria nuova e non tossica.
«Va bene... »
«Perfetto! Ehm.. prendi il treno?»
«Si, ho preso il biglietto l'altro giorno... perché?»
«Ti vengo a prendere alla stazione. A dopo, piccola». Piccola? Da dove usciva questa adesso?
Presi uno zaino dall'armadio e cominciai a prendere alcune cose che mi sarebbero servite per il weekend tra cui vestiti e trucchi. La gara sarebbe stata due giorni dopo e di sicuro saremmo tornati a casa domenica sera. E infine, chiamai mia madre per avvisarla.
«Tesoro, tutto bene?»
«Si, mamma». No, ma doveva andare bene.«Sto andando ora alla stazione per andare a Winchester»
«Ok, tesoro. Io e tuo padre saremmo dovuti venire per lavoro ma dobbiamo andare a Liverpool per una partita. Se hai bisogno di qualunque cosa chiama, ok?»
«Ok... ». Come immaginavo. Una parte di me sperava che sarebbero stati anche loro al circuito per passare del tempo insieme. Per tutta la settimana non avevano fatto altro che partire la mattina presto da casa e tornare tardi a causa del loro lavoro a Londra. Anche se facevo fatica ad accettarlo, ormai era una vita che ci ero abituata.

Quello che non ti ho mai dettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora